giovedì 12 novembre 2020

Pasta con le sarde a modo mio


La pasta con le sarde (pasta chî sardi in siciliano) è un piatto tipico della cucina siciliana, inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T) del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf). In origine è un piatto stagionale: si può preparare da marzo a settembre, periodo in cui si trovano al mercato le sarde fresche ed è possibile raccogliere nei campi il finocchio selvatico.
Esistono molte varianti. Una tra le più importanti è la pasta con le sarde alla trappitara, ricetta gelosamente custodita da famiglie marinare di Trappeto (PA).
Secondo la tradizione la pasta con le sarde fu inventata da un cuoco arabo del generale Eufemio da Messina, durante la campagna militare degli arabi nella zona di Siracusa (secondo un'altra versione, poco presente nelle fonti, il fatto sarebbe accaduto a Mazara del Vallo). Il cuoco doveva sfamare le numerose truppe, trovandosi però in condizioni disagiate dovette fare appello alla sua inventiva ed elaborare un piatto con quel che la natura di quel luogo gli offriva; fu così che unì il pesce, rappresentato dalle sarde (o alici nella versione del piatto che risale ai tradizionali spaghetti alla siracusana), e i sapori della terra: finocchietto selvatico, principalmente, e pinoli.
Il piatto di Eufemio viene odiernamente considerato come il primo "mare-monti" della storia, poiché seppe mettere insieme i prodotti naturali del mare e quelli montani.
Gli ingredienti principali sono le sarde, la pasta e il finocchietto. La sarda è un pesce azzurro molto diffuso nel mediterraneo. Appartiene allo stesso gruppo delle acciughe o alici, ma è più grassa e deve per questo essere cucinata non oltre le otto ore dalla pesca per non comprometterne il sapore. Si pesca soprattutto da marzo a settembre. Le sarde (o sardelle) previste per questo piatto devono essere quelle fresche e non possono essere sostituite con le sardine sott'olio.
Devono essere nettate e sfilettate, eliminando la testa, la coda e la lisca, quindi lavate e asciugate tra due panni puliti. Quanto alla pasta, sono generalmente indicati tre tipi di pasta, tutti di semola di grano duro: i bucatini; i perciatelli, leggermente più grossi dei bucatini e chiamati anche col nome generico di maccheroni; i mezzani o mezzi ziti. Il finocchietto di montagna di cui si parla nelle ricette è il finocchio selvatico.
Nella pasta con le sarde se ne utilizzano le parti più tenere e verdi, i germogli, i rametti più giovani e le tipiche foglie piumose (o barba), che si possono raccogliere in campagna dalla primavera all'autunno e cioè nello stesso periodo in cui è possibile trovare nei mercati le sarde freschissime. Gli altri ingredienti della ricetta "classica" sono: cipolle, acciughe salate, uva passa, pinoli, una bustina di zafferano, olio, sale e pepe. Nella variante "alla messinese" in genere non si utilizza lo zafferano. Va servita con pan grattato tostato.
Questa è la mia versione a cui ho aggiunto i pomodorini e ho sostituito i bucatini con le nordiche fettuccine. (in realtà, al momento della preparazione mi sono accorta di non avere i tipi di pasta richiesti dalla tradizione, per cui ho  dovuto fare di necessità virtù).




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Ingredienti per 4 persone:

320 gr di fettuccine
300 gr di sarde fresche
200 gr di finocchietto
200 gr di pomodorini Pachino
30 gr di uvetta
30 gr di pinoli
2 filetti d’acciuga
1 cipolla
1 spicchio d’aglio
1 bustina di zafferano in polvere
Briciole di pane raffermo q.b.
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale e pepe q.b.

Procedimento

Mettete in ammollo l’uvetta.
Mondate il finocchietto tenendo solo la parte più tenera, lavatelo e lessatelo in acqua bollente salata per 10 minuti. Scolatelo ma conservate l’acqua di cottura.
Pulite le sarde, apritele a libro e togliete la lisca con la coda.
Pulite la cipolla, tritatela e mettetela in una larga padella con 4 cucchiai d’olio caldo e lo spicchio d’aglio.
Lasciatela dorare, eliminate l’aglio  poi unite i filetti d’acciuga .
Fateli sciogliere a fuoco bassissimo, aggiungete i pomodorini tagliati a metà,  mezza bustina di zafferano sciolto in poco d’acqua. Unite le sarde e fatele rosolare a fuoco vivo per 1 minuto.
Aggiungete l’uvetta scolata e strizzata, i pinoli, il finocchietto tritato, un pochino della sua acqua di cottura e lasciate cuocere a fuoco basso  ancora per 10 minuti. Assaggiate e, se necessario, aggiungete del sale.
In una padella scaldate 1 cucchiaio d’olio e aggiungete le briciole di pane, rosolatele finché non saranno dorate e croccanti.
Riportate a bollore l’acqua del finocchietto (aggiungendo altra acqua e del sale, se necessario), tuffate le fettuccine.
Scolatele al dente e versatele nella padella con le sarde. Mescolate delicatamente per insaporire , spolverizzate con le briciole di pane e servite.


giovedì 15 ottobre 2020

Pagnotta ai cereali

Per la preparazione di questa pagnotta, oltre che  la splendida farina Antiqua ho utilizzato il lievito Madre (il re dei lieviti) rigenerato che mi ha gentilmente regalato il maestro Giovanni Gandino. In alto a sinistra trovate una pagina che spiega dettagliatamente come realizzarlo  e come mantenerlo seguendo gli insegnamenti ricevuti da Gandino. Per ora sappiate che il lievito Madre è un impasto realizzato con una laboriosa procedura in cui si utilizza un frutto, farina ed acqua e tanta pazienza (occorrono 43 giorni per ottenerlo), dopo di che, rigenerato, può durare fino a 200 anni (avete letto bene: duecento anni) Il lievito Madre utilizzato per questo pane ha 14 anni. Il risultato è un pane morbidissimo, profumato  e digeribilissimo che non vi gonfierà assolutamente!



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Ingredienti:

500 gr di farina ai cereali
1 cucchiaino  di malto d’orzo
300 ml di acqua
10 gr di sale

3 cucchiai d' olio extravergine d’oliva

 

Procedimento

In una ciotola capiente versate la farina, arieggiatela bene mischiandola ponete al centro il lievito madre  e il cucchiaio di malto. Versate lentamente l'acqua  a temperatura ambiente e amalgamate bene. Quando  l'impasto diventa abbastanza solido,, versatelo sulla spianatoia, e impastate, delicatamente, fino a quando diventerà omogeneo. Occorreranno circa 10/15 minuti,  allargate l’impasto e versate l’olio , distribuite  il sale. Riprendete  ad impastare fino a ottenere un composto omogeneo, elastico e asciutto (circa 5 minuti).
Mettete un po’ di olio in una ciotola, infarinatela e deponeteci l’impasto.


Mettetelo a lievitare in un luogo caldo e lontano da colpi d’aria o repentini abbassamenti di temperatura (l’ideale è all’interno del forno spento). Dopo un’ora (o quando  è aumentato del 50%) riprendete l’impasto, impastatelo nuovamente, dategli la forma desiderata e fatelo lievitare ancora per 4 o 5 ore.
Questi tempi valgono per una temperatura dell’ambiente di 24/25 gradi, altrimenti i tempi si allungano.
Togliete l’impasto dal forno, accendetelo a 200 gr e mettete sul fondo un pentolino pieno d’acqua. Quando ha raggiunto la temperatura infornate il pane e fate cuocere per 35/40 minuti.

Sfornate e fate raffreddare il pane su di una gratella.




Consigli: Se non avete il lievito madre utilizzate mezzo panetto di lievito di birra (circa 12 gr e mezzo) e anziché versare la farina nell’acqua con il lievito fate l’esatto contrario, cioè versate il lievito al centro della farina a fontana. I tempi della lievitazione si accorgeranno moltissimo e basteranno solo 3 ore (sempre a 24/25° di temperatura). Per il resto la preparazione è uguale. Importantissimo è aggiungere il sale alla fine poiché se dovesse venire a contatto con il lievito prima  impedirebbe la lievitazione.





sabato 3 ottobre 2020

Nasello al cartoccio in salsa verde senapata

Il nasello è un pesce di mare appartenente alla famiglia delle Merlucciidae, ma non è un altro nome del merluzzo, come comunemente si crede. Il merluzzo è di dimensioni maggiori ed ha tre pinne caudali, il nasello ne ha solo una. Ha corpo snello e allungato, ricoperto di piccole squame, il muso a punta e la colorazione è grigio-acciaio sul dorso, più chiara sui fianchi. Viene chiamato anche "luccio di mare" per la somiglianza con il luccio e può raggiungere una lunghezza massima di 100/110 cm e un peso massimo di 15 kg. Vive nel Mar Mediterraneo, nell'Oceano Altantico orientale, nel mar Nero e lungo le coste dall'Islanda alla Mauritania. Il suo sapore è molto delicato, la carne magra e molto digeribile, ricca di proteine, potassio, calcio , fosforo, ferro e iodio. E' un pesce molto adatto per l'alimentazione dei bambini e delle persone anziane. In cucina può essere preparato in vari modi: lesso. grigliato, in umido, arrosto e, se i pesci sono piccoli, anche fritto.


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Ingredienti per 4 persone

600 gr di tranci di nasello
1 mazzetto di prezzemolo
1 spicchio d’aglio (facoltativo)
1 cucchiaio di capperi sottaceto
1 cucchiaino di pasta d’acciughe
1 cucchiaio di senape
1 limone (succo)
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale fino q.b.

Procedimento

Lavate e sgrondate il mazzetto di prezzemolo poi tritatelo con lo spicchio d’aglio e i capperi.
Mettete il trito ottenuto in una ciotola ,aggiungete la pasta d’acciughe, la senape, il succo del limone e 4 cucchiai d’olio.
Amalgamate fino ad ottenere una salsa omogenea, se è il caso aggiungete ancora dell’olio.
Accendete il forno a 190°C
Prendete  dell’alluminio e appoggiate  sopra della carta da forno.
Deponeteci  i tranci di nasello e sopra ognuno distribuite la salsa. Salate.
Chiudete il cartoccio e infornate (forno già  a temperatura) .
Lasciate cuocere per 30 minuti,
Sfornate, aprite il cartoccio, impiattate il pesce e versate sopra la salsina di cottura.
Servite immediatamente.

martedì 29 settembre 2020

Pomodori farciti con hamburger prosciutto e Formaggio di Fossa DOP

Quello che differenzia questa ricetta dalle altre è l’utilizzo di alcuni eccellenti  prodotti cooperativi che danno quel tocco in più che trasforma una normale ricetta in un tripudio di sapori.
Il formaggio vaccino di Fossa di Sogliano DOP, che ho utilizzato, è prodotto in Emilia Romagna a Sogliano al Rubicone. Ha un gusto aromatico e sapore fragrante, leggero e gradevole, con un odore intenso e persistente, ottimo così, estremamente versatile per numerose ricette; si sposa perfettamente con la carne e i pomodori. Ottenuto con latte vaccino  100% italiano viene stagionato per tre mesi, avvolto nella paglia, in tipiche fosse di forma ovale, scavate nella roccia. La tecnica di stagionatura del formaggio nelle fosse ha origine molto antica. Questo tipo di formaggio è nominato in due inventari del 1497 e del 1498. Da entrambi i documenti si evince che la fossa di tufo aveva un duplice utilizzo: in autunno era il luogo di conservazione del formaggio e in tempi diversi dell'anno serviva ad immagazzinare il grano per preservarlo dalle razzie dei soldati. Il produttore di formaggio affittava la fossa per il tempo che era necessario alla stagionatura, tre mesi o al massimo 100 giorni. Il formaggio veniva posto, come tutt'oggi avviene, in sacchetti di tela, coperti di paglia di fieno, per isolare il formaggio dall'aria.
Il periodo tradizionale di infossatura era fine agosto-settembre; la riapertura delle fosse avveniva il 25 novembre, giorno di Santa Caterina.
Il sale alle erbe aromatiche per carne Saut Cercivento è un ingrediente da non sottovalutare perché dona quel tocco in più.
Ed infine il tocco raffinato dell’olio extravergine prodotto dalla Cooperativa San Marzano di  San Marzano di San Giuseppe (TA). Alla vista si presenta di colore verde brillante con riflessi dorati, l’aroma che sprigiona ha un’elegante carica fruttata. Si ottiene mediante la spremitura fredda delle olive.
Per accompagnare e sublimare il sapore di questa ricetta consiglio l’abbinamento con il vino pugliese  Padre tavoliere delle Puglie DOC  Cantina Casaltrinità di Trinitapoli (BT).
Prodotto con uve Nero di troia è un vino di grande espressione aromatica, ottenuto rispettando al massimo le caratteristiche delle uve d’origine; se ne apprezza la morbidezza e la struttura.
Si presenta con sentori di confettura di ciliegia, ricco di tannini. Ottimo per accompagnare le carni,la cacciagione , ma anche formaggi di lunga stagionatura.

Tutte e quattro le Cooperative aderiscono al circuito Qui da Noi- Cooperative Agricole - Confcooperative


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Ingredienti per 4 persone:



300 gr di carne di manzo macinata
2 fette spesse di prosciutto cotto
4 pomodori a grappolo grandi
Qualche foglia di basilico

In abbinamento


Procedimento
Lavate e asciugate i pomodori poi asportate le calotte e tenetele da parte.
Svuotate i pomodori dai semi e asciugateli con cura tamponando l’interno con carta da cucina.
In una ciotola versate l’olio, il sale e il pepe.
Aiutandovi con un pennello da cucina ungete bene l’interno e l’esterno dei pomodori e delle calotte con l’emulsione ottenuta.
Dalle fette di prosciutto ricavate 4 dischi grandi come l’imboccatura dei pomodori.
Tritate il prosciutto rimasto e mettetelo in una ciotola insieme alla carne macinata, salate poi formate 4 hamburger delle stesse dimensioni dei dischi di prosciutto.
Spennellateli con un poco dell’emulsione e appoggiateli nelle scodelline di pomodoro.
Posatevi sopra i dischi di prosciutto e il Formaggio di Fossa tagliato a fettine.
Chiudete con le calotte e mettete i pomodori su di una teglia rivestita di carta da forno leggermente unta.
Fateli cuocere in forno già caldo  a 200°C per 30 minuti.
Serviteli ben caldi e decorate con del basilico fresco.
Abbinate con un bicchiere di vino Padre Nero di Troia Cantine Casaltrinità


martedì 15 settembre 2020

Dolce alla crema di mandorle e composta di amarene

La composta di amarene bio che ho utilizzato per questa ricetta è prodotta dall’Azienda Agricola biologica Masseria Bosco delle Rose di Lavello (Potenza).
La varietà usata è l’amarena a “pignul” che è un’antica cultivar di Lavello in Basilicata e dei suoi dintorni: Melfi e Venosa.
Deve il suo nome al singolare portamento, stretto e chiuso all’apice come una pigna.
Pianta che una volta non mancava in nessuna “vigna”, perché coi suoi frutti si preparava quella che era la “regina delle marmellate”.
Non si mangiava con il pane come le altre confetture, ma si serviva come un prezioso dessert o veniva usata come ingrediente raffinato per i dolci più pregiati; oppure si riservava alle donne incinte o ai convalescenti per “aggiustare” la bocca e lo stomaco.
Purtroppo col tempo la sua coltivazione è stata abbandonata perché non adatta alla “moderna” agricoltura per l’agroindustria in quanto le piante sono poco produttive, la raccolta è solo manuale e la trasformazione, se si vuole un prodotto di qualità, non si può meccanizzare.
La signora Liliana Iacoviello titolare della Masseria Bosco delle Rose le ha cercate nei vecchi poderi, nelle friches e nelle siepi residuali di vigne scomparse, le ha chieste a chi ne aveva ancora qualcuna; le ha raccolte e ospitate nel Frutteto Giardino e le ha fatte rinascere.
Un frutto abbandonato ma mai dimenticato che rende la composta così speciale  con un bouquet ricco di note fresche e selvatiche, un incanto per il palato.
A colazione o a fine pasto, da sola o per esaltare preparazioni semplici con ricotta o fromaggi dolci, su creme o budini, con la panna cotta, su gelati o yogurt.
Irresistibile riscaldata sui dolci caldi al cioccolato, squisita su crostate con o senza crema e ingrediente raffinato per la “pizza di ricotta e amarene” della tradizione di Lavello.

L’Azienda agricola Masseria Bosco delle Rose sia l'Azienda Agricola Masseriola aderiscono al circuito Qui da Noi- Cooperative Agricole – Confcooperative.




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Ingredienti per 4 persone:

250 d di pan di Spagna
600 ml di latte di mandorle zuccherato
200 g di Composta di amarene Bio Masseria Bosco delle Rose
30 g di farina (3 cucchiai pieni)
10 g di amido di mais (1 cucchiaio pieno)
30 ml di rum
Cacao amaro q.b.
Roselline di zucchero per decorare q.b.


Procedimento

Portate ad ebollizione 500 ml di latte di mandorle, versatene un pochino lentamente sulla farina mescolando per inglobarla senza formare grumi, poi unite il restante latte.
Rimettete sul fuoco e fate cuocere, sempre mescolando e a fuoco basso, per 5 minuti.
Amalgamate l’amido di mais  in 1 cucchiaio di latte di mandorle freddo e incorporatelo al composto caldo  e continuate la cottura per altri 5 minuti sempre mescolando con un cucchiaio di legno (dovete ottenere una crema densa e omogenea).
Versate i rimanenti 100 ml di latte di mandorle in un piatto fondo, aggiungete il rum e amalgamate.
Mettete metà del pan di Spagna in un contenitore  e imbibitelo con il miscuglio di latte e rum.
Distribuite sopra metà della crema di mandorle.
Sovrapponete il rimanente pan di Spagna, imbibitelo con il miscuglio di latte e rum.
Distribuite sopra il pan di Spagna la confettura di amarene e ricoprite con la restante crema.
Coprite con la pellicola per alimenti e mettete in frigorifero a rassodare per almeno 3 ore.


Togliete il dolce dal frigo, spolverizzate con il cacao a piacere.
Tagliatelo a quadrotti o a rombi, trasferito su singoli piattini, guarnite con le rose di zucchero e servite.





Si ringrazia  l’ azienda  agricola per la fornitura degli ingredienti per la realizzazione della ricetta.



mercoledì 2 settembre 2020

Sgonfiotti con formaggio misto al peperoncino

Tra le tradizioni marchigiane c’è quella di aromatizzare i formaggi in vari modi: questo è fresco a pasta cremosa e media maturazione, ottenuto con latte bovino e ovino italiano  e aromatizzato con il peperoncino. Anticamente veniva preparato esclusivamente nei mesi invernali.
Ottimo per insaporire insalate fresche e come condimento di primi piatti al forno, si accompagna con vini bianchi ricchi di gusto, ma delicati.
E’ prodotto dalla Cooperativa Tre Valli Cooperlat.
Per rendere questi sgonfiotti ancora più saporiti ho utilizzato anche il tocco raffinato dell’olio extravergine prodotto dalla Cooperativa San Marzano di  San Marzano di san Giuseppe (TA). Alla vista si presenta di colore verde brillante con riflessi dorati, l’aroma che sprigiona ha un’elegante carica fruttata. Si ottiene mediante la spremitura fredda delle olive.
Tutte e due le Cooperative aderiscono al circuito Qui da Noi- Cooperative Agricole  che ha come obbiettivo la valorizzazione delle produzioni agricole nazionali.





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Ingredienti  per circa 40 sgonfiotti


Per l’impasto
400 gr di farina 00
300 ml di acqua
4 gr di lievito di birra disidratato
2 cucchiai di erbette di Provenza (timo, maggiorana, basilico ecc)
4 cucchiai di Olio extravergine d’oliva San Marzano
6 gr di sale fino

Per il ripieno

Procedimento
In una ciotola mettete  la farina,  le erbette di Provenza e il lievito secco. Amalgamate bene il tutto, aggiungete gradualmente l’acqua e iniziate  ad impastare. Quando l’impasto avrà raccolto tutta l’acqua, allargatelo e versate  due cucchiai d’olio e il sale. Impastate ancora per 10/15 minuti, fino a ottenere un composto omogeneo, elastico e asciutto.
Lasciate riposare l’impasto coperto da un canovaccio per 15 minuti.
Trascorso il tempo riprendete l’impasto e  mettetelo su di un piano infarinato, dategli la forma di un panetto rettangolare  e poi procedete alla piegatura come per preparare la pasta sfoglia. Stendete un po’ il panetto, poi ripiegate verso il centro i due lati corti, poi girate di 90° appiattitelo leggermente e ripiegate i lati.  Riformate una palla e rimettetela nella ciotola.
Questa operazione consentirà d’inglobare molta aria, il che la renderà “sofficiosa” e ben alveolata.
Ripetetela per altre due volte sempre dopo ogni 15 minuti, poi ungetela leggermente e rimettetela nella ciotola.
Coprite con la pellicola e lasciate lievitare fino al raddoppio ( di solito necessitano 2 o 3 ore) nel forno spento o in un luogo tiepido e privo di correnti d’aria.


Tagliate il formaggio a cubetti molto piccoli.
Quando la lievitazione sarà ottimale riprendete l’impasto, prelevate dei pezzetti d’impasto e formate delle palline della grandezza di un’albicocca, devo essere in numero pari. Stendetele delicatamente con il mattarello a formare un cerchio, deponete al suo interno un pochino di cubetti del formaggio ma lasciate i bordi liberi. Bagnate leggermente i bordi e sovrapponete l’altro cerchio, premete bene i bordi , arrotolandoli un pochino. Mettetelo su di una teglia coperta da carta da forno. Continuate così fino ad esaurimento degli ingredienti, spennellate tutto  con un pochino d’olio. Lasciate lievitare ancora per 30 minuti.


Accendete il forno  a 180°C (statico) e quando avrà raggiunto la temperatura infornate per 15 minuti.



martedì 25 agosto 2020

Ciambella di percoche senza burro

Per percoche o precoche s’intendono alcune varietà di pesca con polpa compatta, gialla o bianca e talvolta diffusa di rosso, non spiccace, cioè col nòcciolo saldamente aderente alla polpa, le quali sono coltivate in diverse regioni italiane.
Le percoche, per l'intensità del sapore e del profumo e per la compattezza della polpa, sono spesso sinonimo di "pesche industriali", adatte alla produzione dei migliori derivati della pesca: succhi, passati, polpa e frutta sciroppata. Per contro, l’aderenza della polpa al nòcciolo è tale da costringere a staccarla con il coltello. Il nome percocca e il colore aranciato dei frutti ha portato alla falsa credenza, specialmente nell’Italia centro-settentrionale, dove il prodotto è meno comune, che si tratti d’un ibrido tra la pesca e l'albicocca; ma la percoca è in realtà una pesca a tutti gli effetti. Vero è che le forme precocapercoca e percocca sono allotrope della parola albicocca, risalendo tutte all’aggettivo latino PRAECŎQUUS, cioè primaticcio.
Particolarmente note sono le coltivazioni in Campania, soprattutto nell'area flegrea, nella Valle del Sarno e a Siano (SA); ma sono coltivate ed assai diffuse anche in Puglia, in Basilicata, in Calabria e in Sardegna.
In quasi tutta la Campania e in alcune zone della Basilicata, del Molise, della Calabria e nella Puglia è diffusa l'usanza di immergere pezzettoni di percoca in un contenitore pieno di vino rosso o bianco, da riporre in frigorifero. A questa specialità, che si consuma bevendo prima il vino e poi mangiando le percoche intrise di vino rimaste sul fondo del bicchiere[1], è dedicata una sagra annuale a Siano.
Una sagra simile si svolge anche a Loconia, frazione di Canosa di Puglia.
Anche nel settentrione, e specialmente in Liguria, preparazioni simili sono largamente consumate alla fine del pasto; in queste zone, al posto delle percoche, meno facilmente reperibili che nel mezzogiorno, si usano a volte pesche di altre varietà non ancora completamente mature.
Fonte: Wikipedia

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Ingredienti per 4 persone.

200 gr di farina 00
140 gr di zucchero di canna
1 vasetto di yogurt bianco al naturale
½ bicchiere di Rum
12 uova di quaglia ( o in alternativa 2 di gallina)
400 gr di percoche
6 cucchiai di olio extravergine d’oliva Frantoio Rosciano
1 limone bio
1 bustina di cremor tartaro ( o lievito per dolci)
1 pizzico di sale fino.

Procedimento

In una ciotola mettete la farina,  grattugiate sopra la buccia del limone (solo la parte gialla), unite il lievito e mischiate bene.
Accendete il forno a 180°
Lavate le percoche, asciugatele, sbucciatele  e tagliatele a pezzetti.
Irroratele con il succo del limone per evitare che anneriscano
Versate lo yogurt in una scodella, unite il rum  e amalgamate il tutto..
Imburrate uno stampo e infarinatelo o, se preferite rivestitelo di carta da forno inumidita.
Rompete le uova in una ciotola, lavoratele con lo zucchero e un pizzico di sale e l'olio Incorporatevi a poco a poco la farina, alternandola con il composto di yoghurt e rum  fino a ottenere una pastella piuttosto morbida.
Versate la pastella nello stampo e ricopritela con i pezzetti di percoche lasciandoli affondare da soli.
Spolverizzate con un cucchiaio di zucchero ed infornate per 35/40 minuti.




N.B. DURANTE LA COTTURA L’ALCOOL CONTENUTO NEL RUM EVAPORA COMPLETAMENTE LASCIANDO SOLO L’AROMA PER CUI LA CIAMBELLA PUO’ TRANQUILLAMENTE ESSERE CONSUMATA ANCHE DAI BIMBI O DA CHI NON PUO’ O NON VUOLE ASSUMERE DELL’ALCOOL