sabato 28 ottobre 2023

Pan de muerto messicano

Il pan de muerto (il pane del morto), come dice il suo nome, è un dolce tipico della trazione culinaria messicana che si prepara in occasione della festività dei morti.
Si tratta di una pagnotta dolce, aromatizzata con le bucce d’arancia o con i semi di anice, sofficissima e simile a una brioche.
Solitamente viene preparato qualche giorno prima della festività e consumato davanti ad un altare, realizzato per onorare i defunti, insieme con altri cibi che amavano.
Nella cultura messicana la morte non è vista come la fine ma come il proseguimento naturale in una vita ultraterrena e per questo motivo è festeggiata con allegria.
Non è difficile prepararlo e richiede semplici ingredienti come farina, burro, uova, zucchero, latte, scorza d’arancia o semi di anice.
Con le dosi che vi ho fornito, potete preparare tre pani di circa tre etti l’uno, se li preferite, più piccoli basta dividere l’impasto per più pani.
Potete velocizzare i tempi usando una planetaria anziché impastando a mano.

LE IMMAGINI E I TESTI PUBBLICATI IN QUESTO SITO SONO DI PROPRIETA’ DELL’AUTORE E SONO PROTETTI DALLA LEGGE SUL DIRITTO D’AUTORE N. 633/1941 E SUCCESSIVE MODIFICHE. COPYRIGHT © 2010-2050. TUTTI I DIRITTI RISERVATI A IL POMODORO ROSSO DI MARIA ANTONIETTA GRASSI. VIETATA LA RIPRODUZIONE, ANCHE PARZIALE, DI TESTI O FOTO, SENZA AUTORIZZAZIONE.

Ingredienti per 4 pani medi

500 gr di farina 00

100 gr di zucchero + quello per la finitura
3 uova intere
3 tuorli
150 gr di burro a tocchetti e a temperatura ambiente
150 ml di latte tiepido (mezza tazza)
3 cucchiai di acqua di rose
2 arance bio
7 gr di lievito di birra secco
10 gr di sale fino (1 cucchiaio)

Procedimento

Innanzitutto, preparate il lievitino.

In una ciotola mettete il lievito sul fondo e versateci sopra tre cucchiai colmi di farina, un cucchiaio di zucchero e tutto il latte tiepido (36°C), versandolo a poco a poco e mescolando per evitare la formazione di grumi.
Dopo aver amalgamato il tutto, coprite con una pellicola e mettete a lievitare in un luogo caldo e lontano da correnti d’aria.
Nel frattempo, lavate bene le arance e grattugiate la buccia avendo cura di non grattugiare la parte bianca (albedo) che renderebbe il pane amaro. Coprite con la pellicola e mettete da parte.
Su di un piano di lavoro, versate la farina rimanente e distribuite intorno ad essa tutto lo zucchero e il sale; con il fondo della ciotola create un buco al centro della montagnola di farina e deponeteci il lievitino.
Nel lievitino, incorporate le uova e i tuorli (uno per volta) e mescolate delicatamente con le mani inglobando un pochino della farina circostante.
Quando avrete inglobato tutte le uova continuate a prendere la farina e incorporate tutto impastando, compreso lo zucchero e il sale.
A questo punto inserite i tocchetti di burro, pochi alla volta.
Una volta integrato completamente il burro, unite l’acqua di rose e le bucce grattugiate delle arance.
Vi troverete un impasto molto morbido, ma non aggiungete altra farina o vi troverete un pane poco soffice, continuate invece a impastare fino a quando otterrete un impasto più solido e omogeneo.
Lavoratelo stendendolo più volte fino a quando sarà più compatto, ma sempre molto morbido e si staccherà bene sia dal piano di lavoro sia dalle mani.
Mettetelo in ciotola leggermente unta con un pochino d’olio, pennellate con lo stesso anche l’impasto per evitare che asciughi troppo e coprite con la pellicola.
Mettetelo a lievitare, sempre in luogo caldo e lontano da correnti d’aria, fino al raddoppio (di solito ci vogliono due ore ma dipende dalla temperatura dell’ambiente in cui si trova).
Trascorso il tempo distribuite, sul piano di lavoro, un po’ di farina e deponeteci delicatamente l’impasto lievitato.
Schiacciatelo leggermente per eliminare l’aria e dategli una forma cilindrica di circa 30/23 cm di lunghezza e 13-15 di larghezza.
Tagliate la forma in quattro parti, tre uguali e la quarta della metà di una delle altre (servirà per fare “le ossa” ossia la guarnizione).
Infarinate nuovamente il piano di lavoro, prendete uno dei tre pezzi d’impasto, fatelo girare con le mani (pirlatura) ridandogli una forma tonda tenendo le punte sotto l’impasto, trasferite su di una teglia rivestita da carta da forno e schiacciatelo leggermente.
Eseguite le stesse operazioni anche con gli altri due pezzi distanziandoli nella teglia affinché non si attacchino tra di loro durante la lievitazione e la cottura.
Prepariamo ora “le ossa”.
Prendete il pezzo d’impasto rimasto, aggiungetegli due cucchiai di farina perché deve essere più corposo rispetto ai pani, impastatelo per inglobare la farina poi ricavate nove cilindretti.
Prendete un cilindretto arrotolatelo come fosse un grissino, poi premetelo con il dito indice al centro e fatelo rotolare avanti e indietro finché non si schiaccia completamente. Una volta diviso (ma non staccato) in due, fate la stessa cosa ai lati usando i due indici e allungandolo leggermente.
Ripetete l’operazione con altri cinque cilindretti e avrete ottenuto “le ossa”, con i tre pezzetti d’impasto rimasto create tre palline per formare “la testa”.
Spennellate i pani con dell’acqua, formando una croce nel punto dove andranno poste le ossa affinché aderiscano bene.
Posizionatene, schiacciandole leggermente, due per ogni pane, formando appunto delle croci e ponete sopra di ognuna di essa la pallina di pasta (testa) sempre dopo aver spennellato con dell’acqua.
Una volta decorati i pani metteteli ancora a lievitare fino al raddoppio del volume.
Infornate nel forno preriscaldato a 170°c per 20/30 minuti.
Quando saranno ben dorati, estraeteli dal forno e metteteli a raffreddare su di una gratella.
Una volta che saranno raffreddati, spennellateli con del burro fuso e spolverizzateli con lo zucchero semolato.
Scrollateli leggermente per eliminare lo zucchero in eccesso e il vostro pan de muerto messicano è pronto per essere gustato.

 

 

 

venerdì 27 ottobre 2023

Scrigni tartufati

Ho avuto l'onore e il piacere di inventare e preparare questa ricetta per OrtoQui alla Fiera del Tartufo di Alba.
Il tartufo è un fungo ipogeo, cioè che vive sottoterra, non è coltivabile, nasce dalle radici delle querce e si cerca  e si trova solo con l'aiuto di cani appositamente addestrati.
Il suo caratteristico profumo è composto da 120 molecole volatili.
La stagione della raccolta inizia il 21 settembre e termina il 31 gennaio.
Per gustarlo al meglio va consumato fresco e crudo lamellato con il tagliatartufi. Dal momento della raccolta si può conservare circa una settimana in frigorifero avvolto in carta da cucina e in un contenitore di vetro dotato di coperchio.
Prima del consumo, si pulisce con una spazzolina sotto l’acqua corrente, lo si asciuga e lo si lascia riposare per 15/20 minuti.
È detto anche diamante bianco sia per la sua bontà che per il costo elevato, è il re dei tartufi e il tartufo del re.
Gli altri due ingredienti che ho utilizzato sono sempre legati al territorio del cuneese, terra di eccellenze, e sono la mela rossa di Cuneo IGP e la salsiccia di Bra.
La mela rossa di Cuneo IGP si caratterizza per un’intensa colorazione della buccia particolarmente luminosa e brillante. Gustosa e croccante, si presta a innumerevoli ricette.

 

LE IMMAGINI E I TESTI PUBBLICATI IN QUESTO SITO SONO DI PROPRIETA’ DELL’AUTORE E SONO PROTETTI DALLA LEGGE SUL DIRITTO D’AUTORE N. 633/1941 E SUCCESSIVE MODIFICHE. COPYRIGHT © 2010-2050. TUTTI I DIRITTI RISERVATI A IL POMODORO ROSSO DI MARIA ANTONIETTA GRASSI. VIETATA LA RIPRODUZIONE, ANCHE PARZIALE, DI TESTI O FOTO, SENZA AUTORIZZAZIONE.

Ingredienti per 4 persone:

 


2 rotoli di pasta sfoglia fresca

1 etto di fontina
2 mele rosse di cuneo IGP
250 gr di salsiccia di Bra
Un cucchiaio di bagnetto verde o, in alternativa del prezzemolo tritato con qualche cappero
1 tartufo bianco di Alba
1 tuorlo
25 gr. di burro

 Procedimento

Accendete il forno a 200°

Lavate e sbucciate le mele. Tagliatele a dadini. Mettete il burro in una padella antiaderente e fatelo sciogliere a fuoco bassissimo, tuffateci i dadini di mela e lasciateli dorare per 3/4 minuti e metteteli in una ciotola a raffreddare. Spellate la salciccia, schiacciate un po’ la pasta, unitela ai dadini di mela e aggiungete il cucchiaio di bagnetto verde (bagnet verd in piemontese) e amalgamate il tutto.

Tagliate a dadini anche la fontina.

Stendete il rotolo di pasta sfoglia e ritagliate dei rettangoli di pasta di circa 8/9 cm.  x 5/6 cm per lato.



Disponete al centro dei rettangoli il composto di mele e salsiccia, e sopra distribuite i cubetti di formaggio.


Ripiegate i quattro lati della pasta sigillandoli e lasciate un buco al centro in modo che il ripieno sia ben in vista.  Ricoprite la placca del forno con carta da forno e adagiatevi sopra gli scrigni

Sbattete il tuorlo d’uovo con un cucchiaino d’acqua e spennellatelo sulla superficie della pasta non toccate il ripieno.

Infornate e fate cuocere per 20/25 minuti con il forno ventilato. 30/35 minuti con quello statico.
Sfornate, lamellate il tartufo sopra il ripieno a vista e servite subito.






giovedì 26 ottobre 2023

Insalata ricca tartufata

Ho preparato questa insalata autunnale con tutti prodotti tipici piemontesi e in particolare del cuneese per la Fiera del Tartufo di Alba, dove è stata presentata.
Il tartufo è un fungo ipogeo, cioè che vive sottoterra, non è coltivabile,
nasce dalle radici delle querce e si cerca e si trova solo grazie ai cani appositamente addestrati.
Il suo caratteristico profumo è composto da 120 molecole volatili.
La stagione della raccolta inizia il 21 settembre e termina il 31 gennaio.
Per gustarlo al meglio va consumato fresco e crudo lamellato con il tagliatartufi. Dal momento della raccolta si può conservare circa una settimana in frigorifero avvolto in carta da cucina e in un contenitore di vetro dotato di coperchio.
Prima del consumo, si pulisce con una spazzolina sotto l’acqua corrente, lo si asciuga e lo si lascia riposare per 15/20 minuti.
È detto anche diamante bianco sia per la sua bontà che per il costo elevato, è il re dei tartufi e il tartufo del re.
Gli altri due ingredienti che ho utilizzato sono sempre legati al territorio del cuneese, terra di eccellenze, e sono la mela rossa di Cuneo IGP e la nocciola del Piemonte IGP (tonda gentile).


La mela rossa di Cuneo IGP si caratterizza per un’intensa colorazione della buccia particolarmente luminosa e brillante. Gustosa e croccante, si presta a innumerevoli ricette.
Ed infine la nocciola Tonda Gentile.


La Varietà di nocciolo coltivata in Piemonte è la Tonda Gentile Trilobata. La cui produzione è concentrata nelle province di Cuneo, Asti e Alessandria, in un areale compreso tra le colline delle Langhe, del Roero e del Monferrato. La denominazione I.G.P. garantisce agli utilizzatori ed ai consumatori la qualità e l'autenticità del prodotto.
La Nocciola Piemonte I.G.P., è particolarmente apprezzata dall'industria dolciaria per i suoi parametri qualitativi quali: forma sferoidale del seme, gusto ed aroma eccellenti dopo tostatura, elevata pelabilità, buona conservabilità.
Per questi motivi la Nocciola Piemonte è universalmente conosciuta come la migliore al mondo.


LE IMMAGINI E I TESTI PUBBLICATI IN QUESTO SITO SONO DI PROPRIETA’ DELL’AUTORE E SONO PROTETTI DALLA LEGGE SUL DIRITTO D’AUTORE N. 633/1941 E SUCCESSIVE MODIFICHE. COPYRIGHT © 2010-2050. TUTTI I DIRITTI RISERVATI A IL POMODORO ROSSO DI MARIA ANTONIETTA GRASSI. VIETATA LA RIPRODUZIONE, ANCHE PARZIALE, DI TESTI O FOTO, SENZA AUTORIZZAZIONE.

 

Ingredienti per 4 persone:




125 gr di songino (valerianella)

2 mele rosse di Cuneo IGP
50 gr di nocciole Piemonte IGP sgusciate e tostate
70 gr di Fontina
Scaglie di tartufo bianco di Alba
Aceto balsamico q.b.
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale q.b.

Procedimento.

Lavate e sgrondate il songino.

Sgusciate le nocciole, mettetele in un tegame antiaderente e fatele tostare a fuoco vivo, togliete la pellicina.

 


Tagliate a cubetti la fontina.

Mettete tutti gli ingredienti in un’insalatiera o in singoli piatti, condite con olio extravergine d’oliva, aceto balsamico e sale.
Distribuite sopra delle scaglie di tartufo e servite.


Per vedere  il  video della preparazione  cliccate qui

domenica 22 ottobre 2023

Torta di castagne e mandorle

La castagna è un alimento sano e molto nutriente, ha proprietà remineralizzanti e tonificanti non a caso è considerata un alimento ottimale per gli sportivi, perché il potassio contribuisce a ridurre l'affaticamento muscolare.

La castagna fresca ha un contenuto d'acqua del 50% circa (secca del 10%), un contenuto calorico di 200 kcal ogni 100 g (secca 350Kcal/100 g), un buon contenuto di fibra (7-8%), un eccellente apporto di glucidi zuccherini e amilacei (35% circa).
Possiede un discreto contenuto di proteine di qualità, una bassa percentuale di grassi (3 g/1 hg), un'alta percentuale di potassio, altri sali minerali come magnesio, calcio, zolfo e fosforo; infine, possiede vitamine idrosolubili (B1, B2, PP, C).

LE IMMAGINI E I TESTI PUBBLICATI IN QUESTO SITO SONO DI PROPRIETA’ DELL’AUTORE E SONO PROTETTI DALLA LEGGE SUL DIRITTO D’AUTORE N. 633/1941 E SUCCESSIVE MODIFICHE. COPYRIGHT © 2010-2050. TUTTI I DIRITTI RISERVATI A IL POMODORO ROSSO DI MARIA ANTONIETTA GRASSI. VIETATA LA RIPRODUZIONE, ANCHE PARZIALE, DI TESTI O FOTO, SENZA AUTORIZZAZIONE.

Ingredienti per una teglia di 22 cm di diametro

400 g di castagne

100 g di farina di mandorle
140 g di zucchero di canna
110 g di burro
4 uova
1 arancia bio
1 pizzico di sale fino

Ingredienti per la glassa al cioccolato:

200 gr di cioccolato fondente

50 gr di burro a temperatura ambiente
3 cucchiai di latte

Procedimento

Fate lessare le castagne per trentacinque minuti, lasciatele intiepidire poi pelatele e passatele nel passaverdure o frullatele per ottenere una purea.

Nel frattempo, tagliate il burro a pezzi e fatelo ammorbidire a temperatura ambiente, poi schiacciatelo con i rebbi di una forchetta per renderlo morbido come una crema.
Lavate bene l’arancia e grattugiate la buccia facendo attenzione a non grattugiare la parte bianca (albedo) che renderebbe la torta amara.
Dividete i tuorli dagli albumi e mettete questi ultimi in una ciotola, iniziate a montarli e quando saranno spumosi unite 40 g di zucchero e continuate a montandoli a neve.
In una ciotola capiente mettete il rimanente zucchero, un pizzico di sale fino e i tuorli. Montateli con le fruste elettriche e quando avranno raggiunto una consistenza spumosa, aggiungete la scorza grattugiata, la farina di mandorle, il burro a crema, la purea di castagne e amalgamate bene il tutto; a questo punto, incorporate gli albumi delicatamente e mescolando dal basso verso l’alto.
Imburrate una tortiera a cerniera di 22 cm, versate il composto e infornate in forno preriscaldato a 180°C per circa trenta minuti.
Per verificare se la cottura, infilate uno stecchino nella torta: se quando lo estraete, è pulito (cioè senza l’impasto attaccato) vuol dire che è cotta.
Sfornate e lasciate raffreddare.
Quando si sarà raffreddata, preparate la glassa a bagnomaria.
Prendete due pentolini, uno piccolo e uno più grande che lo possa contenere. Nel più grande mettete dell’acqua e inserite il più piccolo, in cui avrete messo il cioccolato spezzettato, il burro e il latte. Scaldate l’acqua, a fuoco bassissimo (non deve bollire), mescolando bene gli ingredienti inseriti nel pentolino più piccolo, per farli sciogliere. Spegnete il gas, lasciate intiepidire e versate la glassa sul dolce, distribuite subito con una spatola e lasciate raffreddare a temperatura ambiente. 
Al momento di servirla spolverizzate sopra della granella di mandorle.
Se non doveste trovare la farina di mandorle o la granella, basta semplicemente utilizzare le mandorle e tritandole in un frullatore con un cucchiaio di zucchero fino a renderle una farina.

 

 

venerdì 20 ottobre 2023

Focaccia di Recco

La focaccia di Recco è una ricetta tipica della tradizione culinaria ligure semplicissima, sia per la preparazione sia per gli ingredienti.  La sua caratterista è quella di essere composta da due sfoglie sottilissime d’impasto non lievitato che racchiudono un delizioso e filante ripieno di Prescinsêua, una sorta di stracchino tipico della Liguria e del genovese in particolare.

Si ottiene così una focaccia molto croccante con un ripieno morbidissimo, quasi liquido.

Il contrasto che ne deriva è ciò che la rende inimitabile.

 

La storia

La ricerca storica che accompagna la documentazione storica per la richiesta di tutela europea narra che già ai tempi dei romani questo prodotto esisteva, Catone lo cita nel “De re rustica” come “scripilita cum caseo sine mille”; grazie alla storica Simonetta Duodo Valenziano si colloca il prodotto in Liguria all’epoca della terza crociata.

“Era la Pentecoste di rose dell’anno 1189… la cappella dell’Abbazia di San Fruttuoso accoglieva i crociati liguri per un solenne Te Deum prima della partenza della flotta per la Terra Santa… Sulle bianche tovaglie di lino ricamate facevano bella vista i piatti di peltro e di rame, zuppiere di ceramica e di coccio colme di ogni bendiio: pagnotte di farro ed orzo impastate con miele, fichi secchi e zibibbo, carpione di pesce, agliata, olive e una focaccia di semola ripiena di giuncata appena rappresa (la focaccia col formaggio)…”.

In seguito, la leggenda narra che la popolazione recchese si rifugiava nell’immediato entroterra per sfuggire alle incursioni dei saraceni e grazie alla possibilità di disporre di olio, formaggetta e farina, cuocendo la pasta ripiena di formaggio su una pietra d’ardesia coperta, venne “inventato” quel prodotto gastronomico che oggi conosciamo come “Focaccia di Recco col Formaggio”.

Sul finire del 1800, quando Recco contava circa 3.000 abitanti, ritroviamo la “Focaccia di Recco col Formaggio” nei cinque forni cittadini che campavano alla meglio vendendo esclusivamente le focacce liguri, uno di essi esiste ancor oggi (forno Moltedo). Alla fine, dell’800 aprono a Recco le prime trattorie con cucina, ed a quei tempi la “Focaccia col Formaggio” veniva proposta unicamente nel periodo di celebrazione dei morti.
Grazie all’intraprendenza di “rechelini doc” di allora, professionisti panificatori e ristoratori di oggi, “Manuelina, Vittorio, Vitturin, le famiglie Moltedo e Tossini fra i più conosciuti, la focaccia col formaggio vide il suo sviluppo commerciale e d’immagine. Con le loro abilità attirarono nelle osterie e nei forni recchesi il bel mondo d'inizio secolo diffondendo questo prodotto “principe” della gastronomia cittadina, (di quei tempi si ricorda che persino Guglielmo Marconi e l’Infanta di Spagna degustarono la focaccia col formaggio andando appositamente a Recco).
Le compagnie teatrali divennero clienti fissi perché dopo lo spettacolo in teatro, da Genova si trasferivano a Recco richiamati dal profumo ... e dall’ospitalità infinita di quegli “osti” recchesi che fin da allora fecero della loro arte naturale “del far da mangiare” una professione cresciuta poi nel tempo precorrendo i tempi e tenendo aperto fino a tarda notte i loro locali, tutto grazie a lei, la focaccia col formaggio che solo qui si trovava.
Durante l’ultimo conflitto mondiale Recco venne più volte rasa al suolo dai bombardamenti vedendo così annullate tutte le sue capacità di attrattiva turistica conservate nel tempo da altre vicine località balneari della riviera. Ciò nonostante, gli abitanti recchesi hanno dato estro alle proprie fantasie del “saper fare” creando da una tradizione quasi “leggendaria” un vero e proprio filone d’imprenditoria che ancora oggi risulta trainante.2000
Negli anni ‘50 arrivano i primi turisti e si inizia a comprendere che il futuro di Recco sarebbe stato basato su di loro, con particolare attenzione a quello che oggi viene ormai chiamato “Turismo di gola”. 2000
Nel 1955 nasce la prima festa della Focaccia di Recco col Formaggio promossa dai ristoratori e dai fornai dell’intera città. Nel frattempo, viene costruita, raggiungendo la Riviera di Levante, l’autostrada Genova-Livorno, e Recco, grazie all’apertura del casello autostradale, vede un incremento notevolissimo dell’afflusso turistico.
Sono gli anni in cui il boom economico accompagna il successo sempre crescente della gastronomia e della ristorazione recchese che attirava, come ancor oggi attira, personaggi del mondo dello spettacolo, politico e giornalistico, sempre in quegli anni, con i successi sportivi della famosa Pro Recco Pallanuoto, decretando alla propria città l’indiscusso titolo di “Capitale Gastronomica della Liguria”.

Fonte: Focaccia di Recco

 


LE IMMAGINI E I TESTI PUBBLICATI IN QUESTO SITO SONO DI PROPRIETA’ DELL’AUTORE E SONO PROTETTI DALLA LEGGE SUL DIRITTO D’AUTORE N. 633/1941 E SUCCESSIVE MODIFICHE. COPYRIGHT © 2010-2050. TUTTI I DIRITTI RISERVATI A IL POMODORO ROSSO DI MARIA ANTONIETTA GRASSI. VIETATA LA RIPRODUZIONE, ANCHE PARZIALE, DI TESTI O FOTO, SENZA AUTORIZZAZIONE.

Ingredienti per 4 persone:

400 gr di farina 00

250 ml di acqua
500 gr di Prescinsêua o di stracchino
45 ml di olio extravergine d’oliva
10 gr di sale fino

Procedimento

Sciogliete il sale nell’acqua.

Setacciate la farina in una ciotola e versate lentamente l’acqua iniziando ad impastare.
Unite, poco alla volta, l’olio e continuate ad impastare fino inglobarlo tutto, quando si staccherà dalla ciotola, versatelo su di un piano di lavoro e lavoratelo fino ad ottenere un impasto morbido ed omogeneo.


Formate una palla e rimettetela nella ciotola, coprite con della pellicola e mettete in frigorifero per due o tre ore. Questo riposo farà sì che l’impasto sarà poi più malleabile per la stesura.


Trascorso il tempo riprendete la pasta e dividetela in due parti uguali.

Stendete due sfoglie molto sottili, io per facilitarmi il compito lo faccio su della carta da forno infarinata.

Stendete la prima sfoglia su tutta la superficie di una teglia ben oliata facendola sbordare leggermente, comprimete leggermente per eliminare l’aria,

Distribuire sopra la prescinsêua o lo stracchino a pezzettoni (io ho utilizzato quest’ultimo in quanto la prescinsêua è introvabile fuori Genova).

Prendete l’altra sfoglia e adagiatela sopra il formaggio.

Comprimete leggermente in modo da uniformare il tutto.


Eliminate la pasta in eccesso aiutandovi con un coltello affilato e dalla lama liscia.
 Chiudete bene il bordo e arrotolatelo leggermente.

Praticate dei piccoli fori con i rebbi di una forchetta e allargarli con le dita in modo da far fuoriuscire un pochino del formaggio, irrorate con un filo d’olio,

Infornate a 200° in forno statico per circa dieci/quindici minuti.
Estraetela dal forno e lasciatela riposare per circa dieci minuti prima di servirla posizionata su di un tagliere di legno.

 

 

 

 

 

mercoledì 18 ottobre 2023

Frullato di caki e mela

Originario dell’Asia orientale, il caki è una delle più antiche piante da frutta coltivate dall’uomo, non cresce mai al di sotto dei 20° di latitudine nord perché mal sopporta i climi caldo-umidi. Detto anche “mela d’Oriente”, fu definito dai cinesi, l’albero delle sette virtù; vive a lungo, non è attaccato dai parassiti, le sue foglie fanno una grande ombra, gli uccelli possono nidificare tra i suoi rami, le sue splendide foglie gialle rosse in autunno sono decorative fino ai primi geli, le foglie, essendo ricche di sostanze concimanti, aiutano il terreno a nutrirsi, ed infine, il suo legno da un bel fuoco.
In America e in Europa si diffuse intorno alla metà dell’Ottocento. In Italia giunse solo nel 1916 e iniziarono a coltivarlo nel salernitano. La coltivazione si estese poi in Emilia-Romagna. Oggi è diffuso in tutta Italia.
Questo delizioso frutto è composto da circa il 79% d’acqua, il 18% di zuccheri, proteine, grassi, vitamina C. È ricco di potassio e beta-carotene. È sconsigliato a chi soffre di diabete o ha problemi d’obesità. Ha notevoli proprietà lassative e diuretiche.
In dialetto napoletano è chiamato “legnasanta” perché, una volta aperto il frutto, si ritiene di poter “vedere” al suo interno l’immagine caratteristica del Cristo in croce.
Il nome corretto del frutto del caki, non è caco, come ormai è d’uso chiamarlo, ma caki come la pianta.

LE IMMAGINI E I TESTI PUBBLICATI IN QUESTO SITO SONO DI PROPRIETA’ DELL’AUTORE E SONO PROTETTI DALLA LEGGE SUL DIRITTO D’AUTORE N. 633/1941 E SUCCESSIVE MODIFICHE. COPYRIGHT © 2010-2050. TUTTI I DIRITTI RISERVATI A IL POMODORO ROSSO DI MARIA ANTONIETTA GRASSI. VIETATA LA RIPRODUZIONE, ANCHE PARZIALE, DI TESTI O FOTO, SENZA AUTORIZZAZIONE.

Ingredienti per 2 persone.

1 caki mela
1 mela bio
125 g yogurt bianco intero
1cucchiaino di succo di limone
1 cucchiaino di zucchero di canna
Un pizzico di cannella
Un pezzettino piccolo di zenzero (spelato)

Procedimento


Spelate il caki (ma se è bio mantenete la buccia) sbucciate la mela, eliminate i semi e tagliatela a pezzetti e mettete tutto nel frullatore.
Aggiungete il succo di limone,  lo zenzero, il pizzico di cannella , lo yogurt e un cucchiaino di zucchero (potete aumentare la dose se lo preferite più dolce) e frullate tutto  fino ad ottenere un composto omogeneo. Versate nei bicchieri e servite.


 

mercoledì 11 ottobre 2023

Omelette con Taleggio e funghi

L’omelette si differenzia dalla frittata per la forma ovale e per la preparazione. Si prepara con l’aggiunta di un po’ di latte e, volendo, di farina. Prevede sempre un ripieno che viene posto nel centro o distribuito sopra l’omelette appena questa prende colore sul lato a contatto della padella ed è ancora morbida sulla parte superiore. Quindi la si piega e si completa la cottura a fiamma molto bassa.

LE IMMAGINI E I TESTI PUBBLICATI IN QUESTO SITO SONO DI PROPRIETA’ DELL’AUTORE E SONO PROTETTI DALLA LEGGE SUL DIRITTO D’AUTORE N. 633/1941 E SUCCESSIVE MODIFICHE. COPYRIGHT © 2010-2050. TUTTI I DIRITTI RISERVATI A IL POMODORO ROSSO DI MARIA ANTONIETTA GRASSI. VIETATA LA RIPRODUZIONE, ANCHE PARZIALE, DI TESTI O FOTO, SENZA AUTORIZZAZIONE.

Ingredienti per 4 persone:

6 uova
200 gr di champignon
200 gr di Taleggio
4 cucchiai di latte
1 spicchio d’aglio
Qualche rametto di prezzemolo
Qualche rametto di maggiorana
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale e pepe q.b.

Procedimento

 Private il Taleggio della crosta e riducetelo a pezzetti.
Lavate  e sgrondate il prezzemolo e la maggiorana  poi tritateli.
Private i funghi della parte terrosa, lavateli velocemente sotto l’acqua corrente, asciugateli con la carta da cucina e tagliateli a spicchi.
Scaldate tre cucchiai d’olio in una padella antiaderente poi unite lo spicchio d’aglio intero e i funghi, fateli rosolare  per qualche minuto, salate e pepate.
Continuate la cottura per dieci minuti poi unite il trito di prezzemolo e maggiorana e fate cuocere ancora per cinque minuti, spegnete il fuoco ed eliminato lo spicchio d'aglio.
Rompete le uova in una ciotola, aggiungete il latte, salate e sbattete velocemente il composto.
Togliete i funghi dalla padella, scaldatela e versate le uova sbattute.
Cuocete l’omelette con il coperchio finché i bordi cominceranno a rassodare.
Distribuite sopra i funghi e il taleggio, piegate l’omelette e proseguite la cottura finché il formaggio sarà tutto sciolto.
Servite subito.
Potete anche fare singole omelette anziché una unica come in questo caso.

sabato 7 ottobre 2023

Rondelle di frittata e tacchino

Un piatto semplice e versatile da consumare in tutte le stagioni sia come secondo piatto, sia come antipasto o finger food per un aperitivo.
Numerose sono le varianti che potete preparare, per esempio, alle uova potete aggiungere delle zucchine tritate o degli spinacini se volete che la vostra frittata abbia un bel colore verde, delle carote, se la volete arancione, della conserva (come in questo caso) se la volete rossa.
Per il ripieno potete sostituire il tacchino che ho usato, con qualunque altro tipo di affettato o di verdura se la volete vegetariana, ad esempio utilizzando dei peperoni grigliati.
Potete anche farla cuocere in forno anziché in padella. In questo caso mettete la carta da forno leggermente oliata nella pirofila e fate cuocere in forno preriscaldato a 180°C per 15 minuti.

LE IMMAGINI E I TESTI PUBBLICATI IN QUESTO SITO SONO DI PROPRIETA’ DELL’AUTORE E SONO PROTETTI DALLA LEGGE SUL DIRITTO D’AUTORE N. 633/1941 E SUCCESSIVE MODIFICHE. COPYRIGHT © 2010-2050. TUTTI I DIRITTI RISERVATI A IL POMODORO ROSSO DI MARIA ANTONIETTA GRASSI. VIETATA LA RIPRODUZIONE, ANCHE PARZIALE, DI TESTI O FOTO, SENZA AUTORIZZAZIONE.

Ingredienti per 12 rondelle alte circa 2 cm

3 uova di gallina

120 gr di formaggio cremoso spalmabile
100 gr di petto di tacchino affettato sottile
3 cucchiai di Parmigiano Reggiano grattugiato
1 cucchiaio di conserva
3 rametti di timo
Mezzo cucchiaio di erbette di Provenza (timo, maggiorana, basilico ecc.)
1 cucchiaio d’olio extravergine d’oliva
1 pizzico di sale fino

Procedimento

In una ciotola rompete le uova, unite gli aghetti del timo, la conserva, il Parmigiano, un pizzico di sale e sbattetele amalgamando bene tutto.



Scaldate l’olio in una padella antiaderente di 26 cm di diametro e versateci il composto di uova.
Fate cuocere da un lato poi girate la frittata e continuate la cottura dall’altro lato per due minuti.
Su di un ampio tagliere mettete un foglio di carta da forno e depositateci delicatamente la frittata per evitare di romperla.


Aiutandovi con la carta da forno arrotolatela e lasciatela così a raffreddare.


Nel frattempo, con l’aiuto di una forchetta, lavorate il formaggio per renderlo più cremoso e quindi facilmente spalmabile.
Quando la frittata si sarà raffreddata, srotolatela, spalmate in modo uniforme la crema di formaggio, spolverizzate con le erbette di Provenza e sovrapponete le fette di tacchino in modo da ricoprire tutta la crema di formaggio.



Formate un rotolo e chiudetelo nella carta da forno. Mettetelo in frigorifero per almeno due ore.





Al momento di servire tagliatelo a rondelle di circa due cm di altezza.
Accompagnate con dei pomodorini o un’insalata mista.