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venerdì 16 maggio 2025

Stufato di fave

Le fave sono coltivate e consumate sin dall'antichità, si ritiene che la loro origine risalga all'Asia Minore e che siano state introdotte in Europa dai Greci e dai Romani. Lo stufato di fave non rappresenta solo un piatto gustoso, ma costituisce anche una parte rilevante della cultura culinaria italiana. È un simbolo delle tradizioni contadine e della cucina povera, che trasformava ingredienti semplici e disponibili in pietanze saporite e nutrienti. Oggi, questa antica ricetta viene ancora preparata e apprezzata in molte famiglie italiane, soprattutto durante la primavera, quando le fave fresche sono di stagione.
Rinomato per il suo sapore intenso e la sua semplicità, questo piatto rustico è apprezzato in numerose regioni d'Italia, in particolare nel Sud, dove le fave costituiscono un ingrediente di grande valore. La preparazione dello stufato varia leggermente da una regione all'altra, tuttavia gli ingredienti principali rimangono sempre semplici e genuini.
Ogni regione d'Italia presenta la sua versione di questa ricetta; ad esempio, in Puglia, lo stufato di fave viene spesso arricchito con cicoria selvatica, mentre in Sicilia è comune aggiungere pomodori e patate. Alcune varianti includono anche l'utilizzo di pancetta o salsiccia per conferire al piatto un sapore più ricco e deciso.
Le fave costituiscono un alimento altamente nutriente, ricco di proteine, fibre, vitamine e minerali. Sono una fonte eccellente di ferro, magnesio e potassio, e contengono anche vitamine del gruppo B, come la tiamina e l'acido folico. Inoltre, presentano un basso contenuto di grassi, rappresentando una scelta salutare per coloro che desiderano seguire una dieta equilibrata.



LE IMMAGINI E I TESTI PUBBLICATI IN QUESTO SITO SONO DI PROPRIETA’ DELL’AUTORE E SONO PROTETTI DALLA LEGGE SUL DIRITTO D’AUTORE N. 633/1941 E SUCCESSIVE MODIFICHE. COPYRIGHT © 2010-2050. TUTTI I DIRITTI RISERVATI A IL POMODORO ROSSO DI MARIA ANTONIETTA GRASSI. VIETATA LA RIPRODUZIONE, ANCHE PARZIALE, DI TESTI O FOTO, SENZA AUTORIZZAZIONE.

Ingredienti per 4 persone:
 
500 grammi di fave fresche o secche (se si utilizzano fave secche, è necessario metterle in ammollo per almeno 12 ore)
1 cipolla media
1 carota
2 gambi di sedano
1 cucchiaio di conserva
1 litro di brodo vegetale salato
1 spicchio d'aglio
4 cucchiai di olio extravergine di oliva
Sale e pepe q.b.
Erbe aromatiche (alloro, rosmarino, timo) q.b.
Pecorino grattugiato (opzionale)
 
Procedimento
 
Aprite i baccelli delle fave, estraete i semi, eliminate i cappelletti e lavate con cura.
In una pentola capiente, scaldate l'olio extravergine di oliva e aggiungete la cipolla tritata, la carota e il sedano tagliati a cubetti, lo spicchio d'aglio intero. Fate soffriggere a fuoco medio fino a quando le verdure saranno morbide e la cipolla trasparente.
Aggiungete le fave, il cucchiaio di conserva, le erbe aromatiche a piacere e ricoprite con il brodo vegetale caldo, mescolate.
Portate il tutto a ebollizione, quindi abbassate il fuoco e lasciare cuocere a fuoco lento fino a quando le fave saranno tenere (circa 25/30 minuti) e lo stufato avrà raggiunto la consistenza desiderata.
Regolate di sale e pepe a piacere.
Servire lo stufato caldo, eventualmente cosparso di pecorino grattugiato.
 

venerdì 18 aprile 2025

Torta Pasqualina

É una torta salata, nata in Liguria, ma la bontà racchiusa tra le sottili sfoglie di pasta della torta pasqualina ha conquistato tutti, rendendola una ricetta tipica della tavola pasquale in tutta Italia.
Ha origini antichissime, la prima comparsa ufficiale risale al XVI secolo, quando viene citata dal letterato Ortensio Lando nel "Catalogo degli inventori delle cose che si mangiano et si bevano".
Nel tempo la ricetta è stata tramandata in innumerevoli varianti. La ricetta originale nasce con le bietole e la prescinsêua, un tipico formaggio ligure. Oggi c'è chi porta avanti la tradizione e chi prepara la torta pasqualina in una versione più semplice utilizzando la pasta sfoglia.


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Ingredienti per 4 persone:

500 g di farina 00

2 cucchiai d’olio d’oliva extravergine
250 ml di acqua tiepida
5 g di sale fino

Per il ripieno:

500 g di bietoline (costine)

Mezza cipolla bianca
400 g di ricotta
70 g di burro
6 uova
150 g di Parmigiano grattugiato
1 ciuffo di prezzemolo
1 cucchiaino di maggiorana
Sale e pepe q.b. 

Procedimento

Setacciate la farina sul piano di lavoro e versate nel centro l’olio, l’acqua e il sale.

Lavorate l’impasto fino a renderlo morbido e omogeneo (ci vorranno circa 15 minuti), copritelo con la pellicola e lasciatelo riposare.


Mondate le bietoline, lavatele e fatele bollire per pochi minuti in acqua salata.
Scolatele, strizzatele e tagliatele a listarelle.
Pelate, lavate e tritate la cipolla.
Lavate e tritate il prezzemolo e la maggiorana.
In una padella sciogliete 40 g di burro, unite la cipolla, le erbette, il prezzemolo e la maggiorana.
Dopo cinque minuti spegnete il gas.
Unite la ricotta, 50 g di Parmigiano, due uova, un pizzico di sale e pepe e amalgamate bene il tutto.
Aggiungete al composto le bietoline fredde.
Riprendete la pasta e dividetela in otto pezzi, quattro più grandi e 4 più piccoli e teneteli sempre coperti con della pellicola fino all’utilizzo.
Prendete i quattro più grandi e tirateli, uno alla volta, il più possibilmente sottili.


Imburrate una tortiera a cerniera di circa 26/28 cm di diametro, stendete le sfoglie, spennellando olio d’oliva tra l’una e l’altra,in modo che ogni sfoglia esca per almeno 1 cm dalla tortiera,
 dopo averla fatta aderire sul fondo e sui bordi.



Accendete il forno a180°C e in modalità statico.
Versate al centro il ripieno preparato e, con un cucchiaio, formate quattro incavi in cui romperete un uovo, salatele, mettete un cucchiaio di burro fuso  e uno di Parmigiano grattugiato su ognuna.
Riprendete gli altri quattro pezzi di pasta rimasti e tirateli in altrettante sfoglie sottili da riporre sopra il ripieno.
Anche in questo caso, spennellate ogni sfoglia con dell’olio d’oliva, prima di appoggiarne sopra un’altra.
Chiudete bene i bordi della pasta, spennellate con dell’olio anche quest’ultima sfoglia e punzecchiatela con i rebbi di una forchetta.
Infornate (forno già a temperatura) per circa 45 minuti o fino a quando la superficie non sarà ben dorata. Servitela calda o tiepida.

Consigli: Potete sostituire la pasta fatta in casa con due rotoli di pasta sfoglia o una confezione di pasta fillo. 

mercoledì 16 aprile 2025

Brazadel- Corona pasquale trentina

Il Brazadel è un dolce pasquale, tipico del Trentino; è una ciambella morbida composta da ingredienti semplici e richiede diverse ore di lievitazione per ottenere una consistenza morbida.
Probabilmente il suo nome deriva dal latino brachium, cioè braccio. La connessione con la parola braccio potrebbe significare che preparato l’impasto lo si faccia poi abbracciare per creare una ciambella.
Altre fonti riferiscono che la forma a ciambella fosse funzionale ad infilare il dolce direttamente nel braccio.
Le donne che preparavano il brazadel ne infilavano diversi nel braccio per poi portarli di casa in casa e lo stesso gesto di metterli nel braccio dei bambini era considerato ben augurante.
L’usanza potrebbe derivare dall’abitudine dei monaci di portare il dolce al braccio nel giorno di Pasqua, per consumarlo a bocconi durante tutto l’arco della giornata.
In Italia esistono molte varianti di questo dolce, in Romagna, ad esempio, si presenta come un grande pane, senza buchi, e ritroviamo ciambelle pasquali lungo tutta la costa adriatica, fino in Puglia.


 
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Ingredienti per una forma  con un diametro di 26/28 cm
 
500 gr di farina 00
180 ml di latte
75 gr di zucchero semolato
2 tuorli
1 uovo intero
100 gr di burro ammorbidito
½ buccia di un limone bio
½ buccia di un’arancia bio
2 cucchiai di rum
Granella di zucchero q.b.
1 cubetto di lievito di birra fresco
1 pizzico di sale fino
 
Procedimento
 
Sbriciolate il lievito in 75 g di latte e amalgamate con 100 g di farina in modo da preparare il lievitino. Copritelo con un telo e lasciatelo lievitare per un’ora.
Trascorso il tempo, versate il resto della farina in una ciotola, unite lo zucchero, versate al centro il latte rimasto, un tuorlo, l’uovo intero, la scorza grattugiata della mezza arancia e del mezzo limone, un pizzico di sale e i due cucchiai di rum.
Incominciate ad impastare e, appena gli ingredienti si sono amalgamati, incorporate il lievitino e impastate per inglobare bene.
Unite il burro ammorbidito e lavorate l’impasto finché non sarà elastico ed omogeneo.
Mettetelo in una ciotola, copritelo con un telo e lasciatelo lievitare, lontano da correnti d’aria, per un’ora e mezza poi rovesciatelo sulla spianatoia infarinata, dividetelo in sei palline e appiattitele leggermente.
Imburrate e infarinate una pirofila per ciambella, appoggiate le sei porzioni ottenute una a fianco dell’altra, leggermente sovrapposte, a creare una corona, sbattete il tuorlo rimasto con due cucchiai di latte e con metà dell’emulsione ottenuta, spennellate e lasciate lievitare ancora quaranta minuti.
Accendete il forno (statico) a 180°C e portatelo a temperatura.
Spennellate nuovamente la corona con il composto rimasto e cospargetela con la granella di zucchero.
Infornate collocando la placca nella parte bassa del forno e lasciate cuocere per trenta minuti circa e, se dovesse colorirsi troppo, coprite con un foglio di alluminio per consentire il completamento della cottura senza bruciare la parte superiore.
Una volta raffreddata, servitela accompagnata da ovetti di cioccolato inseriti nel foro centrale.
 
 
 
 
 

mercoledì 2 aprile 2025

Pansotti liguri con salsa alle noci

I pansotti (pansòti in ligure,dal ligure pansa, in italiano"pancia") sono una pasta ripiena tipica della cucina ligure, simile ai cappelletti, da cui differiscono essenzialmente per la forma e grandezza. I pansoti conditi con salsa di noci sono uno dei piatti caratteristici della tradizione genovese.
Dato che non contengono carne, sono un piatto a base di magro, adatto al periodo penitenziale della Quaresima. Sono spesso chiamati anche "pansòtti", in quanto in alcune province liguri è comune una enfatizzazione delle ultime sillabe.
Nelle ricette più aderenti alla tradizione il ripieno comprende il cosiddetto preboggion: una miscela di erbe spontanee delle coste liguri, un tempo non semplice da trovare in vendita e reperite in crescita spontanea sulle colline (o bricchi). In alternativa si può utilizzare la bietola, o la bietola da taglio chiamata "erbette", oppure gli spinaci o la borragine (boraxe). Si può usare anche un misto di ortaggi simili a quelli del preboggion, come la cicoria, la catalogna, il cicorino, la rucola, la scarola, la lattuga e la verza. Come per il preboggion, è necessario equilibrare in giuste proporzioni le verdure, per neutralizzare il sapore amaro della cicoria e della catalogna col sapore dolce della lattuga, della scarola e della verza. Tra gli altri ingredienti troviamo un particolare tipo di formaggio fresco leggermente acidulo, detto prescinsêua, sostituibile da un misto di ricotta e yogurt o pane grattugiato per una versione più economica, il grana o il parmigiano, uova e aromi come maggiorana, noce moscata e pepe.
La salsa di noci si prepara con i gherigli di noci, pinoli, aglio, olio extravergine di oliva e pane inumidito nel latte. Invece della salsa di noci si possono condire con olio oppure burro e salvia.
 
Fonte: Wikipedia
 

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Ingredienti per 6 persone:
 
500 g di farina 0
150 g di acqua
20 ml di vino bianco
500 g di costine (erbette)
300 g di borragine
150 g di ricotta
Noce moscata q.b.
50 g di Parmigiano
2 uova
1 spicchio d’aglio
Sale fino q.b.
Pepe q.b.
 
Per la salsa alle noci:
 
150 g di gherigli di noci
½ spicchio d’aglio
50 g di mollica rafferma
Latte q.b.
Olio extravergine d’oliva q.b.
 
Per condire
50 g di parmigiano grattugiato
30 g di burro
 
Procedimento
 
Setacciate la farina e impastatela con l’acqua, il vino e poco sale. Copritela con telo e lasciatela riposare.
Pulite intanto le erbette e la borraggine, lavatele più volte e fatele stufare in una casseruola con pochissima acqua, per dieci minuti.
Scolate le verdure, strizzatele e sminuzzatele finemente, poi amalgamatevi le uova, il Parmigiano Reggiano,la ricotta scolata, l’aglio tritato finemente , la noce moscata, poco sale fino e il pepe.
Stendete la pasta in una sfoglia sottile e, con un coppa pasta di 7 cm di diametro  ricavate dei cerchi , suddividete su ognuno una noce di pieno e richiudeteli ripiegandoli  a metà e chiudete i bordi premendo con i rebbi di una forchetta.
Metteteli su di un telo cosparso di farina.
Nel frattempo, preparate la salsa di noci.
Mettete la mollica di pane a bagno con un po’ di latte.
Sbollentate i gherigli di noci e togliete la pellicina.
Frullateli con l’aglio, la mollica di pane ben strizzata.
Diluite il composto con l’olio fino a ottenere una salsa fluida.
Fate lessare i pansotti per cinque o sei minuti in abbondante acqua salata.
Scolateli man mano con un mestolo forato e metteteli in una zuppiera preriscaldata. Condite con la salsa alle noci, il burro fuso e il Parmigiano grattugiato.
Mescolate e serviteli subito ben caldi.
 

mercoledì 12 febbraio 2025

Zuppa toscana con salsiccia

La zuppa toscana con salsiccia è un piatto che incarna al meglio i sapori e la tradizione culinaria della Toscana. Questa regione, famosa per le sue colline, vigneti e uliveti, è anche patria di una cucina rustica e genuina, fatta di ingredienti semplici ma di alta qualità. Le zuppe sono un elemento fondamentale della dieta toscana, spesso arricchite con pane raffermo e verdure di stagione. La zuppa toscana con salsiccia è un piatto che riscalda il cuore e lo spirito, perfetto per le fredde giornate invernali.
Questa ricetta è perfetta per chi cerca un piatto confortante, ricco di sapori e tradizioni. La combinazione di salsiccia, patate e cavolo nero crea un equilibrio perfetto tra dolcezza e sapidità, mentre la panna aggiunge una cremosità irresistibile. Preparando questa zuppa, porterete un pezzo di Toscana direttamente sulla vostra tavola.

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Ingredienti per 4 persone:
 
500 g di salsiccia a nastro
4 patate medie
200 g di cavolo nero tagliato a striscioline
250 ml di panna da cucina
1,5 litri di brodo vegetale
1 cipolla grande tritata
3 spicchi d’aglio tritati
2 cucchiai di olio extravergine d’oliva
Sale e pepe nero q.b.
Parmigiano Reggiano q.b.
Pane tostato per servire.
 
Procedimento
 
Pelate e tritate finemente la cipolla e l'aglio.
Pelate e tagliate a dadini le patate.
Lavate e sgrondate il cavolo nero poi tagliatelo a striscioline eliminando le parti più dure delle coste.
In una pentola grande, scaldate l'olio d'oliva a fuoco medio, aggiungete la salsiccia sminuzzata e cuocete fino a quando non sia ben dorata e completamente cotta, circa 5-7 minuti.
Una volta cotta, rimuovere la salsiccia dalla pentola e mettetela da parte su un piatto.
Nel fondo di cottura unite la cipolla tritata e fate dorare per 5 minuti, quando sarà trasparente e morbida aggiungere l'aglio tritato e cuocete per un altro minuto, assicurandovi che non bruci.
Aggiungete le patate tagliate a dadini, il cavolo e mescolare bene con la cipolla e l'aglio. Versate il brodo vegetale, salate e portare ad ebollizione.
Abbassate la fiamma e lasciate sobbollire per circa 40 minuti poi unite la salsiccia e la panna.
Mescolate e continuare la cottura a fuoco basso per altri 5 minuti.
Pepate a piacere.
Versate la zuppa toscana in ciotole individuali, spolverate con il Parmigiano Reggiano grattugiato e servire immediatamente con fette di pane tostato.
 
Consigli e varianti

1.      Per una versione più leggera, si può sostituire la panna da cucina con del latte scremato               del brodo aggiuntivo.
2.     Aggiungere peperoncino tritato per una versione più piccante.
3.     Utilizzare salsiccia piccante al posto di quella dolce per una zuppa con più carattere.
4.    
Si può aggiungere anche del finocchio tagliato a fette sottili per un gusto più ricco e                       aromatico.

lunedì 25 novembre 2024

Tapenade

La tapenade è una gustosissima salsa, tipica della cucina provenzale, ma diffusa in tutta la Francia, le cui origini risalgono a molto più indietro nel tempo.
Gli antichi romani, ad esempio, preparavano già una salsa simile a base di olive, capperi e olio.
Il nome “tapenade” deriva dal termine provenzale “tapeno”, che significa cappero.
Inizialmente era composta solo da tre ingredienti: olive nere e capperi e olio, a cui si sono poi aggiunte, nel XIX secolo le acciughe sotto sale raggiungendo così la composizione attuale.
Tradizionalmente tutti gli ingredienti erano pestati in un mortaio aggiungendo, poco alla volta, dell’olio d’oliva; ai nostri giorni utilizziamo il più comodo frullatore, ma i puristi sostengono che quella preparata con il mortaio sia più gustosa grazie alla composizione più rustica.
Come tutte le ricette di estrazione popolare anche qui si trovano alcune varianti,per esempio c’è ci aggiunge uno spicchio d’aglio, un pochino di succo di limone, o delle erbe aromatiche di stagione o del vino rosso o del brandy.
Sono tutte ottime ugualmente; la cosa fondamentale rimane la qualità degli ingredienti che deve essere ottima.
Ai nostri giorni, e con la fretta che ci caratterizza, le acciughe sott’olio hanno occupato il posto di quelle sotto sale e i capperi sottaceto di quelli sotto sale.
Infiniti solo gli utilizzi di questa salsa; si può utilizzare per preparare le classiche tartine, crostini, condire primi piatti, accompagnare carni o pesci o per insaporire sughi di pomodoro o vinaigrette per condire le insalate.
Dopo la preparazione può essere conservata, per una settimana, in frigorifero in un barattolo di vetro con chiusura ermetica e coperta con abbondante olio d’oliva.
 

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Ingredienti per un barattolo tipo Bormioli da 250 g

200 g di olive nere denocciolate
50 g di capperi sottaceto
4 filetti d’acciuga sott’olio
180 g di olio extravergine d’oliva

Procedimento

Sciacquate i capperi e asciugateli bene con della carta da cucina e metteteli in un mortaio,unite le olive e i filetti di acciuga e iniziate a pestare aggiungendo poco alla volta dell’olio.
Quando avrà raggiunto la giusta consistenza, che dovrà essere piuttosto rustica, mettetela nel barattolo di vetro e aggiungete tutto l’olio rimanente.
Chiudete ermeticamente e ponete in frigorifero.
Per accorciare i tempi, potete utilizzare un frullatore seguendo sempre lo stesso procedimento, ma mantenendo sempre la medesima consistenza rustica.
Come spiegato sopra, potete preparala nelle varie varianti che più v’ispirano.
La tendenza attuale è quella di prepararla, in una versione più delicata, con le olive verdi.










 
 

lunedì 16 settembre 2024

Uova alla flamenca- Huevos alla flamenca

Le huevos alla flamenca sono un secondo piatto saporito e sfizioso tipico dell’Andalusia, una splendida regione spagnola.
Si tratta di una ricetta facile e che prevede l’uso di ingredienti semplici come le uova, la salsa di pomodoro, peperoni, piselli, patate, cipolla, aglio e il famoso prosciutto Jamòn serrano e il salame chorizo.
Il jamón serrano (letteralmente "prosciutto di montagna") è un alimento ottenuto dalla salatura e seccatura all'aria dagli arti posteriori del maiale di razza bianca.
Anche popolarmente noto come "Jamón del país" o "Jamón curado", questo stesso prodotto riceve anche il nome di paleta o paletilla quando si ottiene dagli arti anteriori. La denominazione jamón serrano è riconosciuta come specialità tradizionale garantita (STG)
In Spagna, il termine è comunemente usato come sinonimo di prosciutto crudo, mentre per il prosciutto cotto si usa abitualmente la denominazione "Jamón de York".
Il termine spagnolo chorizo indica un salume tradizionale fatto con le migliori carni magre selezionate dai pezzi più nobili del maiale alimentato con le ghiande.
Viene stagionato in essiccatoi naturali per un minimo di tre mesi e mezzo.
Caratteristica del chorizo è che la carne di maiale non è macinata ma tritata in modo grossolano e condita, oltre al sale, con paprica dolce o piccante.
È proprio la paprica a dare al salame il caratteristico colore rosso e sapore.
Il chorizo vela ha una forma sottile e allungata ed è condito con paprica piccante. Il morcón de chorizo ha una forma tozza e grossa, è insaccato nell'intestino cieco ed è condito con aglio e paprica dolce.
Se non trovate il jamòn serrano o il chorizo, utilizzate dell’ottimo prosciutto crudo e del salame piccante.

 
 


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Ingredienti per 4 persone:

4 uova di gallina
250 gr di piselli già sgranati
1 peperone grande
250 gr di patate
1 cipolla bianca piccola
2 spicchi d’aglio
4 fette di jamòn serrano (prosciutto crudo spagnolo)
 8 fette di chorizo (salame piccante)
400 gr di passata di pomodoro
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale q.b.
 
Procedimento
 
Pelate le patate, asciugatele e tagliatele a tocchetti.
Pulite la cipolla, l’aglio e tritateli.
Pulite il peperone, tagliatelo prima a falde e poi a pezzi.
Scaldate tre cucchiai d’olio in una padella e fate friggere leggermente le patate.
Una volta rosolate, toglietele dalla padella e tenetele da parte.
Nella stessa padella in cui avete fritto le patate aggiungete il trito di aglio e cipolla e fate dorare per qualche minuto.
Aggiungete la passata di pomodoro, i piselli, e fate cuocere per dieci minuti.
Trascorso il tempo unite i pezzi del peperone e continuate la cottura a fuoco lento per altri quindici minuti poi unite le patate fritte e salate.
Mescolate delicatamente il tutto e lasciate cuocere per altri dieci minuti, girando di tanto in tanto.
Se il sugo dovesse asciugarsi troppo, aggiungete un pochino di acqua calda.
Una volta cotto, versate il sugo in una terrina da forno o in quattro individuali, se preferite, rompete le uova su ciascuna e appoggiate di lato una fetta di prosciutto e dall’altro due di salame.
Infornate (forno statico e già a temperatura di 200°C) per 7/8 minuti fino a quando gli albumi delle uova saranno cotti e il tuorlo ancora morbido.
Servite subito con fette di pane casereccio grigliate.
 
 
 
 
 
 

mercoledì 19 giugno 2024

Spaghetti con acciughe sott'olio e bottarga di muggine

Gusto salato, profumo di mare e un colore che va dall’oro all’ambra fanno della Bottarga di muggine una raffinata specialità detta anche “caviale sardo”, ideale da gustare nei piatti di mare, in abbinamento agli ottimi vini bianchi dell’isola. Una tradizione radicata in Sardegna da 3000 anni e famosa ora in tutto il mondo, che arricchisce antipasti e primi piatti, rende più preziose le insalate e stimola la fantasia degli appassionati di cucina gourmet. La più pregiata è la bottarga prodotta dai muggini pescati nello Stagno di Cabras (Oristano), che può costare fino a 250 euro al chilogrammo.     
La bottarga di muggine è un alimento ottenuto dalle uova salate ed essiccate per ottenere baffe dorate dall’intenso sapore di mare. Viene consumata a fettine, più o meno sottili a seconda delle preferenze, oppure macinata, da spolverare su crostini o su primi piatti. Il suo sapore deciso non incontra il gusto di tutti; chi se ne innamora, però, ne rimane un fedele appassionato. Non è difficile capirne il motivo: un misto di dolcezza, sapidità e cremosità rende questa prelibatezza inimitabile tra gli altri prodotti del mare.
Si dice che la tradizione della bottarga sia approdata in Sardegna circa 3000 anni fa, ad opera dei Fenici, primi colonizzatori dell’isola. Da allora, le aree di maggiore produzione sono quelle più vicine ai loro insediamenti lungo le coste (Nora, Cagliari, Tharros e il Sulcis). Il nome “Bottarga” deriverebbe invece da battarikh, termine utilizzato dagli arabi per indicare questa delizia tanto preziosa che, fino a poco tempo fa, era difficilmente reperibile e riservata a doni regali e occasioni speciali.
Oggi, grazie all’opera dei produttori e al miglioramento delle tecniche di pesca, il mercato della Bottarga di muggine è ben più florido e questo prodotto viene esportato in tutto il mondo.
Tratto da Janas Food
 

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Ingredienti per 4 persone:

320 gr di spaghetti
40 gr di burro
15 filetti d’acciuga sott’olio
Bottarga di Muggine stagionata grattugiata q.b.
4 rametti di prezzemolo
 
Procedimento
 
Lavate e sgrondate il prezzemolo poi tritatelo grossolanamente.
Cuocete gli spaghetti in abbondante acqua bollente NON salata.
Nel frattempo, in una capiente padella scaldate il burro e unite le acciughe.
Fatele sciogliere lentamente per un paio di minuti, rimestando spesso.
Unite un mestolo di acqua di cottura della pasta.
Scolate gli spaghetti molto al dente, versateli nella padella con le acciughe e ultimate la cottura facendoli saltare.
Impiattate, spolverizzare con il prezzemolo e la bottarga  e servite.
 
 
 
 
 
 

venerdì 24 maggio 2024

Malfatti di spinaci

I Malfatti sono un primo piatto tradizionale della cucina lombarda.
L'impasto viene amalgamato e arrotolato in piccoli cilindri della lunghezza di circa 4/5 cm. Sistemati su vassoi, vengono quindi lessati e conditi con burro, salvia o pomodoro.
Gli spinaci sono un ortaggio a foglia verde originario della Persia.
La loro raccolta avviene da ottobre a maggio ma possiamo trovarli surgelati anche negli altri mesi dell’anno.
Sono ricchi di fibre, sali minerali, vitamina A e antiossidanti e possiedono poche calorie.
Contengono molto ferro, tuttavia, circa il 95% di esso è inutilizzabile come nutriente in quanto presente nella forma non-eme, il cui assorbimento è limitato rispetto al ferro in forma eme, presente, ad esempio, nella carne e negli alimenti di origine animale.
Inoltre, negli spinaci, come in molti vegetali, vi sono alcuni nutrienti che possono ostacolare ulteriormente l’assorbimento di ferro, come gli ossalati ed i fitati.
La presenza di ossalati sconsiglia il consumo eccessivo a chi soffre di calcoli renali in quanto ne favorisce la formazione; tuttavia per neutralizzare gli ossalati basta consumare insieme agli spinaci del formaggio.
Da assumere con cautela anche in caso di terapia anticoagulante, in quanto contenenti la vitamina K1 che può interferire con i farmaci fluidificanti.

 
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Ingredienti per 6 persone:
 
1 kg di spinaci
200 gr di ricotta vaccina freschissima
250 gr di farina
130 gr di burro
120 gr di Parmigiano Reggiano grattugiato
1 uovo
Mezza cipolla bianca
1 pizzico di noce moscata
7 foglie di salvia
Sale e pepe q.b.
 
Procedimento
 
Pulite gli spinaci e lavateli senza sgrondarli.
Cuoceteli in una pentola per tre minuti con la sola acqua rimasta aderente.
Girateli continuamente con due cucchiai.
Scolateli bene e lasciateli intiepidire, strizzateli con le mani e tritateli.
Sciogliete 30 gr di burro in una padella e fate stufare la cipolla tagliata finemente, aggiungete gli spinaci, il sale, la noce moscata, il pepe e lasciate cuocere ancora per un paio di minuti.
Togliete dal fuoco e fate intiepidire.
Versate in una ciotola capiente gli spinaci, unite la ricotta ben scolata, l’uovo e due terzi del Parmigiano e mescolate.
Aggiungete mescolando, poco alla volta, 200 gr di farina setacciata.
Lavorate bene l’impasto per renderlo omogeneo e formate, con le mani inumidite di acqua, dei cilidretti di circa 4 o 5 cm.
Passateli nella farina rimasta e rivestiteli uniformemente.
Portate a bollore 4 litri di acqua salata.
In una padella capace sciogliete il burro rimasto, unite le foglie di salvia e fate rosolare fino a quando prenderà colore.
Tuffate i malfatti nell’acqua in ebollizione, fate riprendere il bollore e cuoceteli per pochi minuti.
Raccoglieteli, con un mestolo forato, mano mano che vengono a galla e versateli nel burro fuso, mescolate.
Serviteli cosparsi con il Parmigiano rimasto.
 

lunedì 22 aprile 2024

Scarpaccia salata di Camaiore

La scarpaccia è un piatto tradizionale toscano diffuso soprattutto in provincia di Lucca. Ne esistono numerose varianti, di cui le principali sono la scarpaccia viareggina, dolce, e la scarpaccia camaiorese, salata.

Solitamente la sua preparazione avveniva in primavera usando zucchine piccole e appena raccolte.

L’altezza della preparazione non deve superare un centimetro.

Tradizionalmente era cotta dai fornai alla fine della giornata, sfruttando il calore residuo del forno appena spento.

Sull’etimologia del nome ci sono diverse versioni, una afferma che deriva "dal fatto che, una volta cotta, ha lo spessore d’una suola di scarpa vecchia: una scarpaccia".

Un’altra sostiene che è legato al fatto di essere un piatto povero, di poco conto, come una vecchia scarpa.

Infine, la leggenda narra che Castruccio Castracani, signore e duca di Lucca, mentre percorreva la valle del Serchio nella zona di Colognora e castello di Val di Roggi, si trovò a corto di viveri e chiese ai contadini di rifornirli. Questi portarono zucchine, farina, uova e latte che, amalgamate furono poi cotte.

Era nata la Scarpaccia.



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Ingredienti per 4 persone

400 gr di zucchine

2 cipolle piccole
150 gr di farina
30 gr di burro
2 uova
100 ml di latte
5 foglie di basilico
3 rametti di timo
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale e pepe q.b. 

Procedimento 

Lavate gli zucchini, pelate la cipolla, tagliate tutto a fettine sottili e mettete  in una scodella per due ore in modo che rilascino l'acqua di vegetazione.

In una ciotola sbattete le uova e aggiungete, poco alla volta, la farina alternandola con il latte, infine unite il sale, il pepe, gli aghetti di timo e quattro cucchiai d'olio.
Amalgamate gli ingredienti fino a ottenere una pastella liscia e senza grumi.





Unite le zucchine, le cipolle e le foglie spezzettate del basilico.



Imburrate una teglia e versate il composto livellandolo in maniera che sia alto un centimetro.
Irrorate con un pochino d’olio e mettete in forno già caldo a 180°C.
Lasciate cuocere per circa un’ora fino a quando sarà croccante.
Sfornate e servite.

 

 

 

 

 

 

 

domenica 18 febbraio 2024

Coda alla vaccinara

La coda alla vaccinara è una ricetta tipica romana molto amata e conosciuta che, purtroppo, è considerata da sempre l’emblema di una particolare romanità, greve e caciarona.
In realtà si tratta di un piatto regale che ha come unico neo la preparazione che è piuttosto difficile e si rischia, se non fatta a dovere, di trasformarlo in un lesso. Figlia della cucina “povera” la ricetta originale era un piatto ricchissimo a cui spesso venivano aggiunti anche i “gaffi”, cioè le guance del bovino.
La preparazione originale nasce verso il 1887 nel quartiere romano di Testaccio, nella zona antistante il mattatoio e precisamente nel “Ristorante Checchino”.
Una volta macellate le carni e confezionati i primi quattro quarti destinati alle tavole dei nobili, del clero, dei soldati e della borghesia, il quinto quarto (ovvero tutti gli scarti e le frattaglie) veniva consegnato ai macellai e vaccinari.
Tutt'oggi al ristornate, ancora gestito dalla stessa famiglia, si può assaggiare la ricetta originale della coda alla vaccinara.

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Ingredienti per 4 persone:

2 kg di coda di manzo già tagliata

100 gr di lardo
1 cipolla
1 carota
2 spicchi d’aglio
1 bicchiere di vino bianco secco
1 kg di pomodori (o 400 gr di  pelati)
1 sedano bianco piccolo (solo le coste, niente foglie)
2 cucchiai di pinoli
30 gr di uva passa
1 cucchiaino di cioccolato fondente amaro grattugiato
2 chiodi di garofano
1 pizzico di noce moscata
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale q.b.
Pepe q.b.

Procedimento

Lavate bene la coda e asciugatela.

Tritate il lardo in modo da formare un pesto.
Pulite e tritate la cipolla e l’aglio.
Pelate la carota e tagliatela a tocchetti.
Pelati i pomodori, eliminate i semi e tagliateli a pezzetti.
Mettete a bagno l’uva passa.
In un ampio tegame dal fondo spesso scaldate un cucchiaio d’olio e fate soffriggere il pesto di lardo, unite la coda e fatela rosolare da tutti i lati, aggiungete la cipolla tritata, l’aglio, i cubetti di carota, i chiodi di garofano, la noce moscata, sale e pepe.
Dopo qualche minuto, sfumate con il vino bianco e coprite.
Lasciate cuocere per un quarto d’ora poi unite i pomodori.
Proseguite la cottura ancora per un’ora quindi ricoprite tutto con dell’acqua calda, coperchiate e lasciate cuocere a fuoco bassissimo finché la carne non si stacca dall’osso, ci vorranno dalle quattro alle cinque ore.
Nel frattempo, lavate le coste di sedano e togliete i fili
Lessateli per una decina di minuti, scolateli e tagliateli a tocchetti.
In un altro recipiente versate un po’ del sugo della coda, unitevi il sedano, i pinoli, l’uva passa ben strizzata, e la cioccolata.
Lasciate insaporire poi versate questa salsa sulla coda al momento di servire.
Ovviamente tutto caldo.

 

domenica 28 gennaio 2024

Pinsa romana

Si ha notizia della pizza romana fin dai tempi dell’antica Roma. Non era la pizza come la intendiamo noi oggi, ma una sorta di focaccia, in genere di farina di farro perché il grano era raro e costoso.
Per stenderla e dare la caratteristica forma ovale veniva schiacciata e tirata con le mani (pinsata) e a questo deve il suo nome di “pinsa”.
Era un piatto povero, condito prevalentemente con i fichi, perché all’epoca erano abbondanti e costavano poco.
Ancora oggi a Roma, per indicare qualcosa di ricercato e ricco, si dice: ”Mica pizza e fichi”, proprio per porre l’accento sul fatto che fosse un piatto povero e contadino.
Oggi il suo nome è stato prevalentemente sostituito con “pizza romana”, bassa e scrocchiarella e spesso è preparata con aggiunta di farina di riso e di soia seguendo le mode attuali.
Personalmente apprezzo la ricetta originale con la farina di grano con un alto livello di glutine (W260-350), che consente una lunga lievitazione (dalle 12 alle 48 ore) e un’idratazione al 75% che si avvicina di più alla ricetta originale.
Il condimento può variare in un numero infinito di varianti e secondo i gusti personali.

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Ingredienti per 5 pinse :

Per l’impasto

500 g di farina 0 (W260 -350)
375 g di acqua fredda
2 gr di lievito di birra fresco
2 cucchiai di olio extravergine d’oliva
10 g di sale fino (possibilmente integrale)

Per condire

300 g di passata di pomodori
2 mozzarelle
2 etti di prosciutto cotto
3 carciofi
Origano q.b.
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale q.b.

Procedimento


Setacciate la farina in una ciotola capiente, sciogliete il lievito nell’acqua e unitelo alla farina. Amalgamate bene fino a ottenere un impasto omogeneo.
Versate tutto su di una spianatoia infarinata o sul tavolo, unite due cucchiai d’olio, il sale sciolto in un pochino d’acqua e continuate a impastare fino a quando l’impasto diventerà elastico.
Formate una palla ripiegando i bordi all'interno, ungete una ciotola e depositatecela.


Coprite con della pellicola e uno strofinaccio da cucina e lasciate lievitare per un’ora nel forno spento o in un luogo tiepido e privo di correnti d’aria.
Trascorso il tempo, riprendete l’impasto, rimettetelo sulla spianatoia infarinata, dategli la forma di un panetto rettangolare, poi procedete alla piegatura come per preparare la pasta sfoglia.
Stendete il panetto, ripiegate verso il centro i due lati corti, lasciate riposare, poi girate di 90° appiattite leggermente e ripiegate i lati.





Quest’operazione consentirà d’inglobare molta aria, il che la renderà “sofficiosa” e ben alveolata.
Ripete l’operazione dopo venti minuti.
Riformate una palla, ungetela leggermente e rimettetela nella ciotola. Coprite con la pellicola e ponete in frigo per 16/20 ore. 
Toglietela dal frigo, dividete l’impasto in  cinque palline rotonde e compatte (pirlatura),  e mettetele a lievitare per un'ora.


Trascorso il tempo, infarinate il piano di lavoro, deponeteci le palline e allargatele bene con i polpastrelli fino a ottenere una forma ovale di circa 1 cm e mezzo di spessore.
Oliate abbondantemente una teglia o una leccarda, depositateci delicatamente le pinse, coprite con un telo e continuate la lievitazione per altre tre ore.


Nel frattempo, tagliate le mozzarelle e mettetele in frigo a scolare in uno scolapasta per un’ora poi, tiratele fuori e lasciatele a temperatura ambiente per un’ora.
Pulite i carciofi eliminando le foglie più dure, divideteli in quarti e fateli cuocere in una padella con un filo d’olio, del sale e un pochino d’acqua.
Accendete il forno (statico a 230°)
Stendete su di ogni pinsa la passata di pomodoro condita con olio, sale e origano.
Quando il forno avrà raggiunto la giusta temperatura infornate per 10 minuti, estraetele dal forno e distribuite su ognuna la mozzarella, i carciofi e il prosciutto .
Infornate nuovamente per 5  minuti, sfornate e servite subito.