giovedì 9 novembre 2023

Penne con gorgonzola noci e spinaci

Gli spinaci sono un ortaggio a foglia verde originario della Persia. La loro raccolta avviene da ottobre a maggio ma possiamo trovarli surgelati anche negli altri mesi.
Sono ricchi di fibre, sali minerali, vitamina A e antiossidanti e possiedono poche calorie.
Contengono molto ferro, tuttavia, circa il 95% di esso è inutilizzabile come nutriente in quanto presente nella forma non-eme, il cui assorbimento è limitato rispetto al ferro in forma eme, presente, ad esempio, nella carne e negli alimenti di origine animale.
Inoltre, negli spinaci, come in molti vegetali, vi sono alcuni nutrienti che possono ostacolare ulteriormente l’assorbimento di ferro, come gli ossalati ed i fitati.
La presenza di ossalati sconsiglia il consumo eccessivo a chi soffre di calcoli renali in quanto ne favorisce la formazione.
Da assumere con cautela anche in caso di terapia anticoagulante, in quanto contenenti la vitamina K1 che può interferire con i farmaci fluidificanti.


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Ingredienti per 4 persone:

320 gr di penne rigate

150 gr di gorgonzola dolce
400 gr di spinaci
30 gr di burro
12 gherigli di noce
Sale q.b.

Procedimento.

Pulite e lavate gli spinaci, poi metteteli in una casseruola e fate lessare per tre minuti in poca acqua salata. Scolate, lasciate raffreddare, poi strizzate bene.

Mettete a cuocere la pasta in abbondate acqua salata per il tempo indicato sulla confezione.
Sbriciolate i gherigli di noce.
Scaldate il burro in un’ampia padella e fate insaporire gli spinaci per cinque minuti, unite i gherigli di noce spezzettati, il gorgonzola a pezzi o a cucchiaiate se fosse molto cremoso, un paio di cucchiai dell’acqua di cottura della pasta e amalgamate il tutto.
Scolate la pasta al dente, versatela nella padella con gli altri ingredienti, fatela saltare per un minuto e servite.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

domenica 5 novembre 2023

Risotto con zucca e Taleggio

Questo meraviglioso ortaggio, tipicamente autunnale ha, molto probabilmente, origini centro americane: i semi più antichi sono stati ritrovati in Messico e risalgono a oltre 4.000 anni fa. Furono i nativi americani, per cui la zucca era un alimento base della dieta, a insegnare la loro coltivazione ai primi coloni che la portarono in Europa insieme al mais, al tabacco, ai peperoni e alle patate.  La zucca appartiene alla famiglia delle Cucurbitaceae, la stessa delle zucchine, che non sono altro che il frutto immaturo. Il ciclo vitale della pianta è annuale, si coltivano in primavera-estate e la raccolta è tipicamente autunnale.
Le qualità nutrizionali della zucca sono molteplici, contiene vitamina E, C, acido folico, provitamina A, vitamine del gruppo B. Sali minerali come potassio, fosforo, ferro e magnesio, e infine i caroteni cui deve lo splendido colore arancione.
I carboidrati ammontano al 3,5% e l’indice glucidico è basso per cui, nonostante il gusto dolcissimo è l’ortaggio più efficace per controllare il metabolismo degli zuccheri, il suo consumo è quindi indicato per i diabetici e gli ipertesi.
“Inoltre il suo consumo può contribuire a riparare le cellule pancreatiche danneggiate dal diabete” (Dott. Ciro Vestita- nutrizionista.)
Infine, la zucca, possiede proprietà digestive, diuretiche, lassative e rinfrescanti.
In fitoterapia sono utilizzati i semi che contengono cucurbitina, tocofenoli, tocotrienoli, steroidi (1%) proteine, pectine e olio grasso e modeste quantità di Sali minerali quali manganese, zinco, selenio e rame.


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Ingredienti per 4 persone:

 320 gr di riso Carnaroli

1 bicchiere di vino bianco secco
1 cipolla bionda piccola
300 gr di zucca
80 gr di Taleggio
60 gr di Parmigiano Reggiano grattugiato
20 gr di burro
1 lt di brodo vegetale salato
Olio extravergine q.b.
Noce moscata q.b.

Procedimento

Scaldate tre cucchiai d’olio in una casseruola, aggiungete la cipolla affettata sottilmente e fatela stufare dolcemente per un paio di minuti, fate attenzione a non farla bruciare.

Unite il riso e tostatelo, rigirandolo spesso, fino a quando diventerà trasparente, aggiungete la zucca tagliata a dadini e rosolate per un minuto.
Irrorate con il vino, alzate la fiamma e fatelo sfumare per qualche minuto, avendo cura di girare continuamente il riso.
Unite il brodo vegetale caldo, poco alla volta, fino a cottura completa.
Cinque minuti prima della fine della cottura aggiungete il Taleggio tagliato a pezzetti e fatelo sciogliere rimestando, spolverizzate con della noce moscata.
Spegnete il fuoco e mantecate il riso con il burro e Parmigiano Reggiano, guarnite con qualche cubetto di zucca tenuto da parte dopo la rosolatura e una foglia di salvia.
Servite subito.

 

sabato 28 ottobre 2023

Pan de muerto messicano

Il pan de muerto (il pane del morto), come dice il suo nome, è un dolce tipico della trazione culinaria messicana che si prepara in occasione della festività dei morti.
Si tratta di una pagnotta dolce, aromatizzata con le bucce d’arancia o con i semi di anice, sofficissima e simile a una brioche.
Solitamente viene preparato qualche giorno prima della festività e consumato davanti ad un altare, realizzato per onorare i defunti, insieme con altri cibi che amavano.
Nella cultura messicana la morte non è vista come la fine ma come il proseguimento naturale in una vita ultraterrena e per questo motivo è festeggiata con allegria.
Non è difficile prepararlo e richiede semplici ingredienti come farina, burro, uova, zucchero, latte, scorza d’arancia o semi di anice.
Con le dosi che vi ho fornito, potete preparare tre pani di circa tre etti l’uno, se li preferite, più piccoli basta dividere l’impasto per più pani.
Potete velocizzare i tempi usando una planetaria anziché impastando a mano.

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Ingredienti per 4 pani medi

500 gr di farina 00

100 gr di zucchero + quello per la finitura
3 uova intere
3 tuorli
150 gr di burro a tocchetti e a temperatura ambiente
150 ml di latte tiepido (mezza tazza)
3 cucchiai di acqua di rose
2 arance bio
7 gr di lievito di birra secco
10 gr di sale fino (1 cucchiaio)

Procedimento

Innanzitutto, preparate il lievitino.

In una ciotola mettete il lievito sul fondo e versateci sopra tre cucchiai colmi di farina, un cucchiaio di zucchero e tutto il latte tiepido (36°C), versandolo a poco a poco e mescolando per evitare la formazione di grumi.
Dopo aver amalgamato il tutto, coprite con una pellicola e mettete a lievitare in un luogo caldo e lontano da correnti d’aria.
Nel frattempo, lavate bene le arance e grattugiate la buccia avendo cura di non grattugiare la parte bianca (albedo) che renderebbe il pane amaro. Coprite con la pellicola e mettete da parte.
Su di un piano di lavoro, versate la farina rimanente e distribuite intorno ad essa tutto lo zucchero e il sale; con il fondo della ciotola create un buco al centro della montagnola di farina e deponeteci il lievitino.
Nel lievitino, incorporate le uova e i tuorli (uno per volta) e mescolate delicatamente con le mani inglobando un pochino della farina circostante.
Quando avrete inglobato tutte le uova continuate a prendere la farina e incorporate tutto impastando, compreso lo zucchero e il sale.
A questo punto inserite i tocchetti di burro, pochi alla volta.
Una volta integrato completamente il burro, unite l’acqua di rose e le bucce grattugiate delle arance.
Vi troverete un impasto molto morbido, ma non aggiungete altra farina o vi troverete un pane poco soffice, continuate invece a impastare fino a quando otterrete un impasto più solido e omogeneo.
Lavoratelo stendendolo più volte fino a quando sarà più compatto, ma sempre molto morbido e si staccherà bene sia dal piano di lavoro sia dalle mani.
Mettetelo in ciotola leggermente unta con un pochino d’olio, pennellate con lo stesso anche l’impasto per evitare che asciughi troppo e coprite con la pellicola.
Mettetelo a lievitare, sempre in luogo caldo e lontano da correnti d’aria, fino al raddoppio (di solito ci vogliono due ore ma dipende dalla temperatura dell’ambiente in cui si trova).
Trascorso il tempo distribuite, sul piano di lavoro, un po’ di farina e deponeteci delicatamente l’impasto lievitato.
Schiacciatelo leggermente per eliminare l’aria e dategli una forma cilindrica di circa 30/23 cm di lunghezza e 13-15 di larghezza.
Tagliate la forma in quattro parti, tre uguali e la quarta della metà di una delle altre (servirà per fare “le ossa” ossia la guarnizione).
Infarinate nuovamente il piano di lavoro, prendete uno dei tre pezzi d’impasto, fatelo girare con le mani (pirlatura) ridandogli una forma tonda tenendo le punte sotto l’impasto, trasferite su di una teglia rivestita da carta da forno e schiacciatelo leggermente.
Eseguite le stesse operazioni anche con gli altri due pezzi distanziandoli nella teglia affinché non si attacchino tra di loro durante la lievitazione e la cottura.
Prepariamo ora “le ossa”.
Prendete il pezzo d’impasto rimasto, aggiungetegli due cucchiai di farina perché deve essere più corposo rispetto ai pani, impastatelo per inglobare la farina poi ricavate nove cilindretti.
Prendete un cilindretto arrotolatelo come fosse un grissino, poi premetelo con il dito indice al centro e fatelo rotolare avanti e indietro finché non si schiaccia completamente. Una volta diviso (ma non staccato) in due, fate la stessa cosa ai lati usando i due indici e allungandolo leggermente.
Ripetete l’operazione con altri cinque cilindretti e avrete ottenuto “le ossa”, con i tre pezzetti d’impasto rimasto create tre palline per formare “la testa”.
Spennellate i pani con dell’acqua, formando una croce nel punto dove andranno poste le ossa affinché aderiscano bene.
Posizionatene, schiacciandole leggermente, due per ogni pane, formando appunto delle croci e ponete sopra di ognuna di essa la pallina di pasta (testa) sempre dopo aver spennellato con dell’acqua.
Una volta decorati i pani metteteli ancora a lievitare fino al raddoppio del volume.
Infornate nel forno preriscaldato a 170°c per 20/30 minuti.
Quando saranno ben dorati, estraeteli dal forno e metteteli a raffreddare su di una gratella.
Una volta che saranno raffreddati, spennellateli con del burro fuso e spolverizzateli con lo zucchero semolato.
Scrollateli leggermente per eliminare lo zucchero in eccesso e il vostro pan de muerto messicano è pronto per essere gustato.

 

 

 

venerdì 27 ottobre 2023

Scrigni tartufati

Ho avuto l'onore e il piacere di inventare e preparare questa ricetta per OrtoQui alla Fiera del Tartufo di Alba.
Il tartufo è un fungo ipogeo, cioè che vive sottoterra, non è coltivabile, nasce dalle radici delle querce e si cerca  e si trova solo con l'aiuto di cani appositamente addestrati.
Il suo caratteristico profumo è composto da 120 molecole volatili.
La stagione della raccolta inizia il 21 settembre e termina il 31 gennaio.
Per gustarlo al meglio va consumato fresco e crudo lamellato con il tagliatartufi. Dal momento della raccolta si può conservare circa una settimana in frigorifero avvolto in carta da cucina e in un contenitore di vetro dotato di coperchio.
Prima del consumo, si pulisce con una spazzolina sotto l’acqua corrente, lo si asciuga e lo si lascia riposare per 15/20 minuti.
È detto anche diamante bianco sia per la sua bontà che per il costo elevato, è il re dei tartufi e il tartufo del re.
Gli altri due ingredienti che ho utilizzato sono sempre legati al territorio del cuneese, terra di eccellenze, e sono la mela rossa di Cuneo IGP e la salsiccia di Bra.
La mela rossa di Cuneo IGP si caratterizza per un’intensa colorazione della buccia particolarmente luminosa e brillante. Gustosa e croccante, si presta a innumerevoli ricette.

 

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Ingredienti per 4 persone:

 


2 rotoli di pasta sfoglia fresca

1 etto di fontina
2 mele rosse di cuneo IGP
250 gr di salsiccia di Bra
Un cucchiaio di bagnetto verde o, in alternativa del prezzemolo tritato con qualche cappero
1 tartufo bianco di Alba
1 tuorlo
25 gr. di burro

 Procedimento

Accendete il forno a 200°

Lavate e sbucciate le mele. Tagliatele a dadini. Mettete il burro in una padella antiaderente e fatelo sciogliere a fuoco bassissimo, tuffateci i dadini di mela e lasciateli dorare per 3/4 minuti e metteteli in una ciotola a raffreddare. Spellate la salciccia, schiacciate un po’ la pasta, unitela ai dadini di mela e aggiungete il cucchiaio di bagnetto verde (bagnet verd in piemontese) e amalgamate il tutto.

Tagliate a dadini anche la fontina.

Stendete il rotolo di pasta sfoglia e ritagliate dei rettangoli di pasta di circa 8/9 cm.  x 5/6 cm per lato.



Disponete al centro dei rettangoli il composto di mele e salsiccia, e sopra distribuite i cubetti di formaggio.


Ripiegate i quattro lati della pasta sigillandoli e lasciate un buco al centro in modo che il ripieno sia ben in vista.  Ricoprite la placca del forno con carta da forno e adagiatevi sopra gli scrigni

Sbattete il tuorlo d’uovo con un cucchiaino d’acqua e spennellatelo sulla superficie della pasta non toccate il ripieno.

Infornate e fate cuocere per 20/25 minuti con il forno ventilato. 30/35 minuti con quello statico.
Sfornate, lamellate il tartufo sopra il ripieno a vista e servite subito.






giovedì 26 ottobre 2023

Insalata ricca tartufata

Ho preparato questa insalata autunnale con tutti prodotti tipici piemontesi e in particolare del cuneese per la Fiera del Tartufo di Alba, dove è stata presentata.
Il tartufo è un fungo ipogeo, cioè che vive sottoterra, non è coltivabile,
nasce dalle radici delle querce e si cerca e si trova solo grazie ai cani appositamente addestrati.
Il suo caratteristico profumo è composto da 120 molecole volatili.
La stagione della raccolta inizia il 21 settembre e termina il 31 gennaio.
Per gustarlo al meglio va consumato fresco e crudo lamellato con il tagliatartufi. Dal momento della raccolta si può conservare circa una settimana in frigorifero avvolto in carta da cucina e in un contenitore di vetro dotato di coperchio.
Prima del consumo, si pulisce con una spazzolina sotto l’acqua corrente, lo si asciuga e lo si lascia riposare per 15/20 minuti.
È detto anche diamante bianco sia per la sua bontà che per il costo elevato, è il re dei tartufi e il tartufo del re.
Gli altri due ingredienti che ho utilizzato sono sempre legati al territorio del cuneese, terra di eccellenze, e sono la mela rossa di Cuneo IGP e la nocciola del Piemonte IGP (tonda gentile).


La mela rossa di Cuneo IGP si caratterizza per un’intensa colorazione della buccia particolarmente luminosa e brillante. Gustosa e croccante, si presta a innumerevoli ricette.
Ed infine la nocciola Tonda Gentile.


La Varietà di nocciolo coltivata in Piemonte è la Tonda Gentile Trilobata. La cui produzione è concentrata nelle province di Cuneo, Asti e Alessandria, in un areale compreso tra le colline delle Langhe, del Roero e del Monferrato. La denominazione I.G.P. garantisce agli utilizzatori ed ai consumatori la qualità e l'autenticità del prodotto.
La Nocciola Piemonte I.G.P., è particolarmente apprezzata dall'industria dolciaria per i suoi parametri qualitativi quali: forma sferoidale del seme, gusto ed aroma eccellenti dopo tostatura, elevata pelabilità, buona conservabilità.
Per questi motivi la Nocciola Piemonte è universalmente conosciuta come la migliore al mondo.


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Ingredienti per 4 persone:




125 gr di songino (valerianella)

2 mele rosse di Cuneo IGP
50 gr di nocciole Piemonte IGP sgusciate e tostate
70 gr di Fontina
Scaglie di tartufo bianco di Alba
Aceto balsamico q.b.
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale q.b.

Procedimento.

Lavate e sgrondate il songino.

Sgusciate le nocciole, mettetele in un tegame antiaderente e fatele tostare a fuoco vivo, togliete la pellicina.

 


Tagliate a cubetti la fontina.

Mettete tutti gli ingredienti in un’insalatiera o in singoli piatti, condite con olio extravergine d’oliva, aceto balsamico e sale.
Distribuite sopra delle scaglie di tartufo e servite.


Per vedere  il  video della preparazione  cliccate qui

domenica 22 ottobre 2023

Torta di castagne e mandorle

La castagna è un alimento sano e molto nutriente, ha proprietà remineralizzanti e tonificanti non a caso è considerata un alimento ottimale per gli sportivi, perché il potassio contribuisce a ridurre l'affaticamento muscolare.

La castagna fresca ha un contenuto d'acqua del 50% circa (secca del 10%), un contenuto calorico di 200 kcal ogni 100 g (secca 350Kcal/100 g), un buon contenuto di fibra (7-8%), un eccellente apporto di glucidi zuccherini e amilacei (35% circa).
Possiede un discreto contenuto di proteine di qualità, una bassa percentuale di grassi (3 g/1 hg), un'alta percentuale di potassio, altri sali minerali come magnesio, calcio, zolfo e fosforo; infine, possiede vitamine idrosolubili (B1, B2, PP, C).

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Ingredienti per una teglia di 22 cm di diametro

400 g di castagne

100 g di farina di mandorle
140 g di zucchero di canna
110 g di burro
4 uova
1 arancia bio
1 pizzico di sale fino

Ingredienti per la glassa al cioccolato:

200 gr di cioccolato fondente

50 gr di burro a temperatura ambiente
3 cucchiai di latte

Procedimento

Fate lessare le castagne per trentacinque minuti, lasciatele intiepidire poi pelatele e passatele nel passaverdure o frullatele per ottenere una purea.

Nel frattempo, tagliate il burro a pezzi e fatelo ammorbidire a temperatura ambiente, poi schiacciatelo con i rebbi di una forchetta per renderlo morbido come una crema.
Lavate bene l’arancia e grattugiate la buccia facendo attenzione a non grattugiare la parte bianca (albedo) che renderebbe la torta amara.
Dividete i tuorli dagli albumi e mettete questi ultimi in una ciotola, iniziate a montarli e quando saranno spumosi unite 40 g di zucchero e continuate a montandoli a neve.
In una ciotola capiente mettete il rimanente zucchero, un pizzico di sale fino e i tuorli. Montateli con le fruste elettriche e quando avranno raggiunto una consistenza spumosa, aggiungete la scorza grattugiata, la farina di mandorle, il burro a crema, la purea di castagne e amalgamate bene il tutto; a questo punto, incorporate gli albumi delicatamente e mescolando dal basso verso l’alto.
Imburrate una tortiera a cerniera di 22 cm, versate il composto e infornate in forno preriscaldato a 180°C per circa trenta minuti.
Per verificare se la cottura, infilate uno stecchino nella torta: se quando lo estraete, è pulito (cioè senza l’impasto attaccato) vuol dire che è cotta.
Sfornate e lasciate raffreddare.
Quando si sarà raffreddata, preparate la glassa a bagnomaria.
Prendete due pentolini, uno piccolo e uno più grande che lo possa contenere. Nel più grande mettete dell’acqua e inserite il più piccolo, in cui avrete messo il cioccolato spezzettato, il burro e il latte. Scaldate l’acqua, a fuoco bassissimo (non deve bollire), mescolando bene gli ingredienti inseriti nel pentolino più piccolo, per farli sciogliere. Spegnete il gas, lasciate intiepidire e versate la glassa sul dolce, distribuite subito con una spatola e lasciate raffreddare a temperatura ambiente. 
Al momento di servirla spolverizzate sopra della granella di mandorle.
Se non doveste trovare la farina di mandorle o la granella, basta semplicemente utilizzare le mandorle e tritandole in un frullatore con un cucchiaio di zucchero fino a renderle una farina.

 

 

venerdì 20 ottobre 2023

Focaccia di Recco

La focaccia di Recco è una ricetta tipica della tradizione culinaria ligure semplicissima, sia per la preparazione sia per gli ingredienti.  La sua caratterista è quella di essere composta da due sfoglie sottilissime d’impasto non lievitato che racchiudono un delizioso e filante ripieno di Prescinsêua, una sorta di stracchino tipico della Liguria e del genovese in particolare.

Si ottiene così una focaccia molto croccante con un ripieno morbidissimo, quasi liquido.

Il contrasto che ne deriva è ciò che la rende inimitabile.

 

La storia

La ricerca storica che accompagna la documentazione storica per la richiesta di tutela europea narra che già ai tempi dei romani questo prodotto esisteva, Catone lo cita nel “De re rustica” come “scripilita cum caseo sine mille”; grazie alla storica Simonetta Duodo Valenziano si colloca il prodotto in Liguria all’epoca della terza crociata.

“Era la Pentecoste di rose dell’anno 1189… la cappella dell’Abbazia di San Fruttuoso accoglieva i crociati liguri per un solenne Te Deum prima della partenza della flotta per la Terra Santa… Sulle bianche tovaglie di lino ricamate facevano bella vista i piatti di peltro e di rame, zuppiere di ceramica e di coccio colme di ogni bendiio: pagnotte di farro ed orzo impastate con miele, fichi secchi e zibibbo, carpione di pesce, agliata, olive e una focaccia di semola ripiena di giuncata appena rappresa (la focaccia col formaggio)…”.

In seguito, la leggenda narra che la popolazione recchese si rifugiava nell’immediato entroterra per sfuggire alle incursioni dei saraceni e grazie alla possibilità di disporre di olio, formaggetta e farina, cuocendo la pasta ripiena di formaggio su una pietra d’ardesia coperta, venne “inventato” quel prodotto gastronomico che oggi conosciamo come “Focaccia di Recco col Formaggio”.

Sul finire del 1800, quando Recco contava circa 3.000 abitanti, ritroviamo la “Focaccia di Recco col Formaggio” nei cinque forni cittadini che campavano alla meglio vendendo esclusivamente le focacce liguri, uno di essi esiste ancor oggi (forno Moltedo). Alla fine, dell’800 aprono a Recco le prime trattorie con cucina, ed a quei tempi la “Focaccia col Formaggio” veniva proposta unicamente nel periodo di celebrazione dei morti.
Grazie all’intraprendenza di “rechelini doc” di allora, professionisti panificatori e ristoratori di oggi, “Manuelina, Vittorio, Vitturin, le famiglie Moltedo e Tossini fra i più conosciuti, la focaccia col formaggio vide il suo sviluppo commerciale e d’immagine. Con le loro abilità attirarono nelle osterie e nei forni recchesi il bel mondo d'inizio secolo diffondendo questo prodotto “principe” della gastronomia cittadina, (di quei tempi si ricorda che persino Guglielmo Marconi e l’Infanta di Spagna degustarono la focaccia col formaggio andando appositamente a Recco).
Le compagnie teatrali divennero clienti fissi perché dopo lo spettacolo in teatro, da Genova si trasferivano a Recco richiamati dal profumo ... e dall’ospitalità infinita di quegli “osti” recchesi che fin da allora fecero della loro arte naturale “del far da mangiare” una professione cresciuta poi nel tempo precorrendo i tempi e tenendo aperto fino a tarda notte i loro locali, tutto grazie a lei, la focaccia col formaggio che solo qui si trovava.
Durante l’ultimo conflitto mondiale Recco venne più volte rasa al suolo dai bombardamenti vedendo così annullate tutte le sue capacità di attrattiva turistica conservate nel tempo da altre vicine località balneari della riviera. Ciò nonostante, gli abitanti recchesi hanno dato estro alle proprie fantasie del “saper fare” creando da una tradizione quasi “leggendaria” un vero e proprio filone d’imprenditoria che ancora oggi risulta trainante.2000
Negli anni ‘50 arrivano i primi turisti e si inizia a comprendere che il futuro di Recco sarebbe stato basato su di loro, con particolare attenzione a quello che oggi viene ormai chiamato “Turismo di gola”. 2000
Nel 1955 nasce la prima festa della Focaccia di Recco col Formaggio promossa dai ristoratori e dai fornai dell’intera città. Nel frattempo, viene costruita, raggiungendo la Riviera di Levante, l’autostrada Genova-Livorno, e Recco, grazie all’apertura del casello autostradale, vede un incremento notevolissimo dell’afflusso turistico.
Sono gli anni in cui il boom economico accompagna il successo sempre crescente della gastronomia e della ristorazione recchese che attirava, come ancor oggi attira, personaggi del mondo dello spettacolo, politico e giornalistico, sempre in quegli anni, con i successi sportivi della famosa Pro Recco Pallanuoto, decretando alla propria città l’indiscusso titolo di “Capitale Gastronomica della Liguria”.

Fonte: Focaccia di Recco

 


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Ingredienti per 4 persone:

400 gr di farina 00

250 ml di acqua
500 gr di Prescinsêua o di stracchino
45 ml di olio extravergine d’oliva
10 gr di sale fino

Procedimento

Sciogliete il sale nell’acqua.

Setacciate la farina in una ciotola e versate lentamente l’acqua iniziando ad impastare.
Unite, poco alla volta, l’olio e continuate ad impastare fino inglobarlo tutto, quando si staccherà dalla ciotola, versatelo su di un piano di lavoro e lavoratelo fino ad ottenere un impasto morbido ed omogeneo.


Formate una palla e rimettetela nella ciotola, coprite con della pellicola e mettete in frigorifero per due o tre ore. Questo riposo farà sì che l’impasto sarà poi più malleabile per la stesura.


Trascorso il tempo riprendete la pasta e dividetela in due parti uguali.

Stendete due sfoglie molto sottili, io per facilitarmi il compito lo faccio su della carta da forno infarinata.

Stendete la prima sfoglia su tutta la superficie di una teglia ben oliata facendola sbordare leggermente, comprimete leggermente per eliminare l’aria,

Distribuire sopra la prescinsêua o lo stracchino a pezzettoni (io ho utilizzato quest’ultimo in quanto la prescinsêua è introvabile fuori Genova).

Prendete l’altra sfoglia e adagiatela sopra il formaggio.

Comprimete leggermente in modo da uniformare il tutto.


Eliminate la pasta in eccesso aiutandovi con un coltello affilato e dalla lama liscia.
 Chiudete bene il bordo e arrotolatelo leggermente.

Praticate dei piccoli fori con i rebbi di una forchetta e allargarli con le dita in modo da far fuoriuscire un pochino del formaggio, irrorate con un filo d’olio,

Infornate a 200° in forno statico per circa dieci/quindici minuti.
Estraetela dal forno e lasciatela riposare per circa dieci minuti prima di servirla posizionata su di un tagliere di legno.