L’acqua pazza è
un metodo classico per la cottura in umido del pesce tipico della cucina
partenopea che consiste nella cottura di pesci di medie dimensioni, quali
orate, spigole, mormone o pezzone. Ciò che contraddistingue questa ricetta è
la semplicità con cui il pesce viene cotto, accompagnato con erbe aromatiche
mediterranee come aglio, origano, oltre ai fondamentali pomodorini, sale e
olio: a fine cottura va aggiunta una spolverata di prezzemolo. Questo sistema di cottura, oltre ad esaltare
con gusto la carne bianca di diverse tipologie di pesce, è un metodo
assolutamente ipocalorico, degno rappresentante della dieta mediterranea.
Sulle origini dell’Acqua pazza le opinioni divergono, data l’antichità della
ricetta. La disputa sulla paternità del metodo si perde tra i pescatori del Tirreno.
Sembra infatti che l’Acqua pazza sia stata inventata dai pescatori dell’isola di Ponza, ma
ovviamente la questione si fa burrascosa quando a rivendicarne la paternità ci
sono anche i pescatori partenopei di Capo Miseno e dell’Isola di Capri. Quello
che è certo è che i pescatori utilizzavano nella cottura l’acqua di mare,
magari accompagnata con un po’ di vino, per dare quel tocco di sapidità al
pesce appena pescato, risparmiando sul sale.
Un’ipotesi molto interessante è quella sostenuta
da Enrico Durazzo, il quale attribuisce la paternità della cottura del
pesce all’Acqua pazza ai pescatori partenopei facendo coincidere la nascita di
questo metodo di cottura con un momento
storico molto particolare per lo stato Italiano, ovvero quando a fine ottocento
fu introdotta l’odiosa tassa sul sale, che all’epoca era un bene che ricadeva
nel monopolio di Stato. Secondo Durazzo, per ovviare al problema del costo del
sale da cucina, a Napoli si introdusse l’acqua di mare per cuocere il pesce.
Per noi questa ipotesi suona un po’ forzata e resta invece più probabile
l’ipotesi marinaresca della nascita della ricetta, divenuta famosa anche nei
ristoranti negli anni ’50, quando il grande Totò, che adorava questo piatto, lo
pretendeva nei ristoranti della costiera e ovviamente a Capri.
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Ingredienti
1 orata media
400 g di pomodorini
ciliegini rossi e gialli
½ bicchiere di vino
bianco secco
2 spicchi d’aglio
Qualche rametto di prezzemolo
Origano q.b.
4 cucchiai d'olio extravergine d’oliva
Sale e pepe q.b.
Procedimento
Pulite o fatevi pulire dal pescivendolo il pesce e
squamatelo.
Sciacquatelo sotto l’acqua
corrente.
Asciugatelo con della
carta da cucina.
Lavate e sgrondate il
prezzemolo e tritatelo grossolanamente.
Farcite l’interno della
pancia con un misto di origano, sale, pepe e uno spicchio d’aglio tagliato a metà.
Lavate i pomodorini.
In una padella scaldate
4 cucchiai d’olio con uno spicchio d’aglio tagliato a metà, unite i pomodorini, salate, pepate e
spolverizzate con l’origano.
Coprite e lasciate
cuocere per circa 10 minuti.
Fate spazio tra i pomodorini e unite l’orata, irrorate con il mezzo bicchiere di vino e 100
ml di acqua.
L’orata dovrà essere
ricoperta solo a metà altezza. Coperchiate e fate cuocere a fuoco medio per
20 minuti circa ( il tempo di cottura dipende dalla grandezza dell’orata) fino
a quando il liquido non si sarà rappreso.
Trascorso il tempo
scoperchiate ed eliminate l’aglio, spolverizzate con il prezzemolo.
Potete servire così,
oppure sfilettare il pesce.
Togliete delicatamente l’orata
dal sugo, eliminate la pelle, la testa e la lisca, l’aglio all’interno .
Servite i filetti
accompagnati dal loro sughetto e da fettine di pane.