martedì 2 luglio 2013

Reginette con crema di ricotta e basilico



Le reginette sono un formato di pasta molto particolare e devono il loro nome alla principessa Mafalda di Savoia. I napoletani, infatti, le inventarono per celebrarla e diedero loro la forma del merletto a balze come quello che rifiniva i sontuosi abiti della regina.




Ingredienti per 4 persone:

320 gr di reginette
200 gr di ricotta
12 mandorle pelate
5 rametti di basilico
50 gr di Parmigiano Reggiano grattugiato
½ spicchio d’aglio
50 gr di panna fresca
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale e pepe q.b.

Procedimento

In una terrina setacciate la ricotta e lavoratela aggiungendo un po’ di olio fino ad ottenere una crema omogenea e morbida. Lavate e asciugate il basilico e mettetelo nel mixer insieme con le mandorle, il Parmigiano, la panna, l’aglio, un po’ di sale e pepe. Frullate fino ad ottenere una crema e aggiungetela a quella di ricotta mescolando con cura.
Fate cuocere  le reginette, scolatele al dente e versatele nella terrina amalgamandole bene alla crema di ricotta. Servite subito e buon appetito!



giovedì 27 giugno 2013

Bocconcini rustici al Parmigiano Reggiano

Antiqua è una farina macinata a pietra a filiera corta certificata che nasce solo da grani piemontesi provenienti da 45 aziende agricole riunite in un solo consorzio di garanzia che seleziona soltanto terreni lontani da città, autostrade e fabbriche nel rispetto di un disciplinare di produzione per ottenere grani a residuo zero.
La farina Antiqua tipo 2, utilizzata per questa ricetta è più scura rispetto al tipo 1 che possiamo paragonare alla farina 00,  e contiene una maggior quantità di tegumenti della crusca e del germe, quindi un gusto più marcato ed un aspetto più riconoscibile. Durante la lavorazione l’impasto risulta color nocciola, ha un’ottima capacità di assorbire i liquidi e un profumo intenso.
Nella cottura il prodotto ottenuto con la Farina Antiqua si distingue per la colorazione brunita della crosta e della mollica. Dopo aver degustato il prodotto ci si accorge come rimanga in bocca il gusto dolce e rotondo del grano che si amalgama bene con il resto degli ingredienti.




LE IMMAGINI E I TESTI PUBBLICATI IN QUESTO SITO SONO DI PROPRIETA’ DELL’AUTORE E SONO PROTETTI DALLA LEGGE SUL DIRITTO D’AUTORE N. 633/1941 E SUCCESSIVE MODIFICHE. COPYRIGHT © 2010-2050. TUTTI I DIRITTI RISERVATI A IL POMODORO ROSSO DI MARIA ANTONIETTA GRASSI. VIETATA LA RIPRODUZIONE, ANCHE PARZIALE, DI TESTI O FOTO, SENZA AUTORIZZAZIONE.



Ingredienti per 4 persone:

Per i bocconcini:

100 gr di farina Antiqua tipo 2
40 gr di olio extravergine d’oliva
40 gr di burro
100 gr di mandorle
80 gr di Parmigiano Reggiano grattugiato
25 ml di Marsala
Sale q.b.

Per la crema

100 gr di ricotta
40 gr di Parmigiano Reggiano grattugiato
4/5 rametti di basilico

Procedimento

Tritate nel mixer le mandorle, mettetele in una ciotola e unite il parmigiano, la farina, un pizzico di sale. Mischiate bene, versate l’olio e il burro ammorbidito, continuate ad amalgamare e infine unite il Marsala. Impastate fino a ottenere un composto omogeneo.
Formate delle palline grosse come una noce o, se preferite, fatele più piccole e mettetele in una teglia rivestita da carta da forno. 


Cuocete in forno già caldo a 180° per 15/20 minuti (dovranno essere dorate ma non secche), sfornatele e fatele raffreddare su di una gratella. 

Nel frattempo passate al setaccio la ricotta e unite il Parmigiano. Lavate il basilico, tritatelo e unitelo al composto di ricotta e Parmigiano, aggiungete un goccio d’olio.  Mischiate bene e mettete in frigo per circa 30 minuti.  Farcite i bocconcini con il composto e uniteli tra di loro.


 




Questi e altri ottimi prodotti potete acquistarli anche on line cliccando qui:  Antiqua



venerdì 21 giugno 2013

Cantuccini morbidi all'albicocca

L’origine dei cantuccini risale almeno al XVI secolo e il nome sembra derivare da “canto”, parte di un insieme, o da “cantellus”, in latino “pezzo o fetta di pane”, una galletta salata che già i soldati romani consumavano durante le campagne militari. Il biscotto nella sua forma “dolce” si inserisce invece nel solco della nuova produzione e del consumo dolciario affermatosi, innanzitutto in Inghilterra e in Toscana e poi anche nel resto di Europa, a partire dal XIV secolo, come conseguenza di quello che gli storici hanno definito “boom dello zucchero”, seguito alla diffusione della coltivazione della canna da zucchero in Nord Africa ed Europa Meridionale.
A partire dalla seconda metà del ’500, i cantucci fecero così la loro comparsa alla corte dei Medici, anche se, come mostra la ricerca effettuata sulle ricette dell’epoca, non contenevano ancora mandorle, ispirandosi ai già conosciuti biscotto di Pisa e al parente “biscotto genovese”.
Il ‘700 fu caratterizzato dal diffondersi dei cantucci in diverse varianti, ma solo a partire dal ‘900 i cantuccini alle mandorle iniziarono ad essere prodotti in tutta la Toscana sempre più su larga scala. La presenza nella loro ricetta di burro e di agenti lievitanti li rendeva infatti un prodotto a lunga conservazione particolarmente adatto alla distribuzione di massa e all’esportazione.
Fonte: AssoCantuccini
Questi sono la mia versione morbida preparata con la farina Antiqua tipo 1 macinata a pietra

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Ingredienti per 4 persone:

250 gr di farina Antiqua tipo 1
125 gr di zucchero
80 gr di burro
½ bustina di lievito
2 uova più 1 tuorlo
100 gr di albicocche secche morbide
4 cucchiai di Vin santo o di Passito
1 pizzico di sale

Procedimento
Miscelate la farina con lo zucchero e il lievito poi fate una fontana sulla spianatoia e unite le due uova e un pizzico di sale.. Impastate  bene poi aggiungete il burro ammorbidito e le albicocche tagliate grossolanamente. Continuate ad impastare fino ad ottenere un composto liscio e morbido. Lasciatelo riposare 20 minuti poi ricavate 2 filoncini di circa 10 cm di larghezza. Disponeteli sulla placca del forno rivestita con l’apposita carta leggermente imburrata e spennellateli con il rosso d’uovo diluito con un po’ d’acqua. 


Cuocete in forno già caldo a 170° per 15/20 minuti (dipende un po’ dal vostro forno, la superficie dovrà apparire dorata). Sfornateli, lasciateli intiepidire leggermente poi ricavate i biscotti tagliando trasversalmente i filoncini a una distanza di circa 1 cm da un taglio all’altro.


Rimettete in forno per 4 minuti e fate dorare da ambo i lati ( 2 minuti per lato).
Servite con Vin Santo o Moscato
Si conservano per qualche giorno in una scatola di metallo ben chiusa .
E buon appetito!

martedì 18 giugno 2013

Fagottini di ciliegie e gorgonzola

Un antipasto veloce con un insolito accostamento. Il palato s’inebria della dolcezza dei Duroni di Pecetto che ben si fonde con il Gorgonzola di Novara. L’occhio è appagato dai colori accesi e l’olfatto è inebriato dal profumo intenso
Un’unione  particolare, ma credetemi, ben riuscita! 
Se poi volete conoscere qualcosa di più sulle ciliegie cliccate qui


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Ingredienti per 4 persone:

250 gr di ciliegie di Pecetto varietà Duracina (duroni)
100 gr di Gorgonzola dolce di Novara
250 gr di pasta sfoglia (1 rotolo)
1 tuorlo


Accendete il forno a 200°
Lavate, asciugate e denocciolate le ciliegie.
Tagliate a pezzetti il gorgonzola.
Stendete il rotolo di pasta sfoglia e ritagliate dei quadrati di pasta di circa 8 cm. per lato.
Disponete al centro dei quadrati  il formaggio e le ciliegie.


Unite i quattro lati prendendoli per gli angoli e sigillateli . 

Sbattete il tuorlo d’uovo con un cucchiaino d’acqua e spennellatelo sulla superficie dei fagottini.
Ricoprite la placca del forno con carta da forno bagnata e strizzata e adagiatevi sopra i fagottini. Infornate e lasciate cuocere  per circa 20 minuti.







giovedì 13 giugno 2013

Taralli napoletani al pepe

Questo tipico “spuntino” napoletano, molto amato e che ben si sposa con la birra, nasce   nel '700 nella  Napoli povera,  dove la fame regnava sovrana.
Inizialmente gli avanzi della pasta da pane venivano riutilizzati, aggiungendo  solo della sugna (lo strutto) e del pepe;  così, le abili mani dei fornai, realizzavano queste ciambelle che erano economicamente accessibili a tutta la popolazione denutrita e affamata dei ''fondaci'', le zone popolari nelle vicinanze del porto. Caratteristica figura legata a questo prodotto era quella del “tarallaro” che,  con in spalla la sua cesta di taralli ricoperti da un panno di lana per mantenerli caldi e fragranti, percorreva la città in lungo e in largo vendendoli ai passanti.
Negli anni successivi furono  arricchiti dall'aggiunta delle mandorle che con la loro dolcezza mitigano  l'aroma pungente del pepe. Essi venivano serviti anche nelle osterie accompagnati da caraffe di vino, in quanto la massiccia presenza di pepe aumentava la sete e spingeva i clienti a consumare di più. Oggi il vino è stato ottimamente sostituito dalla birra.
I taralli sono così famosi e tipici che, oltre che nell’alimentazione,  trovano spazio anche nel linguaggio. Inequivocabilmente napoletano è  il modo di dire: “Se ti tirassen’ na sport’e taralle, nun ne cadesse uno ‘nterra”. ( Se ti lanciassero una cesta di taralli, non ne cadrebbe alcuno al suolo). Perché?
Pecchè tien’e ccorna! (Perchè hai le corna! Cioè la tua consorte intrattiene una  relazione con un altro uomo).
Per prepare questi  taralli ho utilizzato la meravigliosa farina Antiqua tipo 1.


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Ingredienti per 12/15 taralli

500 gr di farina Antiqua tipo 1
200 di mandorle non pelate
160 gr di strutto
230 ml di acqua
½ bustina di lievito di birra secco
4 gr di pepe
12 gr di sale

Procedimento

In una capiente ciotola mettete lo strutto, la farina, il lievito, il pepe, il sale e metà delle mandorle tritate grossolanamente. Unite l’acqua tiepida (38/40°) e impastate bene per dieci minuti. Con l’impasto ottenuto formate una palla, rimettetela nella ciotola e ricopritela con un canovaccio. Lasciatela lievitare per trenta minuti poi prendetene un pugno e formate un rotolino sottile lungo circa 20 cm., poi avvolgetelo su se stesso, chiudete l’estremità e guarnite con tre o quattro mandorle intere. Proseguite così fino a esaurimento degli ingredienti. Disponete i taralli sulla placca rivestita di carta da forno.
Cuocete in forno già caldo a 200° per i primi 15 minuti, poi abbassate la temperatura a 160° per altri 15 minuti e continuate la cottura per altri 15 minuti a 140°. A cottura ultimata i taralli dovranno rimanere ben dorati sia sopra sia sotto.



Consiglio: se non amate lo strutto, potete sostituirlo con l’olio extravergine, i taralli saranno altrettanto buoni ma meno friabili.



Collaborazione MOLINI BONGIOVANNI



Carissimi buongiorno,  
ho iniziato una collaborazione con l’azienda Molini Bongiovanni, in provincia di Torino, che produce la farina a marchio Antiqua macinata a pietra.



Li ringrazio per il graditissimo omaggio ricevuto che mi  consentirà di preparare  e postare diverse ricette nei giorni a venire. 
Antiqua è una farina macinata a pietra a filiera corta certificata che nasce solo da grani piemontesi provenienti da 45 aziende agricole riunite in un solo consorzio di garanzia che seleziona soltanto terreni lontani da città, autostrade e fabbriche nel rispetto di un disciplinare di produzione per ottenere grani a residuo zero, lavorata da un mulino che risparmia circa 150 ton di CO2 ogni anno grazie a 1600 mq di pannelli fotovoltaici e che garantisce rigidi controlli qualitativi ed igienico-sanitari anche grazie ad una selezione ottica che scansiona ogni chicco di grano attraverso otto fotografie. Antiqua conserva tutti gli elementi nutrizionali del grano per la presenza di tegumenti della crusca e del germe contenuti nello strato aleuronico del chicco (lo strato proteico in aderenza alla crusca) che grazie alla macinazione a pietra rimangono nella farina.
Le società internazionali SGS e DNV hanno certificato  l’azienda  Molini Bongiovanni ed il prodotto Farina Antiqua attraverso ispezioni e controlli accurati riguardanti le garanzie igieniche, la filiera e le condizioni ambientali di lavoro.
L’unicità di Antiqua si coglie d’istinto: 
  • all’apertura del sacco per il chiaro profumo di grano
  • per l’aspetto antico di una farina finissima e lievemente ambrata
  • nella lavorazione per la maggiore capacità di assorbire l’acqua
  • nell’impasto per il color nocciola e il profumo intenso
  • nella cottura per la  colorazione brunita della mollica e della crosta
  • nella degustazione per la sua capacità di lasciare in bocca un gusto dolce e rotondo di grano, che  bilancia e ben si amalgama con quello degli altri ingredienti
Le differenze organolettiche tra Antiqua tipo 1 e Antiqua tipo 2 sono dovute ad differente tasso di abburattamento (setacciatura) dopo la macinazione a pietra. Per cui la tipo 1 e più chiara e similare alle farine commerciali tipo 0 o 00. La tipo 2 è più scura e contiene una maggior quantità di tegumenti della crusca e del germe, quindi un gusto più marcato ed un aspetto più riconoscibile.
Le farine della linea Antiqua contribuiscono ad uno stile di vita più sano, perché conservano tutti gli elementi nutrizionali del chicco in quanto con la macinazione a pietra, per la presenza di tegumenti della crusca,del germe e dello strato aleuronico del chicco (lo strato proteico in aderenza alla crusca) la farina risulta essere:
  • ricca di fibre solubili e insolubili (per favorire la motilità intestinale)
  • ricca di tocoferoli: antiossidanti naturali (per combattere i radicali liberi e prevenire l’invecchiamento delle cellule)
  • ricca di vitamina E (per aumentare il potere antiossidante)
  • ricca di sali minerali (per il benessere dell’organismo)
  • povera di carboidrati (per diminuire il potere calorico)
i dati sono confermati da analisi chimiche effettuate presso laboratori ufficiali
Il risultato è una linea di farine dal profilo nutrizionale esemplare e dal gusto inconfondibile.
Farina Antiqua viene macinata a pietra da un mulino che risparmia circa 150 ton di CO2 ogni anno grazie a 1600 mq di pannelli fotovoltaici. Vengono effettuati inoltre controlli qualitativi ed igienico sanitari rigidi. I chicchi di grano sono scansionati uno ad uno attraverso una selezione ottica che effettua otto fotografie al secondo.
Grazie alla macinatura a pietra, la farina Antiqua conserva tutti gli elementi nutrizionali del grano grazie alla presenza della crusca e del germe contenuti nello strato proteico del chicco che aderisce alla crusca.




I grani, di tipo tenero, provengono da 45 aziende agricole riunite in un consorzio di garanzia che seleziona solo terreni lontani da zone industriali, centri abitati e autostrade nel rispetto di un disciplinare di produzione per poter così ottenere grani a residuo zero.




La particolarità e l’unicità delle Farine Antiqua si colgono all’apertura del sacco: la farina ha un profumo di grano inconfondibile, risulta finissima e leggermente ambrata.
Durante la lavorazione l’impasto risulta color nocciola, ha un’ottima capacità di assorbire i liquidi e un profumo intenso.
Nella cottura il prodotto ottenuto con la Farina Antiqua si distingue per la colorazione brunita della crosta e della mollica. Dopo aver degustato il prodotto ci si accorge come rimanga in bocca il gusto dolce e rotondo del grano che si amalgama bene con il resto degli ingredienti.




Le differenze organolettiche tra Antiqua tipo 1 e Antiqua tipo 2 sono dovute allo stato di setacciatura (abburattamento) diverso dopo la macinazione a pietra.
La farina tipo 1 è più chiara e simile alle farine commerciali tipo 0 e 00.
La farina tipo 2, invece, è più scura perchè mantiene una maggior quantità di tegumenti della crusca e del germe, quindi ha un gusto più marcato e un aspetto più riconoscibile.




Grazie alla macinatura a pietra, alla presenza dei tegumenti della crusca, del germe e dello strato aleuronico del chicco, le farine Antiqua contribuiscono ad uno stile di vita più sano. La farina risulta essere ricca di fibre solubili ed insolubile per, ricca di antiossidanti naturali (tocoferoli), ricca di vitamina E e sali minerali, ma povera di carboidrati.
Il risultato è una linea di farine dal profilo nutrizionale esemplare e dal gusto inconfondibile.”

 o sapevate che:
  • La FARINA si ottiene esclusivamente dalla macinazione del grano tenero.
  • Dalla macinazione del grano duro si ottiene invece la SEMOLA.
  • Dalla macinazione del grano tenero oltre alla farina si ottengono sottoprodotti chiamati: farinetta, farinaccio, tritello, cruschello e crusca.
  • Nei molini moderni il grano viene macinato con il passaggio attraverso i laminatoi: formati da coppie di cilindri in acciaio in rotazione.
  • Per ottenere una farina bianca e fine e la crusca ripulita dalla farina, vengono effettuati fino a 30 passaggi successivi nei laminatoi.
  • La MACINAZIONE A PIETRA invece, avviene in un unico passaggio del cereale attraverso una lastra di pietra circolare orizzontale ferma (quella inferiore), ed una gemella in rotazione (quella superiore).
  • La farina si classifica per Legge tra i tipi 00, 0, 1, 2 e Integrale che rappresentano il grado di abburattamento o raffinazione.
  • Il grado di abburattamento e quindi la classificazione della farina nei vari tipi, si misura attraverso il contenuto di ceneri.
  • Le ceneri sono ciò che rimane dopo la combustione della farina in un forno a 570 °C.
  • Per Legge la farina deve avere un contenuto in ceneri rispettivamente:
inferiore a 0,55 per la tipo 00
tra 0,55 e 0.65 % per la farina 0
tra 0,66 e 0.80 % per la farina 1
tra 0,81 e 0.95 % per la farina 2
tra 1,20 e 1,80 per la farina Integrale
  • La farina è composta per il 65-70 % da amido, per il 10-15 % da proteine, per il 15% da acqua, per l'1-2 % di zuccheri e circa l’1 % di grassi.
  • Il suo potere calorico è di 340-350 Kcal per 100 gr.
  • Le proteine durante l’impasto formano il glutine che conferisce la struttura all’impasto.
  • Le diverse quantità e qualità di glutine creano le differenze tra le varie tipologie di farina.
  • L’amido è alimento dei lieviti e durante la fermentazione viene parzialmente trasformato in zucchero, alcool e anidride carbonica, contribuendo così alla lievitazione dell’impasto e alla formazione della crosta, del profumo e degli aromi del pane durante la cottura.
  • Le unità di misura della qualità di una farina sono il W che ne rappresenta la forza, i cui valori possono variare tra 100 e 400; il P/L che rappresenta l’estensibilità; il C-D che rappresenta la tenuta dell’impasto; l’Hagberg che rappresenta l’attività enzimatica.
Questi e altri ottimi prodotti potete acquistarli anche on line cliccando qui:  Antiqua







martedì 11 giugno 2013

Insalata di penne, melone, prosciutto crudo e rucola

E’ arrivata finalmente l’estate!!! Cosa c’è di meglio per festeggiarla di una buona e colorata insalata di pasta? 
Frutto estivo per eccellenza, colorato e gustoso, il melone o Cucumis melo è originario dell’Asia e vanta una storia antica: sembra infatti che fosse coltivato in Egitto e in Grecia già cinque secoli prima di Cristo, ed appariva nelle tradizioni di cosmologia orientale, dove si pensava addirittura che la creazione dell’uomo stesso derivasse da queste piante, associate alla fertilità, alla vita, all’opulenza. Il melone ha raggiunto il nostro paese tramite gli scambi commerciali praticati con l’oriente dagli antichi romani quattro secoli dopo. Nel Medioevo, la varietà e la qualità dei meloni aumentò di molto tramite le selezioni che furono praticate nei giardini  e negli orti dei nobili. Ai nostri tempi una delle varietà estive  più  appezzate è la “cantalupo”, arrivata molti secoli dopo, portata da missionari, al castello pontificio, prossimo a Roma, di Cantalupo, dal quale ha assunto il nome. Il melone “reticolato”, pure estivo, è conosciuto come tale per la sua buccia corugata. L’Emilia Romagna segue, per la produzione di melone, la Sicilia e la Lombardia.
Ricco d’acqua, ha un ottimo potere dissetante e idratante. Il suo contenuto di grassi e proteine è praticamente nullo ed è un frutto  ipocalorico. Notevole è il contenuto di vitamine, in particolare A e C con elevata attività antiossidante. Il betacarotene, precursore della vitamina  A aiuta a proteggere la pelle dai danni causati dall’esposizione ai raggi solari. Tra i minerali è alta la concentrazione di potassio, elemento importante per la salute cardiovascolare.


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Ingredienti per 4 persone:

300 gr. di penne (o fusilli o altri tipi di pasta corta)
1 melone retato  medio
100 gr di prosciutto crudo di Parma in una sola fetta
1 mazzetto di rucola
1 cucchiaino di pepe rosa in grani
Olio d’oliva extravergine q.b.
Sale q.b.

Procedimento

Pulite il melone, tagliatelo a fette  e riducetelo a dadini di circa 1 cm. Lavate e sgrondate  la rucola. Tagliate a dadini anche il prosciutto e mettete tutto in una ciotola, unite il sale (non esagerate perchè il prosciutto è già molto salato), il pepe,  e l’olio. Mescolate e fate riposare in frigo.Nel frattempo fate bollire  abbondante acqua salata e cuocete le penne.
Scolatele al dente e passatele sotto l’acqua fredda per fermare la cottura, sgocciolatele bene.
Versate la pasta nella ciotola contente gli altri ingredienti, mescolate bene e lasciate riposare in frigo ancora per 10 minuti.
Se volete una preparazione d’effetto, potete servire la pasta nei gusci del melone.