giovedì 28 dicembre 2023

Arrosto di vitello

Spesso sentiamo parlare di manzo e di vitello e ci chiediamo quali siano le differenze, facciamo quindi un po’ di chiarezza: l’animale è lo stesso, cioè il bovino.
La differenza che caratterizza la carne di vitello da quella di manzo è legata all’età.
Il vitello è un bovino, maschio o femmina di età compresa tra i sei e gli otto mesi.
Il manzo è un bovino di età non inferiore ai 24 mesi e non superiore ai 48, è un maschio castrato per favorire l’ingrassamento.
Il termina identifica anche il bovino femmina della stessa età ma che non abbia ancora partorito
Il vitello è nutrito esclusivamente con il latte, il manzo ha un’alimentazione ricca e sostanziosa a base di mangimi completi e complementari, bietole, cereali e leguminose.
Le differenze tra le due tipologie di carne saltano subito agli occhi: di un colore rosa tenue, molto magra e morbida quella del vitello, ideale per gli anziani, i bambini e tutti loro che necessitano di consumare carni magre e facilmente masticabili, di contro quella di manzo ha un colore rosso intenso e possiede abbondanti quantità di grasso intramuscolare.
Anche la carne di manzo è tenera, per via della castrazione, è più saporita di quella di vitello, contiene elevate quantità di ferro ed è quella più consumata in assoluto.
Il vitello, essendo magro e contenendo molta acqua, si presta per le cotture medio- lunghe come l’arrosto, il brasato, il vitello tonnato e si conferma un’ottima scelta per preparare cotolette, involtini, scaloppine, bistecche o spezzatini.
Il manzo è perfetto per le grigliate, le costate, i brasati, gli stufati e gli spezzatini che richiedono tempi lunghi di cottura e si rivela un’ottima scelta per la preparazione di ragù, polpette e polpettoni
Cruda è ideale per la preparazione di carpacci e tartare.

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Ingredienti per 4 persone:

1,3 kg di scamone di vitello

1 cipolla piccola bianca
1 carota
1 gambo di sedan0
1 bicchiere di vino bianco secco
5 gr di amido di mais
1 rametto di rosmarino
Qualche foglia di salvia
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale e pepe q.b.

Procedimento

Eliminate il grasso in eccesso dallo scamone, poi legatelo con lo spago da cucina per dare una forma regolare e far si che la mantenga in cottura.

Accendete il forno in modalità “statico” a 180°C.
In un’ampia padella scaldate 3 cucchiai di olio e fate rosolare la carne da tutti i lati facendo attenzione a non forarla.
Sfumate con il vino poi aggiungete il sedano, la carota e la cipolla tagliati a dadini, il rametto intero di rosmarino e le foglie di salvia spezzettate.
Salate e pepate.
Trasferite tutto in una casseruola adatta alla cottura al forno e infornate (forno già a temperatura) per 1 ora e mezza.
Girate ogni tanto l’arrosto e bagnatelo con il fondo di cottura.
A cottura ultimata sfornate l’arrosto, toglietelo dalla casseruola e copritelo con un foglio di alluminio tenendolo al caldo. Lasciatelo riposare per 15 minuti. Nel frattempo, togliete gli ortaggi dalla casseruola, metteteli in un colino fitto e schiacciateli in modo da far uscire tutti i succhi e versateli nel fondo di cottura, se ce ne fosse troppo poco aggiungete dell’acqua calda, fate amalgamare bene per 5 minuti, sciogliete l’amido in un cucchiaio d’acqua fredda e aggiungetelo al fondo di cottura, fatelo addensare fino ad ottenere una salsa e servitela con l’arrosto.

 

 

 

venerdì 15 dicembre 2023

Carciofi alla giudìa

I carciofi alla giudía (giudea) sono un tipico piatto della cucina ebraico-romanesca particolarmente amato a Roma e in tutto il Lazio. La ricetta originale consiste, fondamentalmente, in una frittura particolare di carciofi che devono essere rigorosamente i carciofi cimaroli (detti anche mammole) che sono i migliori della varietà "romanesco" coltivata fra Ladispoli e Civitavecchia.
Questo tipo di carciofo risulta essere tondo, particolarmente tenero e, soprattutto, privo di spine. Grazie a quest'ultima caratteristica i carciofi alla giudía, una volta cotti, possono essere consumati integralmente senza scartare nulla.
Hanno un’origine molto antica, visto che vengono citati anche in ricettari e memorie del XVI secolo. Si tratta infatti di un piatto di derivazione romana, nato più precisamente nel ghetto ebraico della capitale nel 1555.
Durante quell’anno, il Papa Paolo IV impose pesanti limitazioni e obblighi nei confronti di tutti gli ebrei, tra cui il divieto di possedere beni immobili e l’obbligo di portare un distintivo giallo, come una sorta di segno di riconoscimento. Di conseguenza, tutte le persone che professavano la religione ebraica si trovarono costrette a essere identificate a colpo d’occhio e a vivere separate dagli altri, ritrovandosi così a concentrarsi tutti in una stessa zona.
È così che nasce il ghetto ebreo di Roma, ed è proprio in questo luogo che si sviluppò, frittura dopo frittura, la ricetta dei carciofi alla giudìa.
Questa è la teoria più accreditata per dare un’origine a questo piatto, ma in realtà non è sicuro che sia nato proprio in queste circostanze. Alcuni sostengono, invece, che vengono chiamati “alla giudìa” perché erano uno dei piatti presenti sulle tavole imbandite dalle massaie ebraiche alla fine dello YomKippur, il giorno della “festa dell’espiazione ebraica” durante cui toccare cibo è severamente proibito.
Altri ancora credono, invece, che questo sia uno dei piatti tipici che si mettono a tavola per festeggiare la Pasqua ebraica, chiamata più propriamente Pesach. Questa teoria è più accreditata di quella che vuole i carciofi alla giudea come piatto tipico del giorno dell’espiazione, perché avrebbe più senso a livello di stagionalità. Il Pesach, infatti, cade in primavera, momento dell’anno in cui si è in pieno periodo per la raccolta dei carciofi, che sono “di stagione” tra marzo e giugno. Il giorno dell’espiazione, invece, è una ricorrenza che cade in autunno, più precisamente tra settembre e ottobre. E in quel periodo dell’anno, i carciofi non ci sono più.
Un’ultima teoria, invece, sostiene che il termine “carciofi alla giudia” è nato a causa dei continui spostamenti delle comunità ebraiche, che di luogo in luogo adattavano la propria cucina in base agli ingredienti e alle materie prime che trovavano, ma sempre modellandola secondo i principi Kosher che distinguono ciò che si può da ciò che non si può mangiare. Di base gli ebrei erano un popolo nomade, e ovunque sono arrivati hanno integrato gli ingredienti del posto alla loro cucina: secondo questo ideale, è ciò che è successo con i carciofi fritti.
Considerando che la frittura è da sempre parte fondamentale della cucina ebraica, poi, non è da escludere che i carciofi alla giudia vengano chiamati così semplicemente perché vanno fritti.

Fonte: Emotions

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Ingredienti per 4 persone:

8 carciofi romani (mammole) di taglia media

1 limone
Olio extravergine q.b.
Sale e pepe q.b.

Procedimento

Spremete il limone in una ciotola piena d’acqua, private i carciofi delle brattee (foglie) esterne fino a scoprire quelle tenere, spuntateli e accorciate i gambi, lasciandone 3 o 4 cm e raschiateli leggermente, immergeteli via via nell’acqua acidulata.

Dopo dieci minuti, prendeteli per il gambo e premeteli capovolti sul piano di lavoro per facilitare la fuoriuscita dell’acqua dagli interstizi: poggiateli, sempre capovolti, su di un canovaccio e lasciateli sgocciolare dieci minuti.
Conditeli con sale e pepe, accomodateli capovolti, il gambo in alto, in una teglia profonda e versate l’olio (tradizionalmente d’oliva ma a discrezione anche da frittura) sin quasi a coprirli quasi del tutto.
Accendete il fuoco, mantenete un calore moderato per dieci minuti, dopodiché alzate la fiamma al massimo e, con l’ausilio di una spatola, con cautela, comprimete i carciofi sul fondo del recipiente, in modo che prendano la forma di un largo fiore schiacciato con le foglie incurvate all’esterno.
La cottura durerà circa 30 minuti, quindi prelevateli con la spatola forata, sgocciolateli e depositateli su di una carta assorbente da cucina: serviteli caldissimi dopo aver verificato sale e pepe.  

 

 

lunedì 4 dicembre 2023

Insalata invernale

Oggi l'arancio è l'agrume più diffuso nel mondo e se ne coltivano centinaia di varietà. Alcuni frutti sono a polpa bionda (ovale, biondo comune, navelina, washington navel, ecc.), altri a polpa rossa per via dei pigmenti antocianici in essi contenuti (moro, tarocco, sanguinello), alcuni più grandi e più belli, altri di aspetto più modesto e dalla buccia più sottile, ma più succosi e dunque adatti per spremute. Solo in Italia più di venti varietà vengono coltivate come frutta da tavola e altrettante per spremuta. Le arance dolci non vengono consumate solo come frutta fresca ma, soprattutto nel caso di quelle a polpa bionda, vengono utilizzate per la produzione di succhi (durante la lavorazione delle quali la buccia, preventivamente separata dal resto del frutto, viene sfruttata per estrarne l'olio essenziale in essa contenuto) e, in misura minore, per la produzione di canditi e frutta essiccata. La maggior parte della vitamina C e delle proprietà benefiche dell'arancia si trovano nell'albedo (la parte bianca e spugnosa). Il succo d'arancia ne contiene infatti solo il 25%.
Il kiwi è originario della Cina, già dai primi del’900 fu importato in altri continenti.  Nel nostro paese arrivò solo alla fine del ventesimo secolo, ma ebbe subito un grande successo, attualmente è coltivato prevalentemente in Veneto, Piemonte e Lazio. Insieme con la Nuova Zelanda e la Cina, l’Italia risulta essere tra i primi produttori ed esportatori mondiali. Esistono diverse varietà di kiwi, con colori e forme diverse: da noi, le due varietà più conosciute e commercializzate sono il kiwi verde e il kiwi oro. Entrambi hanno la forma di un tubero, e al centro del frutto contengono numerosi piccoli semi di colore nero.
Questo delizioso frutto è ricco d’antiossidanti, fibre, sali minerali e vitamine. Per la notevole quantità di fibre in esso contenute, il suo consumo ha effetti lassativi; pertanto, è sconsigliato a chi soffre di colon irritabile o di diverticoli.


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Ingredienti per 4 persone:

2 etti d’insalatina

2 arance
3 kiwi
2 pere bio
8 noci
Semi di sesamo bianco q.b.
Succo di limone
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale fino q.b.

Procedimento

Lavate e sgrondate l’insalatina.

Sbucciate le arance a pelatele a vivo, staccate gli spicchi ed eliminate completamente la pellicina.
Pelate i kiwi, divideteli a metà e poi a rondelle non troppo sottili.
Lavate le pere, dividetele a metà, eliminate i semi e tagliatele a tocchetti, irrorateli con il succo del limone per evitare che anneriscano.
Sgusciate le noci e dividete a metà i gherigli.
Dividete tutti gli ingredienti in quattro piatti individuali, distribuite sopra i semi di sesamo, il sale e irrorate con l’olio.
Servite subito.