giovedì 25 giugno 2020

Aspic di pollo e ortaggi

L’aspic è una celebre ricetta  originaria della cucina francese molto conosciuta e apprezzata anche in altri paesi come Austria, Germania, Finlandia, Croazia e Russia. E’  un preparato culinario da consumarsi tipicamente nelle grandi occasioni come capodanno o in tarda primavera o estate. Gli ingredienti possono essere i più svariati (pezzetti di carne, frutta, verdura, giardiniera, salumi, pesce, latticini) ma il componente essenziale è il brodo  leggero e sgrassato.
La preparazione avviene ponendo gli ingredienti desiderati in un recipiente idoneo a conferire alla composizione da portare in tavola una forma solitamente  a tronco di cono arrotondato ma ormai lo ai prepara Anche in altre forme come in questo caso.. Si ricoprono quindi con il brodo amalgamato con gelatina  (o altri addensanti) e si pone il tutto in frigorifero finché il brodo non si è rassodato e il piatto non ha assunto un aspetto gelatinoso. Si capovolge quindi il recipiente in un piatto di portata e si serve in tavola, eventualmente con una guarnizione a piacere. A Milano prende il nome di Marbré (marmorizzato) in francese.
La sua storia ha origini in Francia a inizio Ottocento anche se in realtà ricette di carne in gelatina erano già diffuse durante il Medioevo come testimonia la citazione nel Viander, ricettario del XIV secolo ma l’aspic così come lo conosciamo e come si è diffuso lo dobbiamo a Marie Antoine Carême, chef de cuisine di Napoleone Bonaparte che creò lo chaud-froid (caldo-freddo) una pietanza a base di carne o pesce che veniva irrorata con una salsa calda e lasciate raffreddare. Seguendo lo stesso procedimento ma utilizzando del brodo addensato realizzò l’aspic, allo scopo di migliorare il sapore e la conservabilità al pesce freddo e al pollame.  
I francesi probabilmente gli diedero questo nome dal latino aspis (vipera) per la sua temperatura fredda che ricordava quella dei rettili.



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Ingredienti per 4 persone

400 gr di petto di pollo
1 carota
1 zucchina
1 peperone rosso
150 gr di fagiolini
150 gr di piselli in scatola
2 cucchiai di succo di limone
3 fogli di gelatina
Sale q.b.

Procedimento
Pulite tutti gli ortaggi  e fateli cuocere in acqua salata calcolando le diverse cotture. Scolateli al dente, Scottate per 5  minuti, nella stessa acqua le falde del peperone. Fate raffreddare, tagliate tutto a cubetti, mettete  in una ciotola e mischiate.
Lessate il petto di pollo, sciolatelo e lasciatelo raffreddare. Filtrate il brodo e tenete da parte.
Fate ammorbidire la gelatina in acqua fredda per 15 minuti e nel frattempo tagliate il pollo a pezzetti.
Preparate la gelatina portando a ebollizione ½ litro del brodo di pollo e, via dal fuoco,fatevi sciogliere la gelatina ben strizzata, unite il succo di limone e lasciatela intiepidire.
Versate uno strato di gelatina sul fondo di uno stampo e mettete in frigorifero a rassodare per 10 minuti.
Riprendete lo stampo fate uno strato con gli ortaggi, mettete sopra  il pollo e versate la gelatina rimanente facendo in modo che copra bene il tutto.
Coprite con pellicola da cucina e mettete in frigorifero per almeno 2 ore.
Al momento di servire immergete un attimo lo stampo in acqua calda, sformate capovolgendo su un piatto da portata e servite .


domenica 21 giugno 2020

Confettura extra di ciliegie e zucchero di canna


La pianta delle ciliegie appartiene alla famiglia delle Rosacee ed è conosciuta con il nome di ciliegio  o Prunus avium: è presente nella zona mediterranea da circa 3.000 anni. E' difficile stabilire con certezza il paese d'origine, le prime notizie in merito arrivano dall'Egitto, ma si ritiene che l'origine possa essere asiatica.
Il ciliegio fiorisce in primavera e spuntano contemporaneamente sia i fiori che le foglie. Le ciliegie si dividono in due gruppi dolci ed acide: quelle dolci, a loro volta, si dividono in duracine e tenerine, quelle acide si dividono in visciole, amarene e marasche. Il periodo di maturazione varia da maggio a giugno a seconda del tipo di ciliegia.
Le ciliegie sono composta prevalentemente di acqua (circa l'80%), proteine, zuccheri,vitamina C e A, ferro, potassio,calcio,fosforo, sodio e magnesio. Da sottolineare uno zucchero, il levulosio, che non ha controindicazione per i diabetici. Contengono anche molti flavonoidi che servono a contrastare i radicali liberi. Possiedono, inoltre, proprietà depurative, disintossicanti, diuretiche e lassative.
Sentiamo spesso parlare di marmellate, confetture e composte, ma in che cosa si differenziano?
La marmellata è un prodotto fatto di zucchero e agrumi (arancia, mandarino, limone, cedro, bergamotto, pompelmo) in cui la percentuale di frutta sia almeno il 20%. Le parti di agrumi utilizzabili sono polpa, purea, succo, estratti acquosi e scorza.
La confettura è un   prodotto contenente zucchero e polpa (o purea) di tutti gli altri tipi di frutta. La percentuale di frutta non è in generale inferiore al 35% (con differenze anche notevoli a seconda del frutto usato), ma sale al 45% nel caso della “confettura extra“.
La composta. In questo caso si ritiene che la percentuale di frutta non debba essere inferiore ai due terzi. Nella composta lo zucchero aggiunto è sensibilmente minore, così come il conseguente apporto calorico.
Le confetture, come le marmellate e le composte, sono semplicissime da preparare, ma bisogna porre molta attenzione ai contenitori che devono essere sempre ben lavati con acqua bollente e sterilizzati prima dell’utilizzo; i coperchi devono essere nuovi per garantire la chiusura ermetica.

Per sterilizzarli potete utilizzare vari metodi, personalmente utilizzo il seguente:
Lavo  i vasetti e i coperchi con acqua calda e detersivo, li sciacquo molto bene sempre con l’acqua calda e li asciugo.
Accendo il forno a 120 gradi (non di più perché si rischia di rompere il vetro), quando la temperatura è raggiunta  posiziono i vasetti e i coperchi assicurandomi che non si tocchino. Spengo il forno e li lascio lì per 20/25 minuti. Trascorso il tempo, li tolgo usando i guanti e invaso la confettura caldissima, poi chiudo ermeticamente e lascio raffreddare su dei sottopentola. Lo sbalzo di temperatura potrebbe far rompere i vasetti.




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Ingredienti per 5/6 vasetti da 250 gr tipo Bormioli

2 kg di ciliegie
900 kg di zucchero di canna grezzo
1 limone bio (succo e buccia)

Procedimento

Lavate rapidamente e con molta delicatezza le ciliegie.
Asportate i piccioli e i noccioli.
Mettetele in una  pentola d’acciaio (non usate mai l’alluminio per preparare composte, marmellate o altri alimenti da conservare) e versateci sopra lo zucchero, il succo del limone e la scorza tagliata sottile o se preferite grattugiatela (solo la parte gialla non tagliate anche la parte bianca, detto albedo, che renderebbe amara la confettura).
Mescolate e lasciate macerare  per una un’ora, coperto.
Ponete sul fuoco basso e fate bollire, molto adagio, schiumando e mescolando spesso, poiché è facile che la confettura si attacchi sul fondo.


Quando la confettura sarà addensata e ben legata (occorreranno circa 30/40 minuti , dipende se i frutti sono molto acquosi oppure no), toglietela dal fuoco e versatela a caldo nei vasi e chiudeteli subito ermeticamente.
In questo modo i frutti rimangono a pezzetti e quindi ben visibili , se invece amate le confetture più uniformi frullate con un mixer 1 minuto prima di spegnere e invasare.
Lasciate raffreddare e poi riponete in luogo fresco, asciutto e oscuro.
Non consumate prima di 20 giorni.



venerdì 19 giugno 2020

Toast alla boscaiola

Frutto tipico del sottobosco, il mirtillo ha tradizioni antichissime e viene utilizzato per curare diverse patologie. I mirtilli generalmente crescono nelle zone montane (sulle Alpi e gli Appennini), nei boschi e trovano la loro maggiore diffusione sui terreni ricchi di humus. Si presentano come dei piccoli arbusti, alti circa 60 cm. La loro fioritura avviene in primavera e si distinguono in tre differenti specie: mirtillo nero, rosso e blu. Secondo alcune recenti ricerche effettuate negli Stati Uniti, queste piccole bacche, sarebbero dotate di un enorme quantitativo di sostanze antiossidanti, in grado quindi di prevenire patologie cardiovascolari, proteggere dai tumori e addirittura ritardare il naturale processo di invecchiamento. Dunque hanno un duplice scopo: da una parte rappresentano una fonte di alimento, dall’altra vengono utilizzate come medicamento
Il mirtillo nero è quello maggiormente ricco di principi salutari. Infatti contiene zuccheri e molti acidi, in particolare l’acido citrico (che protegge le cellule) ma anche l’acido ossalico, l’idrocinnamico e il gamma-linolenico. L’acido ossalico è quello che conferisce il classico sapore asprigno del frutto; l’acido idrocinnamico è molto efficace perché è in grado di neutralizzare le nitrosammine cancerogene (prodotte nell’apparato digerente in conseguenza dell’ingestione di nitrati); l’acido gamma-linolenico invece è molto utile al sistema nervoso perché previene la nefropatia diabetica. Ma non è tutto: il mirtillo nero è particolarmente ricco di acido folico (una vitamina molto importante per le varie numerose funzioni che svolge) e contiene tannini e glucosidi antocianici, i quali oltre a dare al frutto il suo caratteristico colore, riducono la permeabilità dei capillari e ne rafforzano la struttura. Le antocianine infine, presenti in grandi quantità, rafforzano il tessuto connettivo che sostiene i vasi sanguigni e ne migliorano l’elasticità ed il tono. Riescono in tal modo a svolgere un’azione antiemorragica nonché contro i radicali liberi. Tutte questa sostanze poi favoriscono e aumentano la velocità di rigenerazione della porpora retinica, migliorando la vista specialmente la sera, quando c’è poca luce.




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Ingredienti per 4 persone

50 gr di mirtilli
30 gr di  more
8 fette di pane ai cereali
150 gr di Fontina
8 fette di prosciutto cotto

Procedimento

Tagliate la fontina in fette sottili.
Lavate e asciugate delicatamente i frutti di bosco.
Stendete metà del formaggio su 4   fette di pane e distribuite metà dei frutti di bosco.
Coprite con le fette di prosciutto e sovrapponete i frutti di bosco restanti.
Mettete il resto del formaggio e chiudete la con le restanti fette di pane.
Inserite nel tostapane e fate tostare per 3 massimo 4 minuti.
Servite accompagnando con succo di lamponi.



lunedì 15 giugno 2020

Penne rigate al pesto di peperoni e Formaggio di Fossa

Per la preparazione di questa ricetta ho utilizzato un’eccellenza italiana:il Formaggio vaccino di Fossa di Sogliano DOP.
Prodotto in Emilia Romagna a Sogliano al Rubicone si caratterizza per  un gusto aromatico e sapore fragrante, leggero e gradevole, con un odore intenso e persistente, ottimo al taglio,  si sposa perfettamente con diversi tipi d’ingredienti. Ottenuto con latte vaccino  100% italiano viene stagionato per tre mesi, avvolto nella paglia, in tipiche fosse di forma ovale, scavate nella roccia. La tecnica di stagionatura del formaggio nelle fosse ha origine molto antica. Questo tipo di formaggio è nominato in due inventari del 1497 e del 1498. Da entrambi i documenti si evince che la fossa di tufo aveva un duplice utilizzo: in autunno era il luogo di conservazione del formaggio e in tempi diversi dell'anno serviva ad immagazzinare il grano per preservarlo dalle razzie dei soldati. Il produttore di formaggio affittava la fossa per il tempo che era necessario alla stagionatura, tre mesi o al massimo 100 giorni. Il formaggio veniva posto, come tutt'oggi avviene, in sacchetti di tela, coperti di paglia di fieno, per isolare il formaggio dall'aria.
Il periodo tradizionale di infossatura era fine agosto-settembre; la riapertura delle fosse avveniva il 25 novembre, giorno di Santa Caterina.
Ed infine ho aggiunto il tocco raffinato dell’olio extravergine prodotto dalla Cooperativa San Marzano di  San Marzano di San Giuseppe (TA). Alla vista si presenta di colore verde brillante con riflessi dorati, l’aroma che sprigiona ha un’elegante carica fruttata. Si ottiene mediante la spremitura fredda delle olive.
Tutte e due le Cooperative aderiscono al circuito Qui da Noi- Cooperative Agricole - Confcooperative


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Ingredienti per 4 persone:


320 gr di penne rigate
1 peperone rosso
1 peperone giallo
2 fette di melanzane per guarnire
Una decina di pomodori secchi sott’olio
40 gr di nocciole tostate senza guscio
20 foglie di basilico
Sale q.b.

Procedimento

Arrostite i peperoni sulla griglia o al forno e spellateli.
Lavate e sgrondate il basilico.
Tagliate a pezzi il formaggio.
Sgusciate e tostate le nocciole.
Mettete tutti gli ingredienti compresi i pomodorini nel mixer, aggiungete 4 cucchiai d’olio e frullate.
Quando il composto sarà omogeneo mettetelo in una ciotola o in un barattolo di vetro, salate e aggiungete tanto olio quanto basta per renderlo liscio e cremoso.
Tagliate le fette di melanzane  striscioline, salatele e fatele friggere in una padella con un pochino d’olio e tenetele da parte.
Cuocete la pasta in abbondante acqua bollente e salata, scolatela al dente  e lasciatela un pochino umida, condite con il pesto di peperoni.
Dividetela nei piatti o se preferite mettetela in un unico piatto da portata,guarnite con le striscioline di melanzane, una grattata di Formaggio di Fossa e un paio di foglie di basilico. Servite subito.
 Se vi avanza del pesto mettetelo in un barattolo, ricopritelo con un filo d’olio e chiudete ermeticamente. Si manterrà per un paio di giorni in frigorifero.



sabato 13 giugno 2020

Scaldatelli pizzaioli e Talò Primitivo di Manduria D.O.C.

I taralli pugliesi o la versione più grande come gli scaldatelli  sono un delizioso snack preparati con ingredienti semplici come farina, olio extravergine d’oliva,vino, sale.
Esistono diverse varianti, con il finocchio, con il peperoncino ecc., piccoli o più grandi o più allungati come questi.
Ottimi consumati da soli, ben si sposano con formaggi a pasta dura, salumi e un buon bicchiere di vino rosso come il Talò Primitivo di Manduria D.O.C. delle Cantine San Marzano di San Marzano (TA)
San Marzano è un piccolo paese nel centro della doc Primitivo di Manduria, una striscia di terra baciata da due mari nel Salento, lo Ionio e l’Adriatico. Nel 1962 la doc non è ancora nata, il Primitivo di Manduria è ben lontano dall’essere quel vino di culto, qual è diventato per gli amanti del vino. Eppure 19 vignaioli si uniscono in cooperativa per seguire un sogno e fondano le Cantine San Marzano.
Nel 1982 viene nominato presidente del C.d.A. Francesco Cavallo, personalità vulcanica e visionaria, che continua a sognare il futuro e sorvegliare il presente della cantina. Ininterrottamente fino a nostri giorni è il vero timoniere di questa realtà.
Nel 1996 le prime bottiglie escono finalmente dalla cantina grazie ad un moderno impianto d’imbottigliamento acquistato con l’impegno dei soci. Tale impegno segna il passaggio dalla commidity al brand, dall’economia dello sfuso al rapporto diretto con il consumatore finale.
A San Marzano i viticoltori si prendono cura della loro piccola vigna come si fa con un giardino. Le loro storie sono tante, così come i nomi delle loro famiglie.
Ne abbiamo scelto uno, Talò, per ringraziarli idealmente: famiglia per famiglia, storia per storia.
Talò nasce dal vitigno Primitivo a San Marzano nel Salento, Puglia a circa 100 metri sul livello del mare in un terreno a medio impasto argilloso, poco profondo e con buona presenza di scheletro .
Lo si vendemmia nella seconda settimana di settembre e la vinificazione avviene tramite macerazione termo-regolata di circa 10 giorni seguita da fermentazione alcolica con lieviti selezionati.
Viene poi affinato in barrique di rovere francese -americano per 6 mesi.
Colore rosso rubino arricchito da riflessi violacei; profumo opulento che rimanda alle ciliegie mature e alla prugna, con gradevoli note di cacao e vaniglia.
Vino di struttura notevole, ammorbidito dal suadente calore del Primitivo, che termina in note di lunga dolcezza.
Abbinamenti ideali: primi piatti robusti, carni d’agnello, cacciagione con salse elaborate e formaggi a pasta dura.
Servire a : 16-18°C


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Ingredienti per 4 persone:

500 gr di farina 00
100 ml di acqua
125 ml di vino bianco
150 ml di olio extravergine d’oliva
2 cucchiai di conserva di pomodoro
Origano q.b.
1 cucchiaino pieno di  sale fino

Da abbinare:

Procedimento

In una ciotola versate la farina, aggiungete un cucchiaino di sale fino  e  miscelate .
Versate un po’ alla volta l'olio e amalgamatelo alla farina.
Unite anche il vino e l’acqua  e inglobate all’impasto.
Aggiungete la conserva, il sale e l’origano e continuate ad inglobare.
Versate l’impasto su di una spianatoia infarinata e lavoratelo fino a renderlo compatto e omogeneo. 
Rimettetelo nella ciotola, coprite con la pellicola per alimenti e mettete in frigorifero per un’ora.
Trascorso il tempo togliete l’impasto dal frigo, mettetelo sulla spianatoia e prelevate delle piccole fette.
Arrotolatele fino a dare la forma di un piccolo bastoncino di circa 25 cm. e dello spessore di un mignolo. Formate delle ciambelle doppie e chiudetele con la pressione di un dito
Quando avrete ultimato tutto l’impasto scaldate dell’acqua leggermente salata in una casseruola, quando prenderà l’ebollizione gettateci dentro gli scaldatelli (pochi alla volta per non abbassare troppo la temperatura) e mantenete sempre il fuoco alto.
Quando verranno a galla scolateli con una schiumarola e metteteli ad asciugare su un foglio di carta da forno deposto sopra la leccarda.
Lasciate riposare ed asciugare per almeno 4 ore , l’ideale sarebbe tutta la notte così rimangono più fragranti.
Accendete il forno statico a 200°C e quando arriva a temperatura infornate gli scaldatelli e fate cuocere per circa 30 minuti. Dovranno risultare dorati non bruni.
Spegnete il forno , lasciateli all’interno ancora per 5 minuti poi est rateli e fateli raffreddare e consolidare.
Servite con un buon formaggio a pasta dura e/o con degli affettati e abbinate un buon bicchiere di vino Talò Primitivo di Manduria D.O.C. San Marzano.

mercoledì 10 giugno 2020

Sformato di patate prosciutto e Casciotta d’Urbino.

La Casciotta d’Urbino D.O.P. è un formaggio che ha origini antichissime. Il suo nome deriva da un errore di trascrizione di un impiegato che scambio la “c” in “sc” pronuncia dialettale della “c” tipica dell’area marchigiana.
L’area di produzione della “Casciotta d’Urbino” coincide con l’intera provincia di Pesaro-Urbino. Una zona fondamentale per il pascolo intensivo, caratterizzata da particolari erbe montane, da una flora ricca e variata, da una ricchezza di terreni erbosi a base di graminacee, che fornisce l’alimentazione delle pecore e delle mucche.
Nasce dalle stesse colline che abbracciano il Montefeltro, in quella culla del Rinascimento che ha nutrito la sapienza artigiana, artistica e contadina. Sapori e saperi che testimoniano come la Cultura nasca dal rapporto con la terra, la Cultura si coltiva (non a caso Cultura deriva da còlere-coltivare) L’ispirazione è nelle cose, nei paesaggi, nei sapori.
Tra gli estimatori più famosi di questo formaggio troviamo Michelangelo Buonarroti come testimonia un carteggio con l’amico Francesco Amatori di Casteldurante (attuale Urbinia) dove si citano le Casciotte prodotte per la mensa dell’illustre artista. Egli amava a tal punto questo formaggio da affittare una serie di poderi nel territorio durantino, allo scopo di garantirsi un continuo rifornimento.
Questo delizioso formaggio ha forma cilindrica a scalzo basso con facce arrotondate e un diametro tra i 12 e i16 cm e pesa dagli 800 ai 1200 grammi circa. Il colore della pasta è bianco paglierino e la struttura molle e friabile caratterizzata da lieve occhieggia tura. La crosta  paglierina è sottile (circa 1 mm).
Il sapore è dolce, caratteristico della miscela del latte di provenienza (3 parti di ovino e 1 parte di vaccino) e della breve stagionatura di circa 15/20 giorni. Essendo una D.O.P. dal 1996(Denominazione di Origine Protetta),  deve essere munito del contrassegno indicato nel decreto di riconoscimento, a garanzia delle rispondenza del prodotto alle specifiche normative.
La Casciotta d’Urbino va consumata fresca e una volta tagliata va protetta con la pellicola trasparente e conservata in frigo (4/8°C) per qualche giorno. Se usato come formaggio da tavola, prima di consumarlo, si consiglia di lasciarlo almeno un’ora a temperatura ambiente.
La “Casciotta d’Urbino che utilizzato per questa ricetta è stata prodotta dalla Cooperativa Agricola TreValli Cooperlat che aderisce al progetto “Qui da Noi” di Confcooperative.


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Ingredienti per 4/5 persone:



1 kg di patate
150 gr di prosciutto cotto a cubetti
2 cipolle bianche medie
125 gr di panna da cucina
300  gr di Casciotta d’Urbino
30 ml di vino bianco secco
Olio extravergine d’oliva q.b.
Burro per la pirofila
Sale q.b.

Procedimento
Lavate le patate sotto l’acqua corrente e mettetele in una pentola. Copritele con l’acqua fredda, salate, portate ad ebollizione e fate cuocere per 20 minuti. Scolate e lasciate raffreddare.
Pulite le cipolle e tagliatele a fettine sottili (alla veneziana).
In una padella scaldate 3 cucchiai d’olio e fate rosolare le cipolle, quando saranno rosolate (attenzione, non bruciate), aggiungete i cubetti di prosciutto cotto,  e continuate la cottura per 5 minuti.
Pelate le patate  e tagliatele a rondelle non troppo spesse.
Imburrate la pirofila e disponete metà delle fette di patate, ricopritele con metà del soffritto di cipolla e prosciutto cotto.
Fate un altro strato con gli ingredienti rimanenti.
Versate la panna sulla  superficie.
Tagliate a fette abbastanza spesse la Casciotta d’Urbino e adagiatela sulla tartiflette.
Irrorate con il vino bianco e infornate ( forno già caldo a 200°C) per 20 minuti.
Sfornate e servite subito.





 


martedì 9 giugno 2020

Schiscetta con frittata, pomodori e peperoni


La parola schiscetta è un vocabolo dialettale lombardo che si riferiva originariamente al contenitore impiegato per il trasporto di vivande e usato tipicamente da operai e studenti.
Deve il suo nome al verbo schiacciare , schiscià in milanese, perché il cibo veniva schiacciato nel contenitore.
La schiscetta è stata prodotta in tantissime versioni, la più nota è la “La 2000” progettata specificamente per operai e studenti da Renato Caimi e prodotta industrialmente a partire dal 1952 in società con il fratello Mario dalla dirtta Pentolux di Nova Milanese.
A Milano e in Lombardia, questo modello di contenitore, è considerata un’icona del boom economico e il modello “La 2000” è esposto permanentemente al museo del design della Triennale presso la Villa Reale di Monza, è stata celebrata sa Assolombarda nel Gennaio del 2018 ed il brevetto originale è stato esposto a Roma presso l’Ara Pacis.
Tuttora il termine è utilizzato per descrivere l’azione di portare il cibo sul luogo di lavoro, studio o altro.



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Ingredienti per 1 persona

Per la frittata
2 uova
Una falda di peperone giallo
5 pomodorini Pachino tipo datterino
Una decina di foglie di basilico
2 cucchiai di mais per impanature (o di pangrattato)
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale e pepe q.b.

Per il contorno
Una decina di pomodorini rossi verdi e gialli
30 g di rucola
1 cucchiaino di semi di girasole 
1cucchiaino di semi di lino
Olio extravergine d’oliva q.b.
Aceto di mele q.b.
Sale q.b.

Procedimento

Frittata
Lavate i pomodorini , tagliateli a metà.
Tagliate a dadini la falda di peperone
Lavate e sgrondate il basilico.
In una ciotola sbattete leggermente le uova , aggiungete il mais, salate e amalgamate tutto.
Oliate una pirofila da forno distribuite i pomodorini, il peperone e il basilico, salate e versate sopra il composto di uova e pangrattato.
Infornate (forno già a temperatura di 180°C)  per 30/35 minuti.
Sfornate, lasciate raffreddare e mettetela in un contenitore da asporto.

Per il contorno
Lavate e sgrondate la rucola, mettetela nel contenitore da asporto, unite i pomodorini tagliati a metà e i semi.
Al momento  del consumo condite con olio, aceto e sale.