giovedì 26 ottobre 2023

Insalata ricca tartufata

Ho preparato questa insalata autunnale con tutti prodotti tipici piemontesi e in particolare del cuneese per la Fiera del Tartufo di Alba, dove è stata presentata.
Il tartufo è un fungo ipogeo, cioè che vive sottoterra, non è coltivabile,
nasce dalle radici delle querce e si cerca e si trova solo grazie ai cani appositamente addestrati.
Il suo caratteristico profumo è composto da 120 molecole volatili.
La stagione della raccolta inizia il 21 settembre e termina il 31 gennaio.
Per gustarlo al meglio va consumato fresco e crudo lamellato con il tagliatartufi. Dal momento della raccolta si può conservare circa una settimana in frigorifero avvolto in carta da cucina e in un contenitore di vetro dotato di coperchio.
Prima del consumo, si pulisce con una spazzolina sotto l’acqua corrente, lo si asciuga e lo si lascia riposare per 15/20 minuti.
È detto anche diamante bianco sia per la sua bontà che per il costo elevato, è il re dei tartufi e il tartufo del re.
Gli altri due ingredienti che ho utilizzato sono sempre legati al territorio del cuneese, terra di eccellenze, e sono la mela rossa di Cuneo IGP e la nocciola del Piemonte IGP (tonda gentile).


La mela rossa di Cuneo IGP si caratterizza per un’intensa colorazione della buccia particolarmente luminosa e brillante. Gustosa e croccante, si presta a innumerevoli ricette.
Ed infine la nocciola Tonda Gentile.


La Varietà di nocciolo coltivata in Piemonte è la Tonda Gentile Trilobata. La cui produzione è concentrata nelle province di Cuneo, Asti e Alessandria, in un areale compreso tra le colline delle Langhe, del Roero e del Monferrato. La denominazione I.G.P. garantisce agli utilizzatori ed ai consumatori la qualità e l'autenticità del prodotto.
La Nocciola Piemonte I.G.P., è particolarmente apprezzata dall'industria dolciaria per i suoi parametri qualitativi quali: forma sferoidale del seme, gusto ed aroma eccellenti dopo tostatura, elevata pelabilità, buona conservabilità.
Per questi motivi la Nocciola Piemonte è universalmente conosciuta come la migliore al mondo.


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Ingredienti per 4 persone:




125 gr di songino (valerianella)

2 mele rosse di Cuneo IGP
50 gr di nocciole Piemonte IGP sgusciate e tostate
70 gr di Fontina
Scaglie di tartufo bianco di Alba
Aceto balsamico q.b.
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale q.b.

Procedimento.

Lavate e sgrondate il songino.

Sgusciate le nocciole, mettetele in un tegame antiaderente e fatele tostare a fuoco vivo, togliete la pellicina.

 


Tagliate a cubetti la fontina.

Mettete tutti gli ingredienti in un’insalatiera o in singoli piatti, condite con olio extravergine d’oliva, aceto balsamico e sale.
Distribuite sopra delle scaglie di tartufo e servite.


Per vedere  il  video della preparazione  cliccate qui

domenica 22 ottobre 2023

Torta di castagne e mandorle

La castagna è un alimento sano e molto nutriente, ha proprietà remineralizzanti e tonificanti non a caso è considerata un alimento ottimale per gli sportivi, perché il potassio contribuisce a ridurre l'affaticamento muscolare.

La castagna fresca ha un contenuto d'acqua del 50% circa (secca del 10%), un contenuto calorico di 200 kcal ogni 100 g (secca 350Kcal/100 g), un buon contenuto di fibra (7-8%), un eccellente apporto di glucidi zuccherini e amilacei (35% circa).
Possiede un discreto contenuto di proteine di qualità, una bassa percentuale di grassi (3 g/1 hg), un'alta percentuale di potassio, altri sali minerali come magnesio, calcio, zolfo e fosforo; infine, possiede vitamine idrosolubili (B1, B2, PP, C).

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Ingredienti per una teglia di 22 cm di diametro

400 g di castagne

100 g di farina di mandorle
140 g di zucchero di canna
110 g di burro
4 uova
1 arancia bio
1 pizzico di sale fino

Ingredienti per la glassa al cioccolato:

200 gr di cioccolato fondente

50 gr di burro a temperatura ambiente
3 cucchiai di latte

Procedimento

Fate lessare le castagne per trentacinque minuti, lasciatele intiepidire poi pelatele e passatele nel passaverdure o frullatele per ottenere una purea.

Nel frattempo, tagliate il burro a pezzi e fatelo ammorbidire a temperatura ambiente, poi schiacciatelo con i rebbi di una forchetta per renderlo morbido come una crema.
Lavate bene l’arancia e grattugiate la buccia facendo attenzione a non grattugiare la parte bianca (albedo) che renderebbe la torta amara.
Dividete i tuorli dagli albumi e mettete questi ultimi in una ciotola, iniziate a montarli e quando saranno spumosi unite 40 g di zucchero e continuate a montandoli a neve.
In una ciotola capiente mettete il rimanente zucchero, un pizzico di sale fino e i tuorli. Montateli con le fruste elettriche e quando avranno raggiunto una consistenza spumosa, aggiungete la scorza grattugiata, la farina di mandorle, il burro a crema, la purea di castagne e amalgamate bene il tutto; a questo punto, incorporate gli albumi delicatamente e mescolando dal basso verso l’alto.
Imburrate una tortiera a cerniera di 22 cm, versate il composto e infornate in forno preriscaldato a 180°C per circa trenta minuti.
Per verificare se la cottura, infilate uno stecchino nella torta: se quando lo estraete, è pulito (cioè senza l’impasto attaccato) vuol dire che è cotta.
Sfornate e lasciate raffreddare.
Quando si sarà raffreddata, preparate la glassa a bagnomaria.
Prendete due pentolini, uno piccolo e uno più grande che lo possa contenere. Nel più grande mettete dell’acqua e inserite il più piccolo, in cui avrete messo il cioccolato spezzettato, il burro e il latte. Scaldate l’acqua, a fuoco bassissimo (non deve bollire), mescolando bene gli ingredienti inseriti nel pentolino più piccolo, per farli sciogliere. Spegnete il gas, lasciate intiepidire e versate la glassa sul dolce, distribuite subito con una spatola e lasciate raffreddare a temperatura ambiente. 
Al momento di servirla spolverizzate sopra della granella di mandorle.
Se non doveste trovare la farina di mandorle o la granella, basta semplicemente utilizzare le mandorle e tritandole in un frullatore con un cucchiaio di zucchero fino a renderle una farina.

 

 

venerdì 20 ottobre 2023

Focaccia di Recco

La focaccia di Recco è una ricetta tipica della tradizione culinaria ligure semplicissima, sia per la preparazione sia per gli ingredienti.  La sua caratterista è quella di essere composta da due sfoglie sottilissime d’impasto non lievitato che racchiudono un delizioso e filante ripieno di Prescinsêua, una sorta di stracchino tipico della Liguria e del genovese in particolare.

Si ottiene così una focaccia molto croccante con un ripieno morbidissimo, quasi liquido.

Il contrasto che ne deriva è ciò che la rende inimitabile.

 

La storia

La ricerca storica che accompagna la documentazione storica per la richiesta di tutela europea narra che già ai tempi dei romani questo prodotto esisteva, Catone lo cita nel “De re rustica” come “scripilita cum caseo sine mille”; grazie alla storica Simonetta Duodo Valenziano si colloca il prodotto in Liguria all’epoca della terza crociata.

“Era la Pentecoste di rose dell’anno 1189… la cappella dell’Abbazia di San Fruttuoso accoglieva i crociati liguri per un solenne Te Deum prima della partenza della flotta per la Terra Santa… Sulle bianche tovaglie di lino ricamate facevano bella vista i piatti di peltro e di rame, zuppiere di ceramica e di coccio colme di ogni bendiio: pagnotte di farro ed orzo impastate con miele, fichi secchi e zibibbo, carpione di pesce, agliata, olive e una focaccia di semola ripiena di giuncata appena rappresa (la focaccia col formaggio)…”.

In seguito, la leggenda narra che la popolazione recchese si rifugiava nell’immediato entroterra per sfuggire alle incursioni dei saraceni e grazie alla possibilità di disporre di olio, formaggetta e farina, cuocendo la pasta ripiena di formaggio su una pietra d’ardesia coperta, venne “inventato” quel prodotto gastronomico che oggi conosciamo come “Focaccia di Recco col Formaggio”.

Sul finire del 1800, quando Recco contava circa 3.000 abitanti, ritroviamo la “Focaccia di Recco col Formaggio” nei cinque forni cittadini che campavano alla meglio vendendo esclusivamente le focacce liguri, uno di essi esiste ancor oggi (forno Moltedo). Alla fine, dell’800 aprono a Recco le prime trattorie con cucina, ed a quei tempi la “Focaccia col Formaggio” veniva proposta unicamente nel periodo di celebrazione dei morti.
Grazie all’intraprendenza di “rechelini doc” di allora, professionisti panificatori e ristoratori di oggi, “Manuelina, Vittorio, Vitturin, le famiglie Moltedo e Tossini fra i più conosciuti, la focaccia col formaggio vide il suo sviluppo commerciale e d’immagine. Con le loro abilità attirarono nelle osterie e nei forni recchesi il bel mondo d'inizio secolo diffondendo questo prodotto “principe” della gastronomia cittadina, (di quei tempi si ricorda che persino Guglielmo Marconi e l’Infanta di Spagna degustarono la focaccia col formaggio andando appositamente a Recco).
Le compagnie teatrali divennero clienti fissi perché dopo lo spettacolo in teatro, da Genova si trasferivano a Recco richiamati dal profumo ... e dall’ospitalità infinita di quegli “osti” recchesi che fin da allora fecero della loro arte naturale “del far da mangiare” una professione cresciuta poi nel tempo precorrendo i tempi e tenendo aperto fino a tarda notte i loro locali, tutto grazie a lei, la focaccia col formaggio che solo qui si trovava.
Durante l’ultimo conflitto mondiale Recco venne più volte rasa al suolo dai bombardamenti vedendo così annullate tutte le sue capacità di attrattiva turistica conservate nel tempo da altre vicine località balneari della riviera. Ciò nonostante, gli abitanti recchesi hanno dato estro alle proprie fantasie del “saper fare” creando da una tradizione quasi “leggendaria” un vero e proprio filone d’imprenditoria che ancora oggi risulta trainante.2000
Negli anni ‘50 arrivano i primi turisti e si inizia a comprendere che il futuro di Recco sarebbe stato basato su di loro, con particolare attenzione a quello che oggi viene ormai chiamato “Turismo di gola”. 2000
Nel 1955 nasce la prima festa della Focaccia di Recco col Formaggio promossa dai ristoratori e dai fornai dell’intera città. Nel frattempo, viene costruita, raggiungendo la Riviera di Levante, l’autostrada Genova-Livorno, e Recco, grazie all’apertura del casello autostradale, vede un incremento notevolissimo dell’afflusso turistico.
Sono gli anni in cui il boom economico accompagna il successo sempre crescente della gastronomia e della ristorazione recchese che attirava, come ancor oggi attira, personaggi del mondo dello spettacolo, politico e giornalistico, sempre in quegli anni, con i successi sportivi della famosa Pro Recco Pallanuoto, decretando alla propria città l’indiscusso titolo di “Capitale Gastronomica della Liguria”.

Fonte: Focaccia di Recco

 


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Ingredienti per 4 persone:

400 gr di farina 00

250 ml di acqua
500 gr di Prescinsêua o di stracchino
45 ml di olio extravergine d’oliva
10 gr di sale fino

Procedimento

Sciogliete il sale nell’acqua.

Setacciate la farina in una ciotola e versate lentamente l’acqua iniziando ad impastare.
Unite, poco alla volta, l’olio e continuate ad impastare fino inglobarlo tutto, quando si staccherà dalla ciotola, versatelo su di un piano di lavoro e lavoratelo fino ad ottenere un impasto morbido ed omogeneo.


Formate una palla e rimettetela nella ciotola, coprite con della pellicola e mettete in frigorifero per due o tre ore. Questo riposo farà sì che l’impasto sarà poi più malleabile per la stesura.


Trascorso il tempo riprendete la pasta e dividetela in due parti uguali.

Stendete due sfoglie molto sottili, io per facilitarmi il compito lo faccio su della carta da forno infarinata.

Stendete la prima sfoglia su tutta la superficie di una teglia ben oliata facendola sbordare leggermente, comprimete leggermente per eliminare l’aria,

Distribuire sopra la prescinsêua o lo stracchino a pezzettoni (io ho utilizzato quest’ultimo in quanto la prescinsêua è introvabile fuori Genova).

Prendete l’altra sfoglia e adagiatela sopra il formaggio.

Comprimete leggermente in modo da uniformare il tutto.


Eliminate la pasta in eccesso aiutandovi con un coltello affilato e dalla lama liscia.
 Chiudete bene il bordo e arrotolatelo leggermente.

Praticate dei piccoli fori con i rebbi di una forchetta e allargarli con le dita in modo da far fuoriuscire un pochino del formaggio, irrorate con un filo d’olio,

Infornate a 200° in forno statico per circa dieci/quindici minuti.
Estraetela dal forno e lasciatela riposare per circa dieci minuti prima di servirla posizionata su di un tagliere di legno.

 

 

 

 

 

mercoledì 18 ottobre 2023

Frullato di caki e mela

Originario dell’Asia orientale, il caki è una delle più antiche piante da frutta coltivate dall’uomo, non cresce mai al di sotto dei 20° di latitudine nord perché mal sopporta i climi caldo-umidi. Detto anche “mela d’Oriente”, fu definito dai cinesi, l’albero delle sette virtù; vive a lungo, non è attaccato dai parassiti, le sue foglie fanno una grande ombra, gli uccelli possono nidificare tra i suoi rami, le sue splendide foglie gialle rosse in autunno sono decorative fino ai primi geli, le foglie, essendo ricche di sostanze concimanti, aiutano il terreno a nutrirsi, ed infine, il suo legno da un bel fuoco.
In America e in Europa si diffuse intorno alla metà dell’Ottocento. In Italia giunse solo nel 1916 e iniziarono a coltivarlo nel salernitano. La coltivazione si estese poi in Emilia-Romagna. Oggi è diffuso in tutta Italia.
Questo delizioso frutto è composto da circa il 79% d’acqua, il 18% di zuccheri, proteine, grassi, vitamina C. È ricco di potassio e beta-carotene. È sconsigliato a chi soffre di diabete o ha problemi d’obesità. Ha notevoli proprietà lassative e diuretiche.
In dialetto napoletano è chiamato “legnasanta” perché, una volta aperto il frutto, si ritiene di poter “vedere” al suo interno l’immagine caratteristica del Cristo in croce.
Il nome corretto del frutto del caki, non è caco, come ormai è d’uso chiamarlo, ma caki come la pianta.

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Ingredienti per 2 persone.

1 caki mela
1 mela bio
125 g yogurt bianco intero
1cucchiaino di succo di limone
1 cucchiaino di zucchero di canna
Un pizzico di cannella
Un pezzettino piccolo di zenzero (spelato)

Procedimento


Spelate il caki (ma se è bio mantenete la buccia) sbucciate la mela, eliminate i semi e tagliatela a pezzetti e mettete tutto nel frullatore.
Aggiungete il succo di limone,  lo zenzero, il pizzico di cannella , lo yogurt e un cucchiaino di zucchero (potete aumentare la dose se lo preferite più dolce) e frullate tutto  fino ad ottenere un composto omogeneo. Versate nei bicchieri e servite.


 

mercoledì 11 ottobre 2023

Omelette con Taleggio e funghi

L’omelette si differenzia dalla frittata per la forma ovale e per la preparazione. Si prepara con l’aggiunta di un po’ di latte e, volendo, di farina. Prevede sempre un ripieno che viene posto nel centro o distribuito sopra l’omelette appena questa prende colore sul lato a contatto della padella ed è ancora morbida sulla parte superiore. Quindi la si piega e si completa la cottura a fiamma molto bassa.

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Ingredienti per 4 persone:

6 uova
200 gr di champignon
200 gr di Taleggio
4 cucchiai di latte
1 spicchio d’aglio
Qualche rametto di prezzemolo
Qualche rametto di maggiorana
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale e pepe q.b.

Procedimento

 Private il Taleggio della crosta e riducetelo a pezzetti.
Lavate  e sgrondate il prezzemolo e la maggiorana  poi tritateli.
Private i funghi della parte terrosa, lavateli velocemente sotto l’acqua corrente, asciugateli con la carta da cucina e tagliateli a spicchi.
Scaldate tre cucchiai d’olio in una padella antiaderente poi unite lo spicchio d’aglio intero e i funghi, fateli rosolare  per qualche minuto, salate e pepate.
Continuate la cottura per dieci minuti poi unite il trito di prezzemolo e maggiorana e fate cuocere ancora per cinque minuti, spegnete il fuoco ed eliminato lo spicchio d'aglio.
Rompete le uova in una ciotola, aggiungete il latte, salate e sbattete velocemente il composto.
Togliete i funghi dalla padella, scaldatela e versate le uova sbattute.
Cuocete l’omelette con il coperchio finché i bordi cominceranno a rassodare.
Distribuite sopra i funghi e il taleggio, piegate l’omelette e proseguite la cottura finché il formaggio sarà tutto sciolto.
Servite subito.
Potete anche fare singole omelette anziché una unica come in questo caso.

sabato 7 ottobre 2023

Rondelle di frittata e tacchino

Un piatto semplice e versatile da consumare in tutte le stagioni sia come secondo piatto, sia come antipasto o finger food per un aperitivo.
Numerose sono le varianti che potete preparare, per esempio, alle uova potete aggiungere delle zucchine tritate o degli spinacini se volete che la vostra frittata abbia un bel colore verde, delle carote, se la volete arancione, della conserva (come in questo caso) se la volete rossa.
Per il ripieno potete sostituire il tacchino che ho usato, con qualunque altro tipo di affettato o di verdura se la volete vegetariana, ad esempio utilizzando dei peperoni grigliati.
Potete anche farla cuocere in forno anziché in padella. In questo caso mettete la carta da forno leggermente oliata nella pirofila e fate cuocere in forno preriscaldato a 180°C per 15 minuti.

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Ingredienti per 12 rondelle alte circa 2 cm

3 uova di gallina

120 gr di formaggio cremoso spalmabile
100 gr di petto di tacchino affettato sottile
3 cucchiai di Parmigiano Reggiano grattugiato
1 cucchiaio di conserva
3 rametti di timo
Mezzo cucchiaio di erbette di Provenza (timo, maggiorana, basilico ecc.)
1 cucchiaio d’olio extravergine d’oliva
1 pizzico di sale fino

Procedimento

In una ciotola rompete le uova, unite gli aghetti del timo, la conserva, il Parmigiano, un pizzico di sale e sbattetele amalgamando bene tutto.



Scaldate l’olio in una padella antiaderente di 26 cm di diametro e versateci il composto di uova.
Fate cuocere da un lato poi girate la frittata e continuate la cottura dall’altro lato per due minuti.
Su di un ampio tagliere mettete un foglio di carta da forno e depositateci delicatamente la frittata per evitare di romperla.


Aiutandovi con la carta da forno arrotolatela e lasciatela così a raffreddare.


Nel frattempo, con l’aiuto di una forchetta, lavorate il formaggio per renderlo più cremoso e quindi facilmente spalmabile.
Quando la frittata si sarà raffreddata srotolatela e spalmatela in modo uniforme con la crema di formaggio, spolverizzate con le erbette di Provenza e sovrapponete le fette di tacchino in modo da ricoprire tutta la crema di formaggio.



Formate un rotolo e chiudetelo nella carta da forno. Mettetelo in frigorifero per almeno due ore.





Al momento di servire tagliatelo a rondelle di circa due cm di altezza.
Accompagnate con dei pomodorini o un’insalata mista.

mercoledì 27 settembre 2023

Cavoletti castagne e pancetta

Fin dai tempi più remoti erano note le proprietà curative dei vari tipi di cavolo che erano utilizzati, soprattutto nella cura di ulcere, ferite e affezioni respiratorie. I recenti studi hanno confermato le proprietà terapeutiche di questi ortaggi e ne hanno scoperte delle altre, come la funzione protettiva a livello arterioso e di prevenzione in alcune forme tumorali. I cavoli sono ricchi di sali minerali quali ferro, potassio, calcio, fosforo e di vitamina A, B2, C. di carotenoidi, di acido folico e di folati, indispensabili per prevenire la spina bifida in gravidanza. I cavoletti di Bruxelles (var. gemmifera Zenker), ovviamente, appartengono alla stessa famiglia e si raccolgono tra l’autunno e l’inverno. Si coltivano come i broccoli e si raccolgono i germogli inseriti lateralmente sullo stelo, chiusi e compatti, simili a piccoli cavoli cappucci. La raccolta dei più grossi stimola la pianta ad accrescersi e a produrne di nuovi.

Fonte: Coltiviamo la salute di Ciro Vestita ed. Giunti

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Ingredienti per 4 persone:

400 gr di cavoletti di Bruxelles

250 gr di castagne
100 gr di pancetta in una sola fetta non troppo sottile
3 cucchiai di aceto di mele
1 cucchiaino di zucchero
1 foglia di alloro
Sale e pepe q.b.
Olio extravergine d’oliva q.b.

Procedimento

Mettete le castagne e la foglia di alloro in un tegame, ricoprite con abbondante acqua e fate cuocere per trentacinque minuti. Scolate, lasciate intiepidire e sbucciatele (quest’operazione potete farla anche il giorno prima e tenete poi le castagne in frigorifero coperte da pellicola).

Nel frattempo, preparate gli altri ingredienti.
Togliete le foglie più brutte dei cavoletti e lavateli in abbondante acqua, scolateli e, se ce ne fossero di troppo grandi, divideteli a metà.
Lessateli in acqua salata per dieci minuti dal bollore, scolateli e lasciateli raffreddare.
Tagliate la pancetta a strisce.
In un’ampia padella scaldate due cucchiai d’olio, unite la pancetta e fatela dorare a fuoco medio per un paio di minuti, toglietela dalla padella e tenetela da parte.
Unite i cavoletti, le castagne e fate dorare e insaporire il tutto nel fondo di cottura della pancetta per un minuto.
Salate, pepate, aggiungete l’aceto, il cucchiaino di zucchero e qualche cucchiaio d’acqua. Abbassate il gas al minimo e continuate la cottura per cinque minuti, girando spesso.
A cottura ultimata unite la pancetta tenuta da parte, amalgamate bene tutto e servite.

 



martedì 26 settembre 2023

L'albero del pane

“…..nelle montagne dove si raccoglie poco grano, si seccano le castagne su grate al fumo e poi si mondano e se ne fa farina che valentemente supplisce per farne pane.”

L’erbario novo” di Castore Durante (XVI° sec.)

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Nelle dolci colline troviamo tutto il fascino dei castagneti, e in autunno, un tripudio di colori dalle calde tonalità rosso-aranciate che in inverno lasciano il posto allo splendore del bianco. I rami degli alberi si spogliano e rendono il paesaggio fatato, simile a un quadro di Dalì, permeato da un indefinibile mistero. Non sono solo belli da vedere questi castagneti, ma hanno sfamato intere generazioni e, nel corso degli anni, si è creata una vera e propria civiltà che ha prodotto tradizioni, sviluppato usi, tecniche agrarie e lavori fortemente legati a quest’albero.

Il castagno o “albero del pane” come fu definito da Senofonte nel IV secolo a.C. è originario dell’Asia Minore e della Grecia: si diffuse in Italia grazie agli Etruschi e cresce spontaneamente nella fascia climatica del Mediterraneo, dalla Turchia ai Balcani, alla penisola Iberica, sulle coste del Magreb, dall’Italia alla Francia. Furono gli ellenici i primi a sviluppare la coltivazione e a selezionare le varietà di castagne pur considerandole inizialmente come una sorta di ghianda. Utilizzavano questo nutriente frutto per preparate le pietanze più disparate, come il pane nero di Sparta, sfarinate, minestre. Greci, Ebrei e Fenici con i loro commerci le diffusero in tutto il bacino Mediterraneo.
Plinio racconta come i romani preparavano con la farina di castagne un pane particolare con cui si cibavano le donne durante le feste in onore di Cerere, periodo in cui era vietato per loro il consumo di cereali.
Apicio ci suggerisce invece di cucinarle nel tegame con aceto, miele, spezie ed erbe aromatiche, ma presso i latini erano prevalentemente cucinate sulla fiamma diretta, nel latte, o sotto la cenere.
Durante il Medioevo furono gli ordini monastici a sviluppare la coltivazione rimboscando aree pedemontane e perfezionando la conservazione delle castagne. Nacque così il mestiere di “castagnatores” svolto da contadini specializzati nella raccolta e nella lavorazione. Le castagne divennero così l’alimento principale per gli abitanti delle montagne e per questo motivo erano considerate un cibo plebeo, ma nel dodicesimo secolo s’iniziò a selezionare le qualità eccellenti, più grosse e preziose da destinare a un consumo elitario, i cosiddetti “marroni”.
Nel 1700 il marrone glassato (marrons glaces) raggiunse un grande successo presso i ceti più abbienti, talmente grande da giungere intatto fino a noi.
Dimenticati i giorni bui delle carestie e della fame, oggi, per fortuna, la castagna non ha più la funzione sostitutiva del pane ma ha assunto un ruolo voluttuario.
Questo frutto gustoso ben si presta a innumerevoli preparazioni, più o meno elaborate, ma è comunque il compagno ideale di un buon bicchiere di vino rosso da consumare nelle uggiose serate d’autunno e in quelle gelide d’inverno, magari seduti davanti all’allegro fiammeggiare di un camino in compagnia di amici con cui parlare dei tempi andati…

Autore: Maria Antonietta Grassi


Ed eccovi alcune ricette presenti nel blog, cliccate sul nome per leggere la ricetta:

Castagne al lardo

Fettuccine di castagne con porri salsiccia e provolone

Spaghetti di farro con castagne e pancetta

Zuppa di farro e castagne

Involtini di verza salsiccia e castagne

Castagnaccio toscano

Charlotte di marroni e mascarpone

Cheesecake alla confettura di castagne

Torta morbida di castagne e cioccolato 


sabato 23 settembre 2023

Insalata di gamberi e avocado

L’avocado è l’unico alimento che possiamo classificare come frutta, come grasso e come vegetale, nessun altro cibo accomuna queste caratteristiche e si utilizza spesso in cucina per molte ricette, soprattutto nei paesi in cui nasce.

É molto calorico infatti 100 gr di prodotto edibile (senza buccia) forniscono circa 230 calorie.
Originario dell’America Centrale, l’avocado o “aguate”, come era in origine il suo nome spagnolo, faceva parte dell’alimentazione  degli indigeni Atzechi e Maya.
La principale caratteristica nutrizionale di questo frutto consiste nella sua ricchezza di grassi, specialmente insaturi, come l’acido grasso linoleico ed  Omega-3, grassi “buoni” poiché stimolano la produzione di colesterolo buono (HDL) che aiuta a contrastare quello cattivo (LDL).
Grazie a questa proprietà, il consumo dell’avocado aiuta a diminuire il colesterolo nel sangue e quindi è di ausilio per prevenire l’arteriosclerosi e i disturbi circolatori.
É ricco anche di fitonutrienti, di glutatione e luteina, che sono  elementi antiossidanti e di vitamina A e vitamina E ed è altresì ottimo per i diabetici perché possiede la capacità di rallentare l’assorbimento del glucosio a livello intestinale.
Molte sono le ricette che prevedono l’utilizzo di quest’alimento, specialmente quelle messicane.
Quando acquistate l’avocado controllate che la buccia sia di un bel verde scuro, senza ammaccature e, premendo leggermente, deve essere un po’ morbido. Se è troppo duro, non è ancora maturo.


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Ingredienti per 4 persone

2 avocado

400 g di gamberi
200 g di pomodorini
Succo di limone q.b.
Qualche rametto di prezzemolo
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale fino q.b.
Pepe bianco (facoltativo) q.b.

Procedimento

Sciacquate i gamberi e fateli lessare in acqua acidulata con un po' di limone per due minuti a partire dal bollore.  Scolateli, eliminate il carapace e, aiutandovi con uno stecchino, togliete anche il filetto nero sul dorso.

Lavate, sgrondate e tritate il prezzemolo.
Lavate i pomodorini e tagliateli a spicchi.
Preparate un’emulsione (vinaigrette) amalgamando cinque cucchiai d’olio, sale, pepe e un cucchiaio di succo di limone
Lavate gli avocado, asciugateli poi tagliateli a fette e bagnatele con un po’ di succo di limone per evitare che anneriscano.
Mettete tutti gli ingredienti in una ciotola o in piatti individuali, condite con l’emulsione, spolverizzate con il prezzemolo e servite.