martedì 5 settembre 2023

Dal grappolo al vino



LE IMMAGINI E I TESTI PUBBLICATI IN QUESTO SITO SONO DI PROPRIETA’ DELL’AUTORE E SONO PROTETTI DALLA LEGGE SUL DIRITTO D’AUTORE N. 633/1941 E SUCCESSIVE MODIFICHE. COPYRIGHT © 2010-2050. TUTTI I DIRITTI RISERVATI A IL POMODORO ROSSO DI MARIA ANTONIETTA GRASSI. VIETATA LA RIPRODUZIONE, ANCHE PARZIALE, DI TESTI O FOTO, SENZA AUTORIZZAZIONE.


Vino deriva dalla parola sanscrita “vena” formata dalla radice ven (amare), la stessa della parola Venus, Venere. Il vino è dunque, da sempre, legato all’amore, alla convivialità, alla gioia di vivere, alla cristianità, parte integrante del rito della Messa. Esso rilassa il corpo e la mente, ci inebria e ci predispone allo scambio con l’altro.
L’origine del vino si perde nella notte dei tempi ed è un po’ la storia dell’umanità, c’è chi, addirittura, fa risalire l’origine della vite sino ad Adamo ed Eva, ipotizzando che il frutto proibito del Paradiso terrestre non fosse la mela ma l’uva: la Bibbia, nella Genesi, ci racconta che Noè salvò la vite dal diluvio universale portandola al sicuro sulla sua arca e che, terminato il diluvio, la piantò ottenendo una vigna e si ubriacò del suo vino.
Il Piemonte è terra di nobili vini su cui sono stati scritti trattati ed enciclopedie: ad essi sono stati dedicati musei, itinerari, scuole di alta specializzazione e quant’altro.
Quando si pensa ai pregiati vini piemontesi non si può fare a meno di pensare alle colline su cui crescono vigneti stupendi, con i tipici caldi colori autunnali, non solo belli da vedere per le loro armoniose geometrie, ma oggi ancor più importanti per un’economia agricola sempre più radicata ed efficace.


Ogni grappolo racconta il miracolo delle stagioni, del sole, della pioggia, di un lavoro che ha mille sfumature da percepire. Questa è la fantastica magia di un popolo di lavoratori che ha fatto di quel vino un miracolo, un miracolo che vede nella vendemmia la sua sublimazione quando il grappolo abbandona la vigna e va a riposare nel legno. Nel riposo si determinerà la grande annata che arriva da una terra speciale dove un gruppo di agricoltori, lavorando insieme, hanno dato dignità al vino. Questa piccola storia, quasi una favola, ha fatto si che molti agricoltori del passato non abbandonassero il loro podere, quella grande idea, quell’attaccamento al territorio, ha garantito il decoro, ha dato lustro e grandezza al lavoro di questi campi e di queste colline. Oggi quelle uve, quel vino sono diventati un simbolo dell’Italianità nel mondo e quella cantina un punto di riferimento culturale per un piccolo mondo antico che conserva gelosamente il passato e dona alla modernità un emblema.
A inizio ottobre, quando gli acini sono gonfi e dolci, inizia un rito molto importante, che ha un fascino arcaico e magico: la vendemmia.
Inizia così la trasformazione dell’uva che diventerà quel nettare che tutti conosciamo con il nome di vino.


I grappoli vanno raccolti manualmente prestando molta attenzione al trasporto: l’uva deve arrivare integra e asciutta per poter poi procedere immediatamente alla “
diraspatura” (separare l’uva dai raspi) e alla pigiatura.


Incomincia quindi la
fermentazione, cioè quel processo che porterà l’uva a trasformarsi in vino.


Antico spremi grappoli


Mosto
La vinificazione avviene grazie ai lieviti che si trovano sulle bucce degli acini e che trasformano gli zuccheri dell’uva in alcol etilico (fermentazione alcolica) e, spesso, per ottenere dei vini di alta qualità, sono aggiunti al mosto dei lieviti selezionati.

Ogni tipologia di vino (rosso, bianco, rosato) seguirà un suo percorso di vinificazione, vediamo in cosa consiste:

 

Vinificazione in rosso

Il processo della vinificazione in rosso inizia togliendo subito il raspo per evitare che trasmettano troppi tannini che diluirebbero il colore, al contrario, a questo scopo, sono lasciati le bucce e i semi (vinaccioli) che donano al vino il colore rosso. Più tempo le bucce restano a contatto con il mosto, più forte sarà l’intensità del colore. Di solito questo tempo oscilla tra i 4/5 giorni per i rossi più leggeri, fino ad arrivare a un massimo di un mese per i grandi rossi (Barolo, Brunello, Barbaresco) ricchi di tannini, da far invecchiare.

Concluso questo processo, seguito scrupolosamente con continui rimontaggi, cioè con apporti di ossigeno al mosto per consentire ai lieviti di moltiplicarsi e impedire così arresti di fermentazione, si procede alla “svinatura”.
Si tolgono dal mosto le parti solide, cioè le vinacce, e sono torchiate per estrarre il vino che contengono; si tratta di un vino di torchio, molto ricco di colore e di tannini che è vinificato a parte e aggiunto al vino fiore per dargli spessore.
Il mosto è quindi travasato in contenitori d’acciaio, dove continua una fermentazione lenta, alla quale fa seguito una seconda fermentazione detta malolattica innescata dai batteri e non dai lieviti come nella fermentazione alcolica.


A questo punto il vino comincia il suo
processo di maturazione: il colore acquista tonalità meno vive e più calde, il sapore diventa pieno e rotondo.
Dopo la maturazione, per i vini adatti, segue la fase d’invecchiamento in grandi botti o in piccoli fusti di rovere (barriques, fusti di legno di quercia da 225 litri) che conferiscono al prodotto aroma di spezie e legno.

La durata di questo riposo sarà definita dal tipo di vino e dai suoi disciplinari: due anni o più per ottenere il titolo “riserva”.

L’invecchiamento continuerà nelle bottiglie perché l’ambiente privo di ossigeno porterà il vino al suo equilibrio ottimale.

Vinificazione in bianco

La vinificazione in bianco differisce da quella in rosso perché le parti solide dell’uva non devono rimanere a macerare con il mosto, vanno quindi separate immediatamente utilizzando delle apposite pigiatrici, con membrane a camera d’aria, che comprimo l’uva con molta delicatezza e consentono alle parti solide di non cadere nella vasca insieme al mosto. Le vinacce sono torchiate subito e il risultato della torchiatura può essere aggiunto, in parte o tutto, al mosto. Questo mosto, quasi privo si tannini, è particolarmente delicato e necessita di molte attenzioni.

Per ottenere un vino bianco fruttato, da bere giovane, è opportuno farlo fermentare in un tank di acciaio a 18°C: se, al contrario, vogliamo un vino da invecchiamento, bisogna farlo fermentare in botti di legno o barriques. In questo modo il vino trarrà dal legno i tannini necessari alla sua durata e conservazione.


Vinificazione in rosato

I vini rosati si ottengono vinificando in bianco le uve a bacca rossa; il mosto è mantenuto pochissimo a contatto con le vinacce (24/36 ore), quindi si svina e si fa fermentare il mosto a bassa temperatura, esattamente come per i bianchi.

I vini rosati, freschi e fragranti, devono essere consumati entro un anno dalla loro produzione.


Vino Novello

Si tratta in un vino fresco e profumato, deve il suo nome al fatto che è prodotto subito dopo la vendemmia e non è assolutamente adatto all’invecchiamento.

Per ottenerlo si utilizza la tecnica della macerazione carbonica, in altre parole, l’uva non pigiata è messa, tutta intera (raspi compresi), per 7/9 giorni, in serbatoi privati dell’aria mediante l’immissione di anidride carbonica, questo fa sì che i lieviti migrino dalla buccia alla polpa in cerca di ossigeno e acqua, dando così inizio a un processo di fermentazione.
Si procede poi alla vinificazione in rosso, con una pigiatura leggera e un’altra fermentazione di 3-4 giorni. Il vino ottenuto è leggero e dal sapore molto simile al chicco d’uva. Non può essere commercializzato prima del 6 novembre e il termine ultimo per l’imbottigliamento è il 31 dicembre dello stesso anno della vendemmia.


Autore: Maria Antonietta Grassi

 

 

Bibliografia: Enoteca Italiana – Tutto Vino- Giunti Demetra Editore

 

 

 

 

 

Tisana alle more, mela rossa e cannella

Una tisana antiossidante, vitaminica e idratante, ideale da consumare dopo cena.
La mora di rovo è di colore nero alla maturazione e si presenta come un arbusto di media grandezza, rampicante o prostrato la cui altezza può variare da 3 a 5 metri. Forma dei cespugli piuttosto fitti e voluminosi tanto da sovrastare altre piante che le sono vicine, e i suoi getti spinosi sono singoli e arrivano a misurare 5 metri di lunghezza.
Sono un frutto composto da tante drupeole, mediamente arrivano a misurare 2 cm.; dapprima sono verdi poi man mano diventano rosse, blu scuro, nere, di aspetto lucido. Hanno un gusto dolce aromatico e sono molto succose.
Contengono un’alta percentuale di vitamina C e le foglie, usate in decotto, sono efficaci contro le irritazioni della bocca, inoltre sono ricche anche di fibre, vitamina K, acido folico, e minerali come il manganese e il potassio.
Nell’alimentazione, le more sono destinate per la gran parte a essere consumate fresche per il resto sono utilizzate per fare soprattutto marmellate.


LE IMMAGINI E I TESTI PUBBLICATI IN QUESTO SITO SONO DI PROPRIETA’ DELL’AUTORE E SONO PROTETTI DALLA LEGGE SUL DIRITTO D’AUTORE N. 633/1941 E SUCCESSIVE MODIFICHE. COPYRIGHT © 2010-2050. TUTTI I DIRITTI RISERVATI A IL POMODORO ROSSO DI MARIA ANTONIETTA GRASSI. VIETATA LA RIPRODUZIONE, ANCHE PARZIALE, DI TESTI O FOTO, SENZA AUTORIZZAZIONE.

Ingredienti per 1 persona:

4 more

1 buccia di mela rossa di Cuneo IGP
1 pizzico di cannella
250 ml di acqua

Procedimento 

Lavate delicatamente le more.

Lavate la mela e sbucciatela
Mettete tutto in un pentolino, aggiungete la cannella e l’acqua fredda.
Accendete il fuoco e, appena inizia l’ebollizione, spegnetelo.





Coprite con un coperchio e lasciate in infusione 10 minuti.
Filtrate con un colino premendo sulle more per far fuoriuscire  tutto il liquido.
Dolcificate a piacere con miele o zucchero di canna.



 

 


lunedì 28 agosto 2023

Insalata di cetriolo barattiere

Il barattiere è un tipo particolare di cetriolo derivato da un’ibridazione spontanea tra cetriolo e melone.
Ha una forma tendenzialmente sferica, di colore verde, la polpa è croccante e risulta piacevole al palato.
È coltivato prevalentemente in Puglia in provincia di Bari, Brindisi, Lecce e Taranto, zone tradizionalmente calde e assolate.
Deve il suo nome al fatto che, solitamente, in campagna veniva “barattato” con altri prodotti.
Viene raccolto, ancora immaturo, dalla fine di giugno fino a tutto settembre e gustato nelle insalate o anche a fine pasto come frutta, infatti, se lo si lascia maturare, diventa un melone molto profumato dalla buccia giallo tenue, quasi bianca.
Altamente digeribile, ricco di acqua, sali minerali e vitamine A e C.
Poco calorico, diuretico e dissetante, per cui il consumo è indicato per contrastare la ritenzione idrica e per chi segue una dieta ipoglicemica.


LE IMMAGINI E I TESTI PUBBLICATI IN QUESTO SITO SONO DI PROPRIETA’ DELL’AUTORE E SONO PROTETTI DALLA LEGGE SUL DIRITTO D’AUTORE N. 633/1941 E SUCCESSIVE MODIFICHE. COPYRIGHT © 2010-2050. TUTTI I DIRITTI RISERVATI A IL POMODORO ROSSO DI MARIA ANTONIETTA GRASSI. VIETATA LA RIPRODUZIONE, ANCHE PARZIALE, DI TESTI O FOTO, SENZA AUTORIZZAZIONE.

Ingredienti per 4 persone:

2 barattieri medi

Una ventina di pomodorini
100 gr di radicchio rosso tondo
50 gr di rucola
20 olive nere taggiasche
5 cucchiai di olio extravergine d’oliva
1 limone bio
Sale fino q.b.

Procedimento

Lavate e sgrondate le insalate, tagliate a strisce il radicchio rosso e mettetelo in una grande ciotola o in quattro ciotoline individuali, unite anche la rucola e le olive.
Lavate i pomodorini, tagliateli a metà ed aggiungeteli alle insalate.
Tagliate a metà i barattieri, con un cucchiaio eliminate i semi interni, sbucciateli, tagliateli a fettine o cubetti (come preferite) e unite agli altri ingredienti.
Con un rigalimoni create delle striscioline di buccia di limone (solo la parte gialla) e aggiungeteli nella ciotola.
Spremete il limone, mettetelo in una ciotola, unite il sale e l’olio ed emulsionate il tutto (vinaigrette), versate nella ciotola, mescolate e servite.
Se la gradite, potete aggiungere anche una cipolla di Tropea tagliata fettine sottili.


 

 

 

 

 

 

venerdì 25 agosto 2023

Grappa al ribes

La grappa è un'acquavite di vinaccia ricavata da uve prodotte e vinificate esclusivamente in Italia, distillata in Italia.  Anche il distillato di vinaccia prodotto nella Svizzera italiana viene, legittimamente, etichettato e commercializzato come grappa.

Vi sono tre principali tipologie di vinacce con cui distillare la grappa:

Vinacce fermentate ottenute dalla svinatura di vini rossi.

Vinacce semi-vergini, ottenute nella vinificazione in rosato; medesimo risultato si ottiene dalle vinacce di vini dolci;

Vinacce vergini, ottenute dalla "sgrondatura" nella vinificazione in bianco per ottenere vini bianchi. In questo caso, le vinacce non hanno subito alcuna fermentazione significativa.

Le vinacce vergini o semivergini devono essere obbligatoriamente fermentate prima di dare avvio alla distillazione in quanto la grappa si ottiene unicamente da vinacce fermentate.

Grappe di qualità elevata richiedono che si separino, prima della distillazione, i vinaccioli. A maggior ragione, è molto raro che una distilleria lasci, anche parzialmente, i raspi insieme alle vinacce.

Non bisogna confondere la grappa, che è un distillato di vinacce fermentate, con l'acquavite d'uva, che è un distillato di mosto. Allo stesso modo, la grappa non è un distillato di vino (Brandy se invecchiato in legno e cognac o armagnac se francese). Quindi distillato di vinacce, distillato di mosto (d'uva) e distillato di vino sono tre bevande alcoliche diverse.
L'acquavite di vinaccia era ottenuta in tutto l’arco alpino (ma il distillato di vinaccia era ottenuto da tempi immemori in varie zone d'Europa). In Nord Italia a seconda delle regioni era chiamata “branda” (Piemonte), “sgnàpa” o “gràspa” (Triveneto). Successivamente si impone il termina lombardo grapa, che indica il raspo dell'uva. Non è quindi legata al monte Grappa, e quindi neppure con Bassano del Grappa, dove pur si trovano alcune delle più celebri distillerie del Veneto.
Per legge il contenuto alcolico per la grappa non deve essere inferiore 37,5% in volume, mentre non è fissato un limite massimo: tipicamente, ma non è una regola, varia tra il 40% e il 60%.
Il grado alcolico è raggiunto direttamente, nel caso delle grappe "pieno grado", oppure viene abbassato aggiungendo acqua, solitamente demineralizzata, al prodotto della distillazione. La quantità di acqua utilizzata per la diluizione dipende, ovviamente, dal titolo alcolometrico di partenza e da quello che si vuole ottenere.
La grappa può essere classificata in base all'affinamento e/o alle lavorazioni che seguono la distillazione. 
Una grappa può essere definita:

Giovane: quando è conservata in contenitori inerti (ad esempio in vetro o in acciaio) fino alla vendita;

Aromatica: quando deriva da uve aromatiche quali Brachetto, Malvasia, Moscato e Traminer aromatico;

Invecchiata: quando matura per almeno 12 mesi in botti di legno;

Riserva Invecchiata o Stravecchia: quando matura per almeno 18 mesi in botti in legno;

Aromatizzata, con l'aggiunta di aromatizzanti naturali, come erbe, radici o frutti o parte di esse.

Fonte: Wikipedia


Foto di Pictavio

IL TESTO PUBBLICATO IN QUESTO ARTICOLO E' DI PROPRIETA’ DELL’AUTORE ED E' PROTETTO DALLA LEGGE SUL DIRITTO D’AUTORE N. 633/1941 E SUCCESSIVE MODIFICHE. COPYRIGHT © 2010-2050. TUTTI I DIRITTI RISERVATI A IL POMODORO ROSSO DI MARIA ANTONIETTA GRASSI. VIETATA LA RIPRODUZIONE, ANCHE PARZIALE, DI TESTI O FOTO, SENZA AUTORIZZAZIONE.

Ingredienti:

1 litro di grappa

180 gr di bacche di ribes rosso
3 chiodi di garofano
Un pezzettino di cannella (facoltativo)
4 cucchiai di zucchero semolato

Preparazione

Lavate i ribes, sgranateli e metteteli su di un canovaccio per farli asciugare perfettamente.

Inseriteli in un vaso perfettamente pulito con la chiusura ermetica , personalmente utilizzo quello della Bormioli.
Aggiungete i chiodi di garofano, la cannella, lo zucchero e la grappa.
Mescolate delicatamente, chiudete e lasciate macerare al buio nella dispensa per quaranta giorni agitando una volta ogni due giorni.
Trascorso il tempo filtrate con un colino e una garza sterile e imbottigliate.
Lasciate riposare, sempre al buio, per altri quaranta giorni prima di gustare la vostra grappa al ribes.

 

 

 

 

 

giovedì 24 agosto 2023

Hummus piccante

L’hummus b’tahini, che in arabo vuol dire ceci, è una ricetta tipica del Medio Oriente e da noi viene chiamato semplicemente hummus. Si consuma sia come antipasto, spalmato su dei crostini, sia come contorno.
Le sue origini non sono certe poiché tutti i paesi mediorientali ne rivendicano la creazione.
Di certo c’è solo che i ceci esistevano in Turchia già diecimila anni fa, mentre la tahina, secondo ingrediente di questa deliziosa crema, viene già citata nei libri di cucina arabi del XIII secolo.
Per la preparazione di questa ricetta potete usare la tahina già pronta o potete prepararla voi come sotto descritto.
Ovviamente se non amate il gusto piccante non utilizzate il peperoncino.


LE IMMAGINI E I TESTI PUBBLICATI IN QUESTO SITO SONO DI PROPRIETA’ DELL’AUTORE E SONO PROTETTI DALLA LEGGE SUL DIRITTO D’AUTORE N. 633/1941 E SUCCESSIVE MODIFICHE. COPYRIGHT © 2010-2050. TUTTI I DIRITTI RISERVATI A IL POMODORO ROSSO DI MARIA ANTONIETTA GRASSI. VIETATA LA RIPRODUZIONE, ANCHE PARZIALE, DI TESTI O FOTO, SENZA AUTORIZZAZIONE.

Ingredienti:

500 gr di ceci cotti
1 limone
2 cucchiai di semi di sesamo bianchi
2 peperoncini piccanti
1 spicchio d’aglio
Olio extravergine d’oliva q.b.
1 cucchiaino di sale fino

Procediment0

Se non trovate il tahini preparatelo procedendo nel modo seguente:

tostate, a fuoco basso, i semi di sesamo in una padella antiaderente per 1 minuto, toglieteli dal fuoco e lasciateli raffreddare completamente.
Metteteli in un frullatore, aggiungete 1 cucchiaio di olio, un pizzico di sale e frullateli fino ad ottenere una crema omogenea, avrete ottenuto il tahini.
Unite i ceci, versate mezzo bicchiere d’acqua, l’aglio, il sale e il resto del succo di limone, frullate fino ad ottenere un composto cremoso e omogeneo,
Aggiungete 2 cucchiai d’olio e i peperoncini, continuate a frullare ancora per qualche minuto fino a che la crema sarà uniforme e cremosa.
A questo punto il vostro hummus è pronto per essere gustato su dei crostini, per farcire delle uova sode, come pinzimonio per accompagnare delle verdure crude, e per tutto quello che la vostra fantasia vi suggerisce. 

 

 

 

domenica 20 agosto 2023

Insalata di seppie mais piselli e olive

La seppia appartiene alla stessa famiglia di polpi e calamari; è un mollusco cefalopode, cioè, dotato solo di testa e piedi e possiede notevoli capacità mimetiche che gli consentono di cambiare colore in brevissimo tempo. Le sue dimensioni vanno dai quattro centimetri della seppiola fino ai 120 centimetri della seppia comune.
All’interno del suo corpo troviamo una conchiglia detta “osso di seppia” che le consente di galleggiare perché è pieno di bollicine di gas che lo rendono più leggero dell’acqua.
La seppia si difende dagli attacchi dei predatori espellendo inchiostro che si trova in una sacca all’interno del suo corpo.
È diffusa in tutti i mari e gli oceani del globo e vive sui fondali costieri melmosi o sabbiosi. In Adriatico vi sono due distinte popolazioni di seppie, una si riproduce in primavera, l’altra in autunno.
Le sue caratteristiche nutrizionali sono molto simili a quelle dei cosiddetti “pesci magri”: è ricca di vitamina A, B1, D e di sali minerali quali il fosforo, il potassio, il calcio e proteine. È ricca di fibre e quasi priva di grassi per cui è consigliata nelle diete ipocaloriche.
Infine, per riconoscere la freschezza della seppia, occorre controllare il colore che deve essere iridescente, non deve avere macchie particolari sul corpo e deve profumare di mare. La carne deve essere soda e gli occhi devono avere un colore nero brillante. Se l’inchiostro è rappreso, probabilmente è stata congelata.
La cottura delle seppie è particolare: Si possono cuocere solo per 10 minuti, ma se superate questo tempo diventano dure e occorre proseguire la cottura per altri 30 minuti.


LE IMMAGINI E I TESTI PUBBLICATI IN QUESTO SITO SONO DI PROPRIETA’ DELL’AUTORE E SONO PROTETTI DALLA LEGGE SUL DIRITTO D’AUTORE N. 633/1941 E SUCCESSIVE MODIFICHE. COPYRIGHT © 2010-2050. TUTTI I DIRITTI RISERVATI A IL POMODORO ROSSO DI MARIA ANTONIETTA GRASSI. VIETATA LA RIPRODUZIONE, ANCHE PARZIALE, DI TESTI O FOTO, SENZA AUTORIZZAZIONE.

Ingredienti per 4 persone:

700 gr di seppioline già pulite

1 confezione di mais e piselli da 170 gr
Una ventina di olive nere taggiasche sott’olio
1 mazzettino di prezzemolo
1 cucchiaio di capperi sottaceto
1/2 spicchio d’aglio
1 limone bio
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale fino q.b.

Procedimento

Normalmente le seppioline le trovate già pulite e basta solo lavarle bene, diversamente leggete sotto come fare per pulirle.

Lavate il prezzemolo e tritate le foglioline con mezzo spicchio d’aglio e i capperi.
Ponete sul fuoco una pentola con dell’acqua fredda e aggiungete il succo di mezzo limone, le seppioline e portate a bollore.
Fatele cuocere per 35 minuti.
Scolatele e mettetele in una ciotola, aggiungete le olive, unite il mais e i piselli ben sgocciolati dal liquido di conservazione.
Condite con il trito di prezzemolo, aglio e capperi, irrorate con l’olio e il rimanente succo di limone.
Mescolate e mettete in frigo se la gradite fredda, ma può essere consumata anche tiepida

Come pulire le seppie

Indossate dei guanti di lattice per evitare di macchiarvi le dita con il nero di seppia, poi sciacquatele con delicatezza sotto il getto dell’acqua corrente a testa in giù.

Fate un taglio verticale sul retro delle seppie e con la punta delle dita individuate l’osso ed estraetelo.
Estraete delicatamente anche la sacca nera nella quale è presente il nero di seppia, senza schiacciarla, mettetela in una ciotolina con un pochino d’acqua, potrà servirvi per preparare un ottimo piatto di pasta al nero di seppia.
Rimuovete le interiora, incidete la pelle della seppia per rimuoverla interamente, individuate il “sottopelle” e sollevatela in modo uniforme e in un unico momento.
Dalla testa eliminate il rostro o “becco”: facile da individuare poiché posizionato al centro dei tentacoli. Fate pressione con le dita spingendolo verso l’alto.
Infine, rimuovete gli occhi.
Lavate accuratamente sotto il getto dell’acqua corrente e in profondità.

 

 

 

domenica 13 agosto 2023

Gamberi grigliati con salsa allo yogurt

I gamberi sono apprezzati di solito anche da chi non ama il pesce, non hanno le spine e tolto il carapace sono pronti da gustare.
Dal punto di vista strettamente calorico, i gamberetti sono assimilabili al pesce bianco: 100 g di prodotto apportano tra le 80 e le 90 calorie. Dal punto di vista dei nutrienti, sono principalmente una fonte di proteine, sali minerali (iodio, zinco, ferro, calcio, fosforo e magnesio) e vitamine (B1, B2, PP e astaxantina, una provitamina A fortemente antiossidante). I grassi sono minimi (si parla dell’1 o 2%) e per lo più si tratta di acidi grassi polinsaturi (PUFA) e omega 3, un acido grasso essenziale. Attenzione, però, a chi soffre di ipertensione o eccessiva ritenzione idrica: tra i valori nutrizionali dei gamberetti di mare (esistono anche quelli di fiume) una voce critica è il contenuto di sodio, che è abbastanza elevato.
Come tutti i crostacei, anche la famiglia dei gamberi presenta un elevato contenuto percentuale di colesterolo, che però si ridimensiona se si considera la questione in termini assoluti. Questo significa che sono assolutamente adatti anche a chi è a dieta, mentre chi soffre di ipercolestemia dovrebbe fare solo un po’ più di attenzione e valutare con il medico la porzione consentita. Si sa, infatti, che in realtà solo il 25% del colesterolo viene assunto per via alimentare, mentre il restante viene prodotto dall’organismo stesso.I gamberi possono essere bianchi o rossi, di mare oppure di acqua dolce. Le mazzancolle, spesso assimilate a questi crostacei, sono in realtà un’altra specie, che si distingue sia per il colore (non è rosa, ma ha delle striature nere) sia per le dimensioni leggermente superiori. Dal punto di vista organolettico sono più pregiate e saporite dei gamberi.

Fonte: La cucina italiana


LE IMMAGINI E I TESTI PUBBLICATI IN QUESTO SITO SONO DI PROPRIETA’ DELL’AUTORE E SONO PROTETTI DALLA LEGGE SUL DIRITTO D’AUTORE N. 633/1941 E SUCCESSIVE MODIFICHE. COPYRIGHT © 2010-2050. TUTTI I DIRITTI RISERVATI A IL POMODORO ROSSO DI MARIA ANTONIETTA GRASSI. VIETATA LA RIPRODUZIONE, ANCHE PARZIALE, DI TESTI O FOTO, SENZA AUTORIZZAZIONE.

Ingredienti per 4 persone:

24 gamberi

Il succo di un limone
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale e pepe q.b.
 

Salsa allo yogurt


200 g di yogurt greco
2 cucchiai di olio extravergine d’oliva
1 cucchiaio di succo di limone
Aneto o in alternativa menta q.b.
Sale e pepe q.b.

Per servire

Misticanza (insalatina mista)

Fettine di limone
Aneto

Procedimento

Preparate innanzitutto la salsa perché richiede un riposo di almeno un’ora in frigorifero.

Mettete lo yogurt in una ciotola, unite l’olio, il succo di limone, l’aneto sminuzzato, un pochino di sale e pepe.
Mischiate tutto fino ad ottenere una crema omogenea, coprite con la pellicola e mettete in frigorifero.
Preparate una marinatura con il succo del limone e 5/6 cucchiai d’olio, sale e pepe.
Immergeteci i gamberi e lasciateli marinare per un’ora e mezza.
Pulite e lavate la misticanza.
Prendete dei piccoli contenitori di vetro, foderateli con qualche foglia d’insalata, aggiungete un cucchiaio abbondante di salsa, di lato disponete mezza fettina sottile di limone.
Scaldate la griglia fino a renderla bollente.
Sgocciolate i gamberi, infilzateli negli appositi spiedini e cuoceteli sulla griglia per un minuto per parte (di più diventerebbero stopposi).
Disponete i gamberi sopra la salsa e l’insalata, guarnite con un ciuffo d’aneto e servite.
Se preferite, potete sgusciare i gamberi lasciando però attaccata la codina e grigliarli così.

 

 

 

 

giovedì 10 agosto 2023

Spaghetti alla puttanesca

Gli spaghetti alla puttanesca (aulive e cchiapparielle-olive e capperi) sono una ricetta tipica della cucina napoletana che parrebbe essere nata, secondo una versione, all’inizio del XX secolo nei Quartieri Spagnoli, allora sede di “case di piacere”, ad opera del proprietario di una di esse, il quale inventò la ricetta per rifocillare i suoi ospiti.
Un’altra versione fa invece riferimento agli indumenti intimi delle ragazze della casa che, per attirare e allettare l’occhio del cliente, indossavano probabilmente biancheria di ogni tipo, di colori vistosi e ricca di promettenti trasparenze. I tanti colori di questo abbigliamento si ritroverebbero nell’omonima salsa: il verde del prezzemolo, il rosso dei pomodori, il viola scuro delle olive, il grigio-verde dei capperi, la tinta granato dei peperoncini. Altri ancora sostengono, invece, che l’origine del nome sia da attribuire alla fantasia di una ragazza di vita Yvette la Francese, una prostituta provenzale piuttosto autoironica, che dopo averla ideato questo piatto le affibbiò questo nome in onore al suo mestiere.
La ricetta originale prevede l’uso di pomodori, aglio, olive nere di Gaeta, capperi e origano.
Esiste però una versione romana di questo piatto che prevede anche l’utilizzo delle acciughe sotto sale.

Fonte: Napoli Today


LE IMMAGINI E I TESTI PUBBLICATI IN QUESTO SITO SONO DI PROPRIETA’ DELL’AUTORE E SONO PROTETTI DALLA LEGGE SUL DIRITTO D’AUTORE N. 633/1941 E SUCCESSIVE MODIFICHE. COPYRIGHT © 2010-2050. TUTTI I DIRITTI RISERVATI A IL POMODORO ROSSO DI MARIA ANTONIETTA GRASSI. VIETATA LA RIPRODUZIONE, ANCHE PARZIALE, DI TESTI O FOTO, SENZA AUTORIZZAZIONE.


Ingredienti per 4 persone:

320 gr di spaghetti
400 gr. di pomodori tipo San Marzano non troppo grandi
Una ventina di olive nere denocciolate
6 filetti di acciughe puliti e dissalati
2 cucchiai di capperi in salamoia
1 bicchiere d’acqua calda
7/8 rametti di prezzemolo
1 peperoncino rosso secco
1 spicchio d’aglio
4 cucchiai di olio extravergine d’oliva
Qualche foglia di basilico
Sale q.b.


Procedimento

Dissalate i capperi e tritateli insieme alle acciughe e al prezzemolo.

Tagliate grossolanamente  a fette anche le olive.
Scaldate quattro  cucchiai d'olio in una casseruola e fate dorare lo spicchio d’aglio e il peperoncino.
Lasciate soffriggere dolcemente per due minuti, eliminate l’aglio e il peperoncino, poi unite il trito di  filetti d’acciughe, capperi e prezzemolo, fate dorare per un minuto e aggiungete i pomodorini tagliati a metà.
Fate cuocere ancora per dieci minuti a pentola coperta, e continuate la cottura ancora per cinque minuti a pentola scoperta.
Se il sugo dovesse asciugarsi troppo aggiungete  qualche cucchiaio di acqua calda.
Assaggiate e aggiustate di sale (tenete conto che le acciughe sono già piuttosto salate).
Nel frattempo fate cuocere gli spaghetti in abbondante acqua salata, scolateli  molto al dente e tuffateli nel sugo, fate insaporire per un  paio di minuti, spegnete il fuoco, guarnite con foglie di basilico e servite.

 

lunedì 7 agosto 2023

Rotolo di frittata e salmone affumicato

Un piatto semplice e versatile da consumare in tutte le stagioni sia come secondo piatto, sia come antipasto o finger food per un aperitivo.
Numerose sono le varianti che potete preparare, per esempio, alle uova potete aggiungere delle zucchine tritate o degli spinacini se volete che la vostra frittata abbia un bel colore verde, delle carote, se la volete arancione, della conserva se la volete rossa.
Per il ripieno potete sostituire il salmone che ho usato, con qualunque altro tipo di affettato o di verdura se la volete vegetariana, ad esempio utilizzando dei peperoni grigliati.
Potete anche farla cuocere in forno anziché in padella. In questo caso mettete la carta da forno leggermente oliata nella pirofila e fate cuocere in forno preriscaldato a 180°C per 15 minuti.



LE IMMAGINI E I TESTI PUBBLICATI IN QUESTO SITO SONO DI PROPRIETA’ DELL’AUTORE E SONO PROTETTI DALLA LEGGE SUL DIRITTO D’AUTORE N. 633/1941 E SUCCESSIVE MODIFICHE. COPYRIGHT © 2010-2050. TUTTI I DIRITTI RISERVATI A IL POMODORO ROSSO DI MARIA ANTONIETTA GRASSI. VIETATA LA RIPRODUZIONE, ANCHE PARZIALE, DI TESTI O FOTO, SENZA AUTORIZZAZIONE.

Ingredienti per 12 rondelle alte circa 2 cm

4 uova

120 gr di formaggio cremoso spalmabile
3 cucchiai di Parmigiano Reggiano grattugiato
100 gr di salmone affumicato
3 rametti di timo
1 cucchiaio d’olio extravergine d’oliva
1 pizzico di sale fino 

Procedimento

Su di una ciotola rompete le uova, unite il Parmigiano, un pizzico di sale e sbattete amalgamando bene tutto.

Scaldate l’olio in una padella antiaderente di 26 cm di diametro e versateci il composto di uova.
Fate cuocere da un lato per qualche minuto, poi girate la frittata e continuate la cottura dall’altro lato per due minuti.
Oppure fatela cuocere nel forno: mettete la carta da forno leggermente oliata nella pirofila e fate cuocere in forno preriscaldato a 180°C per 15 minuti.


Su di un ampio tagliere mettete un foglio di carta da forno e depositateci delicatamente la frittata, ancora calda, per evitare di romperla.
Aiutandovi con la carta da forno arrotolatela e lasciatela così a raffreddare.


Nel frattempo, con l’aiuto di una forchetta, lavorate il formaggio per renderlo più cremoso e quindi facilmente spalmabile.
Quando la frittata si sarà raffreddata, srotolatela, distribuite le fette di salmone in modo uniforme e spalmate sopra la crema di formaggio, spolverizzate con gli aghetti di timo.
Formate un rotolo e chiudetelo nella carta da forno. Mettetelo in frigorifero per almeno due ore.




Al momento di servire tagliatelo a rondelle di circa due cm di larghezza.
Accompagnate con dei pomodorini o un’insalata mista.

giovedì 3 agosto 2023

Insalata di riso Venere seppie e gamberi

Il riso “Venere” è un riso integrale dall’inconfondibile colore nero naturale. Originario della Cina, attualmente viene coltivato anche in Italia, nella Pianura Padana.
Noto come il riso proibito dell’imperatore, perché si dice, che per le sue proprietà nutrizionali ed afrodisiache, il suo consumo fosse solo ad appannaggio dell’imperatore.
Questo riso presenta un alto contenuto di sali minerali, magnesio, fosforo e selenio, che svolgono un’azione utile per il benessere del nostro organismo.
L’unione con gli altri ingredienti ne fanno un piatto unico, completo e salutare.

LE IMMAGINI E I TESTI PUBBLICATI IN QUESTO SITO SONO DI PROPRIETA’ DELL’AUTORE E SONO PROTETTI DALLA LEGGE SUL DIRITTO D’AUTORE N. 633/1941 E SUCCESSIVE MODIFICHE. COPYRIGHT © 2010-2050. TUTTI I DIRITTI RISERVATI A IL POMODORO ROSSO DI MARIA ANTONIETTA GRASSI. VIETATA LA RIPRODUZIONE, ANCHE PARZIALE, DI TESTI O FOTO, SENZA AUTORIZZAZIONE.

Ingredienti per 4 persone:

320 gr di riso nero Venere

500 gr di seppioline pulite
4 peperoncini verdi dolci
200 gr di gamberi
1 limone bio
Una decina di foglie di basilico
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale q.b.

Procedimento

Lavate bene le seppioline, mettetele in una pentola con dell’acqua fredda, aggiungete un po’ della scorda del limone (solo la parte gialla) e portate a bollore.

Fatele cuocere per 35 minuti poi scolatele, eliminate la scorza del limone, tagliatene alcune a strisce, mettetele tutte in una ciotola, salate e condite con un filo d’olio, mescolate.
Pulite i peperoncini, tagliateli a rondelle e uniteli alle seppioline.
Lavate e sgrondate il basilico.
In abbondante acqua salata fate cuocere il riso per il tempo segnato sulla confezione.
Lavate i gamberi, metteteli in una pentola, copriteli con l’acqua, aggiungete qualche goccia di limone e un pizzico di sale.
Portate a bollore e fate cuocere per due minuti.
Scolate e lasciate raffreddare.
Togliete il carapace ed eliminate il filo nero (stomaco) sul dorso aiutandovi con uno stecchino e aggiungeteli agli altri ingredienti nella ciotola.
Trascorso il tempo di cottura del riso, scolatelo e raffreddatelo velocemente sotto l’acqua corrente, fatelo sgocciolare e aggiungetelo nella ciotola.
Condite con il succo di mezzo limone, l’olio e le foglie di basilico spezzettate.
Mescolate e mettete in frigo se la gradite fredda, ma può essere consumata anche tiepida.