mercoledì 13 gennaio 2021

Frittata di carciofi al timo

Il carciofo è una pianta nota fin dai tempi antichi, la sua coltivazione è diffusa maggiormente nei paesi del Mediterraneo, soprattutto in Italia, Francia e Spagna. La Sardegna è la regione che maggiormente si caratterizza per la coltivazione ed il consumo di questo delizioso ortaggio. La raccolta avviene principalmente tra il mese di ottobre e di maggio.E’ ricchissimo di principi attivi e vanta molte virtù terapeutiche. Possiede pochissime calorie e contiene molte fibre, oltre a sali minerali come calcio, fosforo, magnesio, ferro e potassio. Vanta un effetto disintossicante essendo diuretico e stimolante della funzione epatica ed è  utile per combattere problemi di diabete, colesterolo, ipertensione.


LE IMMAGINI E I TESTI PUBBLICATI IN QUESTO SITO SONO DI PROPRIETA' DELL'AUTORE E SONO PROTETTI DALLA LEGGE SUL DIRITTO D'AUTORE N. 633/1941 E SUCCESSIVE MODIFICHE. COPYRIGHT © 2010-2050 TUTTI I DIRITTI RISERVATI A IL POMODORO ROSSO DI MARIA ANTONIETTA GRASSI

Ingredienti per 4 persone:

4 carciofi
4 uova
Una decina di rametti di prezzemolo
Una decina di capperi sott'aceto
Un rametto di timo
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale e pepe q.b.
Aceto balsamico q.b.


Procedimento

Pulite i carciofi asportando le foglie esterne più dure e la barba interna, immergeteli in acqua acidulata con il limone per evitare che anneriscano. 
Tagliate la cipolla a fettine sottili,  tritate lo spicchio d’aglio con le foglioline del prezzemolo e i capperi . 
In un’ampia padella scaldate 4 cucchiai d’olio , aggiungete la cipolla tritata e fate dorare per qualche minuto (deve diventare trasparente,non bruciare).

Aggiungete  i carciofi sgocciolati e tagliarli a spicchi  sottili.


Fate soffriggere delicatamente a pentola coperta per qualche minuto, rigirandoli spesso, aggiustate di sale  e fate cuocere ancora per 10 minuti, se è il caso aggiungete un pochino d'acqua. Un minuto prima di spegnere il fornello unite il trito di prezzemolo aglio e capperi e gli aghetti del timo.
Sbattete le uova, salatele e unite i carciofi caldi,  amalgamate bene. Versate tutto nella stessa padella, ancora calda, in cui avete cotto i carciofi e lasciate cuocere 5 minuti per parte.

Impiattate, versate alcune gocce di aceto balsamico e servite.

 

 

 

giovedì 7 gennaio 2021

Carote in agrodolce

La carota è una pianta erbacea originaria dall’Europa sud-orientale e dall’ Asia occidentale mentre  il suo nome deriva dal greco Karotón.
Sebbene tutti conoscano le qualità benefiche e curative della carota, utilissima a rinforzare la vista, portando sollievo a chi soffre di arrossamento degli occhi frequente, così come a prevenire l’invecchiamento della pelle e favorire l’insorgere del latte nelle donna che hanno partorito.
Non  tutti sanno che in origine i colori prevalenti della carota erano quelli della varietà violacea o quelli tendenti al grigio, ancora propri delle varietà tradizionali ormai in forte disuso nelle coltivazioni. Solo alla fine del secolo XVII, in Olanda, per rendere onore alla dinastia degli Orange, che avevano guidato il paese nella guerra di indipendenza contro il potere spagnolo, alcuni coltivatori iniziarono a selezionare con cura le sementi per dare all’ortaggio il caratteristico colore arancione che vediamo ancora adesso. La scelta politica degli agricoltori olandesi fu, da quel momento in poi, apprezzata da tutta Europa, dato che il nuovo colore era molto più gradevole alla vista e si caratterizzava per un gusto più dolce e delicato rispetto alla versione originaria.



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Ingredienti per 4 persone:

500 g  di carote
1 cipolla
1 spicchio d’aglio
3 cucchiai d’aceto
1 cucchiaino di zucchero
2 cucchiai di bagnetto verde  o del prezzemolo tritato
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale q.b.

Procedimento

Tagliate a fettine sottili  la cipolla,  spelate le carote, lavatele e tagliatele a tocchetti o a rondelle.
In una padella antiaderente scaldate 4 cucchiai d'olio unite lo spicchio d'aglio e le carote e
fate soffriggere dolcemente per una decina di minuti, aggiungete poi l’aceto, lo zucchero, un po’ d’acqua e il sale.
Fate cuocere a padella coperta per 15 minuti o fin quando le carote saranno cotte, aggiungete il bagnetto  o, in alternativa, il prezzemolo tritato e lasciate ancora sul fuoco per 2/3 minuti a padella scoperta.
Se preparate questo piatto  un giorno prima,  risulterà molto più gustoso.
La dose d’aceto può variare a seconda dei gusti personali.


lunedì 4 gennaio 2021

Focaccia di Giaveno

Giaveno è un ridente comune sito nella Val Sangone in provincia di Torino che vanta una lunga tradizione di panificatori artigianali che sfornano prodotti da forno eccelsi.
La focaccia dolce della Befana o Focaccia di Giaveno  (come è conosciuta) fa parte di questa  centenaria tradizione diventando un dolce tipico  piemontese.
La caratteristica di questa focaccia molto morbida e soffice sta nella sua semplicità, come tutta la buona cucina popolare.
Veniva preparata e consumata prevalentemente all’Epifania e tradizione vuole che al suo interno fosse inserita una fava come “portafortuna “ della Befana per chi l’avesse trovata.
Oggi viene preparata e consumata in tutti i mesi dell'anno.



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Ingredienti

400 gr Farina di grano tenero tipo “0”
100 gr di acqua
3 tuorli d’uovo
60 gr di burro
30 gr di  zucchero
15 gr di fruttosio
70 gr di lievito madre in polvere
150 gr latte magro
Zucchero semolato per lo spolvero
1 cucchiaino di sale fino
Buccia di un limone o di mezza arancia bio

Procedimento

Mettete la farina, il lievito e il fruttosio in una ciotola e miscelate bene.
Versate lentamente l’acqua e il latte appena tiepidi (max 35°C) e impastate fino a far assorbire tutti i liquidi.
Sbattete i tuorli con lo zucchero e  inglobateli nell’impasto.
Unite il burro a crema (cioè lasciato ammorbidire a temperatura ambiente) e continuate a lavorare l’impasto fino a renderlo ben elastico e omogeneo.
Allargatelo e distribuite il sale e la buccia grattugiata del limone.
Continuate ad impastare fino ad inglobare bene tutto.
L’impasto deve risultare molto morbido. Formate una palla e mettetela a lievitare in una ciotola coperta da uno strofinaccio da cucina e lontano da colpi d’aria.
Lasciatelo lievitare per circa 7/8 ore o fino a quando avrà triplicato il volume.
Trascorso il tempo, mettete della carta da forno  leggermente  unta con un pochino di burro fuso sulla leccarda e adagiatevi l’impasto.
Lavorate con le mani delicatamente per dargli la caratteristica forma tonda della focaccia.
Lasciate lievitare ancora per un’ora poi, create con il dito unto i caratteristici buchetti.
Spolverizzate con un paio di cucchiai di zucchero  e infornate (forno statico) a 200°C per 5 minuti poi abbassate la temperatura a 180°C per altri 30 minuti.
Sfornate, lasciate intiepidire e spolverizzate con altro zucchero.

sabato 2 gennaio 2021

Treccione rustico di pane integrale

Adoro preparare il pane! Adoro ripetere quei gesti arcaici, quasi una sorta di rito che da migliaia di anni accompagna l’uomo. Non uso nessuna macchina perché mi piace affondare le mani nella farina e nel lievito e sentirla “viva”, amica. E che dire poi del profumo che si sprigiona durante la cottura? Inebriante! Preferisco utilizzare la farina integrale per poter godere appieno dei suoi nutrienti e di diversi tipi, farro, kamut, grano, cereali ecc. La farina che ho utilizzato in questa ricetta è  farina Antiqua tipo integrale.


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Ingredienti:

340 ml di acqua
2 cucchiai di olio extravergine d’oliva
9 gr di lievito di birra disidratato
15 gr di pasta madre disidratata
1 cucchiaino di miele o di zucchero
1 cucchiaio pieno di sale fino


Procedimento

Scaldate leggermente l’acqua (la temperatura deve essere tra i 30° e i 35°) unite il cucchiaino di miele e fatelo sciogliere.
Mischiate  la farina con il lievito e la pasta acida. 


Fate una fontana e aggiungete due cucchiai di olio e, gradualmente  l' acqua iniziando a impastare. Quando l’impasto avrà raccolto tutta l’acqua, aggiungete il sale.
Impastate fino a ottenere un composto omogeneo, elastico e asciutto (10/15 minuti).
Lasciate riposare l'impasto per un'ora coperto e lontano da colpi d'aria. 



Trascorsa l'ora rimpastatelo delicatamente per 1 minuto, poi dividetelo in tre  parti  allungatele , facendole rotolare delicatamente sul piano infarinato fino a formare tre cordoni identici.
Unite insieme le punte premendole leggermente per farle aderire, poi intrecciate i tre cordoni per formare il  treccione, premete insieme le parti terminali per sigillarlo.


Mettetelo su di una leccarda rivestita con carta da forno, coprite e fate continuare la lievitazione  per altre due ore circa, lontano da colpi d’aria, (l'ideale sarebbe metterlo nel forno spento) cosparso da abbondante farina Antiqua sopra e sotto. La lievitazione sarà completata quando raddoppierà il suo volume.  ( I tempi che vi ho dato sono per una temperatura di circa 23 gradi, se inferiore impiegherà più tempo a lievitare, se superiore la lievitazione sarà completa in tempi più brevi).
Accendete il forno a 200° (forno statico) e inserite sul fondo un pentolino con dell’acqua (servirà a mantenere la giusta umidità). Quando il forno raggiungerà la temperatura, infornate il pane e lasciate cuocere per 35/40 minuti.
Sfornate e fate raffreddare su di una gratella.





lunedì 28 dicembre 2020

Finocchi gratinati al forno

Croccante e piacevolmente profumato, il finocchio è forse uno degli ortaggi
più presenti sulle tavole dell’area del Mediterraneo.
Il clima migliore per la sua coltivazione è temperato, ma più tendente al caldo che al freddo. In Italia si coltiva più o meno ovunque, soprattutto al Centro e al Sud, dove viene molto usato a fine pasto, per favorire la digestione.
Esiste anche una varietà di finocchio selvatico.
Questo ortaggio è noto soprattutto per le sue proprietà digestive; ma è amico di tutto l’apparato gastrointestinale. Ha infatti la capacità di evitare la formazione di gas intestinali e contiene anetolo, una sostanza in grado di agire sulle dolorose contrazioni addominali.
Il finocchio ha, inoltre, proprietà depurative, in particolare a carico del fegato e del sangue. Ha, inoltre, potere antinfiammatorio.
È composto principalmente d’acqua; tra i minerali il più presente è il potassio; contiene vitamina A, vitamina C e alcune vitamine del gruppo B. È discretamente ricco di flavonoidi. Apporta pochissime calorie.

Fonte: Cure-Naturali.it 



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Ingredienti per 4 persone:

4 finocchi medi 
100 gr di Parmigiano Reggiano grattugiato
100 gr di farina di mais per impanature o, in alternativa, del pangrattato
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale q.b.


Procedimento

Eliminate dai finocchi le foglie più dure. Tagliateli in quarti e lavateli molto bene.
Mettete a scaldare dell’acqua salata, quando bolle gettateci i finocchi, riportate a bollore e lasciateli sbollentare per 7-8 minuti.
Scolateli, lasciateli raffreddare e tagliateli a fette non troppo sottili.
Unite il formaggio alla farina di mais e amalgamate.
Ungete una pirofila da forno con un pochino d’olio e distribuite metà dei finocchi. Spolverizzateli con metà del composto di formaggio e farina di mais.
Irrorate con un filo d’olio.
Distribuite sopra i finocchi rimanenti e il composto di formaggio e farina di mais, irrorate ancora con dell’olio.
Infornate (forno già a temperatura di 190 C°) e fate cuocere per circa 30 minuti.
Se è il caso passate alla funzione grill gli ultimi 5 minuti di cottura.







mercoledì 23 dicembre 2020

AUGURI!

 



Cari amici,
ormai lo sappiamo tutti: quello di quest'anno non sarà il Natale degli abbracci e delle grandi tavolate in compagnia, ma sarà il Natale del rispetto delle regole e della vita, nostra e degli altri. Alcuni avranno la fortuna di passarlo con i famigliari più cari, altri invece lo dovranno passare da soli, o in ospedale, o col ricordo di qualcuno che questo virus ha portato via...

Ma l'anno nuovo che sta per arrivare ci porta finalmente la speranza di un ritorno alle nostre libertà, di incontrarci, di abbracciarci e di respirare, anche se con ancora addosso i segni che questa pandemia ci ha lasciato.

E allora non posso far altro che augurarvi, per questo Natale, di viverlo in sincerità, sicurezza e col sorriso di chi vi ama, anche se questo sarà nascosto da una mascherina o lo vedrete dentro uno schermo, e per il 2021 di ritrovare presto la gioia di potersi incontrare di nuovo.

 BUON NATALE!

sabato 12 dicembre 2020

Baccalà fritto alla romana

Questa è una ricetta tipica romana, molto amata e considerata cibo di strada. Io la amo particolarmente perché mi riporta indietro nel tempo quando, bambina, andavo con i miei genitori in una tipica osteria a Ostia dove servivano il miglior baccalà fritto che io abbia mai mangiato, accompagnato da un fresco vinello bianco che però, stante la mia giovane età, a me era precluso. A distanza di decenni ne sento ancora il sapore e la croccantezza.
E’ consuetudine consumarlo durante le feste natalizie perché considerato di buon auspicio.
Ancora oggi a Trastevere, nel centro di Roma, ci sono dei chioschi che lo vendono servito in dei cartocci e adesso lo chiamano street food (cibo da strada) in un assurdo annientamento della nostra lingua.
Niente uova né lievito per questa pastella per non alterare il sapore del pesce e, se preferite, al posto della birra potete utilizzare dell’acqua minerale gasata.



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Ingredienti:

500 gr di baccalà sotto sale
220 gr di farina 00
2 cucchiai di semola di grano duro
250 ml di birra chiara fredda
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale q.b.


Procedimento

Dissalate il baccalà mettendolo a mollo per 2 gg. cambiando spesso l’acqua e conservandolo in frigorifero. Scolatelo , asciugatelo molto bene e tagliatelo a pezzi . Potete tagliarlo a filetti o fare dei quadrati e eliminare la pelle se non vi piace.
Preparate la pastella unendo le due farine (la semola servirà a donare croccantezza) e versando, poco alla volta, la birra. Amalgamate sempre dallo stesso verso per evitare la formazione di grumi.
Quando avrete ottenuto un composto morbido e omogeneo copritelo e mettetelo in frigorifero per un’ora.
Se la pastella non fosse abbastanza liquida, aggiungete ancora un pochino di birra.
In una padella scaldate abbondante olio. Immergete i pezzi di merluzzo nella pastella e metteteli a friggere (pochi alla volta per non abbassare troppo la temperatura dell’olio e a fuoco lento perché deve cuocere il pesce oltre che la pastella) per circa 5 minuti.
Scolateli e metteteli su della carta assorbente per eliminare l’unto in eccesso, assaggiate e se è il caso salateli.
Servite con spicchi di limone.



lunedì 7 dicembre 2020

Roccocò

Il roccocò è un dolce tipico napoletano prodotto con mandorle, farina, zucchero,  miele, buccia d’arancia e Pisto napoletano che è un miscuglio di spezie varie.
La sua origine si fa risalire al 1320 per opera delle monache del Real Convento della Maddalena. Il nome roccocò deriva dal termine francese rocaille per via della forma barocca e tondeggiante simile a una conchiglia arrotondata.
La tradizione vuole che sia consumato  alla fine del pasto dalle famiglie napoletane l’8 dicembre, giorno dell’Immacolata Concezione, e che le accompagna per tutto il periodo natalizio insieme ad altri dolci tipici come  i raffiuoli, i mostaccioli e i susamielli.
Tuttavia vista la grande richiesta, soprattutto da parte dei turisti oggi  lo si può trovare in pasticceria tutto l’anno.
E’ un biscotto particolarmente duro e quindi lo si consuma bagnandolo nel Vermouth, nello Spumante, nel vino bianco, nel Vin Santo o nel Marsala.



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Ingredienti per 4/6 persone:

500 gr di farina 00
200 gr di zucchero extrafine
100 gr di miele d’acacia
500 gr di mandorle tostate
7 gr di pisto (coriandolo, noce moscata, cannella, chiodi di garofano, anice stellato)
3 gr di bicarbonato d’ammonio (ammoniaca per dolci)
180 gr di acqua a 40°
1 buccia grattugiata d’arancia bio piccola
1 tuorlo d’uovo
1 pizzico di sale

Procedimento

In una ciotola mettete la farina , lo zucchero, il miele, il pisto e il bicarbonato d’ammonio , la buccia grattugiata dell’arancia e un pizzichino di sale.
Mischiate bene e versate a fontana  su di una spianatoia.
Aggiungete l’acqua e impastate, unite le mandorle intere e continuate ad impastare fino ad ottenere un composto omogeneo. Se fosse troppo compatto unite ancora un pochino di acqua tiepida.
Raggiunta la giusta consistenza staccate delle palline dello stesso peso e allungatele con le mani facendole ruotare sulla spianatoia fino ad ottenere dei filoncini lunghi circa 15 cm e spessi circa 1cm.
Arrotolateli dandogli la classica forma a cerchio e schiacciate un pochino con due dita la giuntura in modo che non si apra durante la cottura. Disponeteli su di una leccarda rivestita con la  carta da forno e spennellateli con il tuorlo allungato con un cucchiaino d’acqua.
Cuocete in forno (forno statico e  già caldo) a 180°C per 25 minuti.
Sfornate e lasciate raffreddare.
Servite accompagnandoli con Vin Santo o Vermouth o Marsala o vini liquorosi.




mercoledì 2 dicembre 2020

Stufato di carciofi e patate

Il carciofo è una pianta nota fin dai tempi antichi, la sua coltivazione è diffusa maggiormente nei paesi del Mediterraneo, soprattutto in Italia, Francia e Spagna. La Sardegna è la regione che maggiormente si caratterizza per la coltivazione ed il consumo di questo delizioso ortaggio. La raccolta avviene principalmente tra il mese di ottobre e di maggio.E’ ricchissimo di principi attivi e vanta molte virtù terapeutiche. Possiede pochissime calorie e contiene molte fibre, oltre a sali minerali come calcio, fosforo, magnesio, ferro e potassio. Vanta un effetto disintossicante essendo diuretico e stimolante della funzione epatica ed è  utili per combattere problemi di diabete, colesterolo, ipertensione.


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Ingredienti per 4 persone:

 5 carciofi sardi con le spine
3 patate  gialle medie
1 cipolla dorata piccola
1 spicchio d’aglio
Qualche rametto di prezzemolo
1 cucchiaio di capperi sottaceto
2 filetti di alici sott'olio
Mezzo bicchiere d’acqua
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale q.b.


Procedimento

Pulite i carciofi asportando le foglie esterne più dure e la barba interna,  pulite anche i gambi e immergete tutto  in acqua acidulata con il limone per evitare che anneriscano.
Pelate le patate, lavatele e tagliatela a tocchetti non troppo piccoli.

Tagliate la cipolla a fettine sottili,  tritare lo spicchio d’aglio con le foglioline del prezzemolo, i capperi e le alici.

In un’ampia padella scaldate 4 cucchiai d’olio , aggiungete la cipolla tritata e fate dorare per qualche minuto (deve diventare trasparente,non bruciare).
Aggiungete  i carciofi sgocciolati e tagliati a spicchi (se grandi o a metà se piccoli), i gambi a tocchetti  e le patate.
Fate soffriggere delicatamente a pentola coperta per qualche minuto, rigirando spesso, aggiustate di sale, aggiungete un pochino di acqua  e fate cuocere ancora fino a cottura ultimata(circa 15 minuti).
Un minuto prima di spegnere il fornello unite il trito di prezzemolo aglio e capperi e l’origano e fate insaporire.
Servite accompagnando con fettine di pane tostate.

 

 

 

giovedì 12 novembre 2020

Pasta con le sarde a modo mio


La pasta con le sarde (pasta chî sardi in siciliano) è un piatto tipico della cucina siciliana, inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T) del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf). In origine è un piatto stagionale: si può preparare da marzo a settembre, periodo in cui si trovano al mercato le sarde fresche ed è possibile raccogliere nei campi il finocchio selvatico.
Esistono molte varianti. Una tra le più importanti è la pasta con le sarde alla trappitara, ricetta gelosamente custodita da famiglie marinare di Trappeto (PA).
Secondo la tradizione la pasta con le sarde fu inventata da un cuoco arabo del generale Eufemio da Messina, durante la campagna militare degli arabi nella zona di Siracusa (secondo un'altra versione, poco presente nelle fonti, il fatto sarebbe accaduto a Mazara del Vallo). Il cuoco doveva sfamare le numerose truppe, trovandosi però in condizioni disagiate dovette fare appello alla sua inventiva ed elaborare un piatto con quel che la natura di quel luogo gli offriva; fu così che unì il pesce, rappresentato dalle sarde (o alici nella versione del piatto che risale ai tradizionali spaghetti alla siracusana), e i sapori della terra: finocchietto selvatico, principalmente, e pinoli.
Il piatto di Eufemio viene odiernamente considerato come il primo "mare-monti" della storia, poiché seppe mettere insieme i prodotti naturali del mare e quelli montani.
Gli ingredienti principali sono le sarde, la pasta e il finocchietto. La sarda è un pesce azzurro molto diffuso nel mediterraneo. Appartiene allo stesso gruppo delle acciughe o alici, ma è più grassa e deve per questo essere cucinata non oltre le otto ore dalla pesca per non comprometterne il sapore. Si pesca soprattutto da marzo a settembre. Le sarde (o sardelle) previste per questo piatto devono essere quelle fresche e non possono essere sostituite con le sardine sott'olio.
Devono essere nettate e sfilettate, eliminando la testa, la coda e la lisca, quindi lavate e asciugate tra due panni puliti. Quanto alla pasta, sono generalmente indicati tre tipi di pasta, tutti di semola di grano duro: i bucatini; i perciatelli, leggermente più grossi dei bucatini e chiamati anche col nome generico di maccheroni; i mezzani o mezzi ziti. Il finocchietto di montagna di cui si parla nelle ricette è il finocchio selvatico.
Nella pasta con le sarde se ne utilizzano le parti più tenere e verdi, i germogli, i rametti più giovani e le tipiche foglie piumose (o barba), che si possono raccogliere in campagna dalla primavera all'autunno e cioè nello stesso periodo in cui è possibile trovare nei mercati le sarde freschissime. Gli altri ingredienti della ricetta "classica" sono: cipolle, acciughe salate, uva passa, pinoli, una bustina di zafferano, olio, sale e pepe. Nella variante "alla messinese" in genere non si utilizza lo zafferano. Va servita con pan grattato tostato.
Questa è la mia versione a cui ho aggiunto i pomodorini e ho sostituito i bucatini con le nordiche fettuccine. (in realtà, al momento della preparazione mi sono accorta di non avere i tipi di pasta richiesti dalla tradizione, per cui ho  dovuto fare di necessità virtù).




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Ingredienti per 4 persone:

320 gr di fettuccine
300 gr di sarde fresche
200 gr di finocchietto
200 gr di pomodorini Pachino
30 gr di uvetta
30 gr di pinoli
2 filetti d’acciuga
1 cipolla
1 spicchio d’aglio
1 bustina di zafferano in polvere
Briciole di pane raffermo q.b.
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale e pepe q.b.

Procedimento

Mettete in ammollo l’uvetta.
Mondate il finocchietto tenendo solo la parte più tenera, lavatelo e lessatelo in acqua bollente salata per 10 minuti. Scolatelo ma conservate l’acqua di cottura.
Pulite le sarde, apritele a libro e togliete la lisca con la coda.
Pulite la cipolla, tritatela e mettetela in una larga padella con 4 cucchiai d’olio caldo e lo spicchio d’aglio.
Lasciatela dorare, eliminate l’aglio  poi unite i filetti d’acciuga .
Fateli sciogliere a fuoco bassissimo, aggiungete i pomodorini tagliati a metà,  mezza bustina di zafferano sciolto in poco d’acqua. Unite le sarde e fatele rosolare a fuoco vivo per 1 minuto.
Aggiungete l’uvetta scolata e strizzata, i pinoli, il finocchietto tritato, un pochino della sua acqua di cottura e lasciate cuocere a fuoco basso  ancora per 10 minuti. Assaggiate e, se necessario, aggiungete del sale.
In una padella scaldate 1 cucchiaio d’olio e aggiungete le briciole di pane, rosolatele finché non saranno dorate e croccanti.
Riportate a bollore l’acqua del finocchietto (aggiungendo altra acqua e del sale, se necessario), tuffate le fettuccine.
Scolatele al dente e versatele nella padella con le sarde. Mescolate delicatamente per insaporire , spolverizzate con le briciole di pane e servite.


giovedì 15 ottobre 2020

Pagnotta ai cereali

Per la preparazione di questa pagnotta, oltre che  la splendida farina Antiqua ho utilizzato il lievito Madre (il re dei lieviti) rigenerato che mi ha gentilmente regalato il maestro Giovanni Gandino. In alto a sinistra trovate una pagina che spiega dettagliatamente come realizzarlo  e come mantenerlo seguendo gli insegnamenti ricevuti da Gandino. Per ora sappiate che il lievito Madre è un impasto realizzato con una laboriosa procedura in cui si utilizza un frutto, farina ed acqua e tanta pazienza (occorrono 43 giorni per ottenerlo), dopo di che, rigenerato, può durare fino a 200 anni (avete letto bene: duecento anni) Il lievito Madre utilizzato per questo pane ha 14 anni. Il risultato è un pane morbidissimo, profumato  e digeribilissimo che non vi gonfierà assolutamente!



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Ingredienti:

500 gr di farina ai cereali
1 cucchiaino  di malto d’orzo
300 ml di acqua
10 gr di sale

3 cucchiai d' olio extravergine d’oliva

 

Procedimento

In una ciotola capiente versate la farina, arieggiatela bene mischiandola ponete al centro il lievito madre  e il cucchiaio di malto. Versate lentamente l'acqua  a temperatura ambiente e amalgamate bene. Quando  l'impasto diventa abbastanza solido,, versatelo sulla spianatoia, e impastate, delicatamente, fino a quando diventerà omogeneo. Occorreranno circa 10/15 minuti,  allargate l’impasto e versate l’olio , distribuite  il sale. Riprendete  ad impastare fino a ottenere un composto omogeneo, elastico e asciutto (circa 5 minuti).
Mettete un po’ di olio in una ciotola, infarinatela e deponeteci l’impasto.


Mettetelo a lievitare in un luogo caldo e lontano da colpi d’aria o repentini abbassamenti di temperatura (l’ideale è all’interno del forno spento). Dopo un’ora (o quando  è aumentato del 50%) riprendete l’impasto, impastatelo nuovamente, dategli la forma desiderata e fatelo lievitare ancora per 4 o 5 ore.
Questi tempi valgono per una temperatura dell’ambiente di 24/25 gradi, altrimenti i tempi si allungano.
Togliete l’impasto dal forno, accendetelo a 200 gr e mettete sul fondo un pentolino pieno d’acqua. Quando ha raggiunto la temperatura infornate il pane e fate cuocere per 35/40 minuti.

Sfornate e fate raffreddare il pane su di una gratella.




Consigli: Se non avete il lievito madre utilizzate mezzo panetto di lievito di birra (circa 12 gr e mezzo) e anziché versare la farina nell’acqua con il lievito fate l’esatto contrario, cioè versate il lievito al centro della farina a fontana. I tempi della lievitazione si accorgeranno moltissimo e basteranno solo 3 ore (sempre a 24/25° di temperatura). Per il resto la preparazione è uguale. Importantissimo è aggiungere il sale alla fine poiché se dovesse venire a contatto con il lievito prima  impedirebbe la lievitazione.