Questo tipico
“spuntino” napoletano, molto amato e che ben si sposa con la birra, nasce nel
'700 nella Napoli povera, dove la fame regnava sovrana.
Inizialmente gli avanzi della pasta da pane venivano riutilizzati, aggiungendo solo della sugna (lo strutto) e del pepe; così, le abili mani dei fornai, realizzavano queste ciambelle che erano economicamente accessibili a tutta la popolazione denutrita e affamata dei ''fondaci'', le zone popolari nelle vicinanze del porto. Caratteristica figura legata a questo prodotto era quella del “tarallaro” che, con in spalla la sua cesta di taralli ricoperti da un panno di lana per mantenerli caldi e fragranti, percorreva la città in lungo e in largo vendendoli ai passanti.
Negli anni successivi furono arricchiti dall'aggiunta delle mandorle che con la loro dolcezza mitigano l'aroma pungente del pepe. Essi venivano serviti anche nelle osterie accompagnati da caraffe di vino, in quanto la massiccia presenza di pepe aumentava la sete e spingeva i clienti a consumare di più. Oggi il vino è stato ottimamente sostituito dalla birra.
Inizialmente gli avanzi della pasta da pane venivano riutilizzati, aggiungendo solo della sugna (lo strutto) e del pepe; così, le abili mani dei fornai, realizzavano queste ciambelle che erano economicamente accessibili a tutta la popolazione denutrita e affamata dei ''fondaci'', le zone popolari nelle vicinanze del porto. Caratteristica figura legata a questo prodotto era quella del “tarallaro” che, con in spalla la sua cesta di taralli ricoperti da un panno di lana per mantenerli caldi e fragranti, percorreva la città in lungo e in largo vendendoli ai passanti.
Negli anni successivi furono arricchiti dall'aggiunta delle mandorle che con la loro dolcezza mitigano l'aroma pungente del pepe. Essi venivano serviti anche nelle osterie accompagnati da caraffe di vino, in quanto la massiccia presenza di pepe aumentava la sete e spingeva i clienti a consumare di più. Oggi il vino è stato ottimamente sostituito dalla birra.
I taralli sono così
famosi e tipici che, oltre che
nell’alimentazione, trovano spazio anche
nel linguaggio. Inequivocabilmente napoletano è il modo di dire: “Se ti
tirassen’ na sport’e taralle, nun ne cadesse uno ‘nterra”. ( Se ti lanciassero
una cesta di taralli, non ne cadrebbe alcuno al suolo). Perché?
Pecchè tien’e ccorna! (Perchè hai le corna! Cioè la tua consorte
intrattiene una relazione con un altro uomo).
Per prepare questi taralli ho
utilizzato la meravigliosa farina Antiqua tipo 1.
Ingredienti
per 12/15 taralli
500
gr di farina Antiqua tipo 1
200
di mandorle non pelate
160
gr di strutto
230
ml di acqua
½
bustina di lievito di birra secco
4
gr di pepe
12
gr di sale
Procedimento
In
una capiente ciotola mettete lo strutto, la farina, il lievito, il pepe, il
sale e metà delle mandorle tritate grossolanamente. Unite l’acqua tiepida
(38/40°) e impastate bene per dieci minuti. Con l’impasto ottenuto formate una palla,
rimettetela nella ciotola e ricopritela con un canovaccio. Lasciatela lievitare
per trenta minuti poi prendetene un pugno e formate un rotolino sottile lungo
circa 20 cm.,
poi avvolgetelo su se stesso, chiudete l’estremità e guarnite con tre o quattro
mandorle intere. Proseguite così fino a esaurimento degli ingredienti. Disponete
i taralli sulla placca rivestita di carta da forno.
Cuocete in forno già caldo a 200° per i primi 15 minuti, poi abbassate la temperatura a 160° per altri 15 minuti e continuate la cottura per altri 15 minuti a 140°. A cottura ultimata i taralli dovranno rimanere ben dorati sia sopra sia sotto.
Cuocete in forno già caldo a 200° per i primi 15 minuti, poi abbassate la temperatura a 160° per altri 15 minuti e continuate la cottura per altri 15 minuti a 140°. A cottura ultimata i taralli dovranno rimanere ben dorati sia sopra sia sotto.
E
buon appetito!
Consiglio:
se non amate lo strutto, potete sostituirlo con l’olio extravergine, i taralli saranno
altrettanto buoni ma meno friabili.