venerdì 5 gennaio 2024

Passatelli in brodo

I passatelli in brodo sono un piatto tipico della tradizione gastronomica dell’Emilia Romagna; con pochi e semplici ingredienti potete preparare un delizioso primo piatto ideale per le fredde giornate d’inverno.
Assomigliano a dei cilindretti e per realizzarli, se non avete l’attrezzo dedicato basta un semplice schiacciapatate.
Si cuociono in un buon brodo di carne bollente  (manzo, pollo o vitello) per pochi minuti.


LE IMMAGINI E I TESTI PUBBLICATI IN QUESTO SITO SONO DI PROPRIETA’ DELL’AUTORE E SONO PROTETTI DALLA LEGGE SUL DIRITTO D’AUTORE N. 633/1941 E SUCCESSIVE MODIFICHE. COPYRIGHT © 2010-2050. TUTTI I DIRITTI RISERVATI A IL POMODORO ROSSO DI MARIA ANTONIETTA GRASSI. VIETATA LA RIPRODUZIONE, ANCHE PARZIALE, DI TESTI O FOTO, SENZA AUTORIZZAZIONE.


Ingredienti per 4 persone

1 litro e mezzo di brodo di carne caldo

100 g di Parmigiano Reggiano grattugiato
100 g di pangrattato
2 uova
1 buccia grattugiata di limone bio
Noce moscata q.b.
Sale e pepe q.b. 

Procedimento

In una ciotola sbattete le uova con la scorza del limone, un pizzico di sale, pepe e noce moscata a piacere.

Unite il Parmigiano Reggiano, il pangrattato e amalgamate con una forchetta.
Quando avrete inglobato tutti gli ingredienti continuate ad impastare a mano fino ad ottenere un composto liscio ed omogeneo, se fosse troppo asciutto, ammorbiditelo con un pochino di brodo. Raccogliete a palla, avvolgetela nella pellicola alimentare e lasciatela riposare fuori frigo per circa due ore.
Trascorso il tempo suddividete l’impasto in due parti, mettetene una per volta nello schiacciapatate a fori larghi  e premete con forza direttamente sul brodo bollente. Dai fori usciranno i passatelli, tagliateli con un coltello quando avranno raggiunto una lunghezza di circa 4 cm.
Dopo circa due minuti saranno cotti e  verranno a galla, servite subito.

giovedì 28 dicembre 2023

Arrosto di vitello

Spesso sentiamo parlare di manzo e di vitello e ci chiediamo quali siano le differenze, facciamo quindi un po’ di chiarezza: l’animale è lo stesso, cioè il bovino.
La differenza che caratterizza la carne di vitello da quella di manzo è legata all’età.
Il vitello è un bovino, maschio o femmina di età compresa tra i sei e gli otto mesi.
Il manzo è un bovino di età non inferiore ai 24 mesi e non superiore ai 48, è un maschio castrato per favorire l’ingrassamento.
Il termina identifica anche il bovino femmina della stessa età ma che non abbia ancora partorito
Il vitello è nutrito esclusivamente con il latte, il manzo ha un’alimentazione ricca e sostanziosa a base di mangimi completi e complementari, bietole, cereali e leguminose.
Le differenze tra le due tipologie di carne saltano subito agli occhi: di un colore rosa tenue, molto magra e morbida quella del vitello, ideale per gli anziani, i bambini e tutti loro che necessitano di consumare carni magre e facilmente masticabili, di contro quella di manzo ha un colore rosso intenso e possiede abbondanti quantità di grasso intramuscolare.
Anche la carne di manzo è tenera, per via della castrazione, è più saporita di quella di vitello, contiene elevate quantità di ferro ed è quella più consumata in assoluto.
Il vitello, essendo magro e contenendo molta acqua, si presta per le cotture medio- lunghe come l’arrosto, il brasato, il vitello tonnato e si conferma un’ottima scelta per preparare cotolette, involtini, scaloppine, bistecche o spezzatini.
Il manzo è perfetto per le grigliate, le costate, i brasati, gli stufati e gli spezzatini che richiedono tempi lunghi di cottura e si rivela un’ottima scelta per la preparazione di ragù, polpette e polpettoni
Cruda è ideale per la preparazione di carpacci e tartare.

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Ingredienti per 4 persone:

1,3 kg di scamone di vitello

1 cipolla piccola bianca
1 carota
1 gambo di sedan0
1 bicchiere di vino bianco secco
5 gr di amido di mais
1 rametto di rosmarino
Qualche foglia di salvia
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale e pepe q.b.

Procedimento

Eliminate il grasso in eccesso dallo scamone, poi legatelo con lo spago da cucina per dare una forma regolare e far si che la mantenga in cottura.

Accendete il forno in modalità “statico” a 180°C.
In un’ampia padella scaldate 3 cucchiai di olio e fate rosolare la carne da tutti i lati facendo attenzione a non forarla.
Sfumate con il vino poi aggiungete il sedano, la carota e la cipolla tagliati a dadini, il rametto intero di rosmarino e le foglie di salvia spezzettate.
Salate e pepate.
Trasferite tutto in una casseruola adatta alla cottura al forno e infornate (forno già a temperatura) per 1 ora e mezza.
Girate ogni tanto l’arrosto e bagnatelo con il fondo di cottura.
A cottura ultimata sfornate l’arrosto, toglietelo dalla casseruola e copritelo con un foglio di alluminio tenendolo al caldo. Lasciatelo riposare per 15 minuti. Nel frattempo, togliete gli ortaggi dalla casseruola, metteteli in un colino fitto e schiacciateli in modo da far uscire tutti i succhi e versateli nel fondo di cottura, se ce ne fosse troppo poco aggiungete dell’acqua calda, fate amalgamare bene per 5 minuti, sciogliete l’amido in un cucchiaio d’acqua fredda e aggiungetelo al fondo di cottura, fatelo addensare fino ad ottenere una salsa e servitela con l’arrosto.

 

 

 

venerdì 15 dicembre 2023

Carciofi alla giudìa

I carciofi alla giudía (giudea) sono un tipico piatto della cucina ebraico-romanesca particolarmente amato a Roma e in tutto il Lazio. La ricetta originale consiste, fondamentalmente, in una frittura particolare di carciofi che devono essere rigorosamente i carciofi cimaroli (detti anche mammole) che sono i migliori della varietà "romanesco" coltivata fra Ladispoli e Civitavecchia.
Questo tipo di carciofo risulta essere tondo, particolarmente tenero e, soprattutto, privo di spine. Grazie a quest'ultima caratteristica i carciofi alla giudía, una volta cotti, possono essere consumati integralmente senza scartare nulla.
Hanno un’origine molto antica, visto che vengono citati anche in ricettari e memorie del XVI secolo. Si tratta infatti di un piatto di derivazione romana, nato più precisamente nel ghetto ebraico della capitale nel 1555.
Durante quell’anno, il Papa Paolo IV impose pesanti limitazioni e obblighi nei confronti di tutti gli ebrei, tra cui il divieto di possedere beni immobili e l’obbligo di portare un distintivo giallo, come una sorta di segno di riconoscimento. Di conseguenza, tutte le persone che professavano la religione ebraica si trovarono costrette a essere identificate a colpo d’occhio e a vivere separate dagli altri, ritrovandosi così a concentrarsi tutti in una stessa zona.
È così che nasce il ghetto ebreo di Roma, ed è proprio in questo luogo che si sviluppò, frittura dopo frittura, la ricetta dei carciofi alla giudìa.
Questa è la teoria più accreditata per dare un’origine a questo piatto, ma in realtà non è sicuro che sia nato proprio in queste circostanze. Alcuni sostengono, invece, che vengono chiamati “alla giudìa” perché erano uno dei piatti presenti sulle tavole imbandite dalle massaie ebraiche alla fine dello YomKippur, il giorno della “festa dell’espiazione ebraica” durante cui toccare cibo è severamente proibito.
Altri ancora credono, invece, che questo sia uno dei piatti tipici che si mettono a tavola per festeggiare la Pasqua ebraica, chiamata più propriamente Pesach. Questa teoria è più accreditata di quella che vuole i carciofi alla giudea come piatto tipico del giorno dell’espiazione, perché avrebbe più senso a livello di stagionalità. Il Pesach, infatti, cade in primavera, momento dell’anno in cui si è in pieno periodo per la raccolta dei carciofi, che sono “di stagione” tra marzo e giugno. Il giorno dell’espiazione, invece, è una ricorrenza che cade in autunno, più precisamente tra settembre e ottobre. E in quel periodo dell’anno, i carciofi non ci sono più.
Un’ultima teoria, invece, sostiene che il termine “carciofi alla giudia” è nato a causa dei continui spostamenti delle comunità ebraiche, che di luogo in luogo adattavano la propria cucina in base agli ingredienti e alle materie prime che trovavano, ma sempre modellandola secondo i principi Kosher che distinguono ciò che si può da ciò che non si può mangiare. Di base gli ebrei erano un popolo nomade, e ovunque sono arrivati hanno integrato gli ingredienti del posto alla loro cucina: secondo questo ideale, è ciò che è successo con i carciofi fritti.
Considerando che la frittura è da sempre parte fondamentale della cucina ebraica, poi, non è da escludere che i carciofi alla giudia vengano chiamati così semplicemente perché vanno fritti.

Fonte: Emotions

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Ingredienti per 4 persone:

8 carciofi romani (mammole) di taglia media

1 limone
Olio extravergine q.b.
Sale e pepe q.b.

Procedimento

Spremete il limone in una ciotola piena d’acqua, private i carciofi delle brattee (foglie) esterne fino a scoprire quelle tenere, spuntateli e accorciate i gambi, lasciandone 3 o 4 cm e raschiateli leggermente, immergeteli via via nell’acqua acidulata.

Dopo dieci minuti, prendeteli per il gambo e premeteli capovolti sul piano di lavoro per facilitare la fuoriuscita dell’acqua dagli interstizi: poggiateli, sempre capovolti, su di un canovaccio e lasciateli sgocciolare dieci minuti.
Conditeli con sale e pepe, accomodateli capovolti, il gambo in alto, in una teglia profonda e versate l’olio (tradizionalmente d’oliva ma a discrezione anche da frittura) sin quasi a coprirli quasi del tutto.
Accendete il fuoco, mantenete un calore moderato per dieci minuti, dopodiché alzate la fiamma al massimo e, con l’ausilio di una spatola, con cautela, comprimete i carciofi sul fondo del recipiente, in modo che prendano la forma di un largo fiore schiacciato con le foglie incurvate all’esterno.
La cottura durerà circa 30 minuti, quindi prelevateli con la spatola forata, sgocciolateli e depositateli su di una carta assorbente da cucina: serviteli caldissimi dopo aver verificato sale e pepe.  

 

 

lunedì 4 dicembre 2023

Insalata invernale

Oggi l'arancio è l'agrume più diffuso nel mondo e se ne coltivano centinaia di varietà. Alcuni frutti sono a polpa bionda (ovale, biondo comune, navelina, washington navel, ecc.), altri a polpa rossa per via dei pigmenti antocianici in essi contenuti (moro, tarocco, sanguinello), alcuni più grandi e più belli, altri di aspetto più modesto e dalla buccia più sottile, ma più succosi e dunque adatti per spremute. Solo in Italia più di venti varietà vengono coltivate come frutta da tavola e altrettante per spremuta. Le arance dolci non vengono consumate solo come frutta fresca ma, soprattutto nel caso di quelle a polpa bionda, vengono utilizzate per la produzione di succhi (durante la lavorazione delle quali la buccia, preventivamente separata dal resto del frutto, viene sfruttata per estrarne l'olio essenziale in essa contenuto) e, in misura minore, per la produzione di canditi e frutta essiccata. La maggior parte della vitamina C e delle proprietà benefiche dell'arancia si trovano nell'albedo (la parte bianca e spugnosa). Il succo d'arancia ne contiene infatti solo il 25%.
Il kiwi è originario della Cina, già dai primi del’900 fu importato in altri continenti.  Nel nostro paese arrivò solo alla fine del ventesimo secolo, ma ebbe subito un grande successo, attualmente è coltivato prevalentemente in Veneto, Piemonte e Lazio. Insieme con la Nuova Zelanda e la Cina, l’Italia risulta essere tra i primi produttori ed esportatori mondiali. Esistono diverse varietà di kiwi, con colori e forme diverse: da noi, le due varietà più conosciute e commercializzate sono il kiwi verde e il kiwi oro. Entrambi hanno la forma di un tubero, e al centro del frutto contengono numerosi piccoli semi di colore nero.
Questo delizioso frutto è ricco d’antiossidanti, fibre, sali minerali e vitamine. Per la notevole quantità di fibre in esso contenute, il suo consumo ha effetti lassativi; pertanto, è sconsigliato a chi soffre di colon irritabile o di diverticoli.


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Ingredienti per 4 persone:

2 etti d’insalatina

2 arance
3 kiwi
2 pere bio
8 noci
Semi di sesamo bianco q.b.
Succo di limone
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale fino q.b.

Procedimento

Lavate e sgrondate l’insalatina.

Sbucciate le arance a pelatele a vivo, staccate gli spicchi ed eliminate completamente la pellicina.
Pelate i kiwi, divideteli a metà e poi a rondelle non troppo sottili.
Lavate le pere, dividetele a metà, eliminate i semi e tagliatele a tocchetti, irrorateli con il succo del limone per evitare che anneriscano.
Sgusciate le noci e dividete a metà i gherigli.
Dividete tutti gli ingredienti in quattro piatti individuali, distribuite sopra i semi di sesamo, il sale e irrorate con l’olio.
Servite subito.

mercoledì 29 novembre 2023

Polenta taragna e funghi trifolati

La polenta taragna è una specialità tipica della Valtellina ma è diffusa in tutta la Lombardia.

Si differenzia dalla classica polenta di mais sia per la sua composizione (farina di grano saraceno e farina di mais con proporzioni differenti) che le dona il caratteristico colore beige scuro sia per essere arricchita con burro e formaggio.
Diversi sono i formaggi utilizzati, in Valtellina Storico ribelle, Bitto o Casera, in provincia di Bergamo Branzi e Formai de Mut o Taleggio, in provincia di Brescia bagòss e formaggella della Val Trompia.
Una volta cotta ha consistenza morbida e filante.
La denominazione della pietanza deriva dal termine dialettale della lingua lombarda: tarél, che indica il bastone in legno che serve per rimescolare la polenta nel paiolo di rame rosso, utilizzato durante la preparazione.
Si consuma così oppure accompagnata da funghi, come in questo caso, o da carni.
Miscelate insieme le due farine oppure potete acquistare delle confezioni già miscelate.
Potete utilizzare anche altri tipi di funghi anziché i porcini come nella ricetta.


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Ingredienti per 4 persone: 

Per la polenta

350 gr di farina di grano saraceno

150 gr di farina di mais
1,5 lt di acqua
½ litro di latte
100 gr di burro
400 gr di formaggio Casera
Qualche foglia di salvia
10 gr di sale grosso

Per i funghi trifolati

500 gr. di funghi porcini
Procedimento
1 spicchio d'aglio
3 cucchiai di prezzemolo tritato
Olio extravergine q.b.
Sale e pepe q.b.

Procedimento

Raschiate il gambo dei funghi ed eliminate la terra con un panno inumidito o con della carta da cucina inumidita, i funghi non vanno lavati sotto l'acqua corrente perché si impregnerebbero troppo.

Tagliate a cubetti i gambi e a spicchi le cappelle.
Versate l'olio nella padella e aggiungete lo spicchio d'aglio tritato
Aggiungete i gambi dei funghi e fateli saltare a fuoco allegro per 5 minuti, unite le cappelle e   continuare la cottura per altri 5/6 minuti. Due minuti prima del termine della cottura salate, pepate ed aggiungete il prezzemolo.
Miscela insieme le farine.
Ponete sul fuoco una pentola con l’acqua, il latte e il sale.
Quando sta per prendere il bollore gettate a pioggia le farine rimestando sempre nello stesso verso per non fare grumi.
Cuocete per circa 50/60 minuti.
Sciogliete il burro con la salvia in un pentolino, eliminate la salvia.
A cottura ultimata della polenta, spegnete il fuoco e aggiungete il burro fuso aromatizzato, il Casera tagliato a cubetti e continuate a mescolare per far sciogliere completamente il formaggio.
Versate su di un tagliere e servite accompagnando con i funghi caldi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

sabato 18 novembre 2023

Broccoli saporiti al forno

I broccoli appartengono alla famiglia delle crocifere e sono un alimento dal sapore gradevole e gustoso, inoltre contengono pochissime calorie (27 per 100 gr.) e il loro consumo è spesso consigliato nelle diete ipocaloriche. Generalmente si consumano lessati o al vapore e quest’ultimo tipo di cottura è da preferire perché, non solo esalta al massimo il gusto, ma mantiene inalterate tutte le qualità nutritive.
Sono ricchi di sali minerali quali calcio, ferro, fosforo, potassio e vitamine come la C, la B1, la B2; contengono, inoltre, fibra alimentare utile per combattere la stitichezza, e tiossozalidoni, sostanze coadiuvanti nella cura della tiroide.
Questo splendido vegetale contiene anche una sostanza, il sulforafano, che non solo previene la crescita delle cellule cancerogene, ma ne impedisce anche il processo di divisione. Questa sostanza, insieme agli isotiocianati, possiede un’azione protettiva soprattutto contro i tumori intestinali, del seno e polmonari.
I broccoli possiedono anche un potere antianemico, emolliente, diuretico, cicatrizzante, depurativo, vermifugo.
Inoltre, l’alto potere antiossidante in essi contenuto aiuta a rafforzare le difese immunitarie e spesso gli specialisti consigliano il loro consumo per combattere l’Helicobacter pylori, un batterio molto resistente che colonizza la mucosa gastrica generando fastidiose gastriti ed ulcere.
L’unico elemento negativo insito in questi ortaggi è lo sgradevole odore emanato durante la cottura: ciò è dovuto allo zolfo in essi contenuto in discreta quantità, ma potete evitare quest’inconveniente semplicemente spremendo un limone nell’acqua
di cottura.



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Ingredienti per 4 persone:

400 gr di broccoletti

2 patate lessate
2 uova
1 cipolla bianca
120 gr di Parmigiano Reggiano grattugiato
150 gr di prosciutto cotto in una sola fetta (o un fondino)
100 gr di Fontina a fette (o altro formaggio filante)
3 cucchiai d’olio extravergine d’oliva
20 gr di burro
Farina q.b.
Sale q.b.

Procedimento

Lavate le patate e fatele lessare con la buccia per trenta minuti a partire dal bollore.

Pulite i broccoletti, tagliate via la parte dura dei gambi, spelateli e recuperate l’anima morbida, lavateli.
Cuoceteli, gambi compresi, in acqua bollente salata per cinque minuti, scolateli bene e divideteli a cimette.
Pulite la cipolla e tagliatela a fettine sottili, fatela rosolare nell’olio in una padella, poi unite le cimette e lasciate insaporire per cinque minuti.



Tenete da parte un terzo delle cimette e passate le altre insieme alle patate lessate e sbucciate.



Tagliate a cubetti il prosciutto cotto.
Accendete il forno (statico) a 190°C.
Trasferite la purea in una ciotola ed incorporatevi le uova, il Parmigiano Reggiano grattugiato e amalgamate.


Aggiungete un pochino di farina se il composto fosse troppo morbido.
Unite le cimette tenute da parte tritate grossolanamente meno qualcuna da mettere intera sopra la preparazione e i dadini di prosciutto.


Imburrate e infarinate una pirofila e versatevi il composto, distribuite le cimette intere e ricoprite tutto con le fettine di Fontina e una spolverata di Parmigiano grattugiato.
Coprite con un foglio di alluminio e infornate (forno già a temperatura) per trenta minuti, eliminate il foglio d'alluminio e proseguite la cottura per altri cinque minuti.
Sfornate e servite.

 

giovedì 9 novembre 2023

Penne con gorgonzola noci e spinaci

Gli spinaci sono un ortaggio a foglia verde originario della Persia. La loro raccolta avviene da ottobre a maggio ma possiamo trovarli surgelati anche negli altri mesi.
Sono ricchi di fibre, sali minerali, vitamina A e antiossidanti e possiedono poche calorie.
Contengono molto ferro, tuttavia, circa il 95% di esso è inutilizzabile come nutriente in quanto presente nella forma non-eme, il cui assorbimento è limitato rispetto al ferro in forma eme, presente, ad esempio, nella carne e negli alimenti di origine animale.
Inoltre, negli spinaci, come in molti vegetali, vi sono alcuni nutrienti che possono ostacolare ulteriormente l’assorbimento di ferro, come gli ossalati ed i fitati.
La presenza di ossalati sconsiglia il consumo eccessivo a chi soffre di calcoli renali in quanto ne favorisce la formazione.
Da assumere con cautela anche in caso di terapia anticoagulante, in quanto contenenti la vitamina K1 che può interferire con i farmaci fluidificanti.


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Ingredienti per 4 persone:

320 gr di penne rigate

150 gr di gorgonzola dolce
400 gr di spinaci
30 gr di burro
12 gherigli di noce
Sale q.b.

Procedimento.

Pulite e lavate gli spinaci, poi metteteli in una casseruola e fate lessare per tre minuti in poca acqua salata. Scolate, lasciate raffreddare, poi strizzate bene.

Mettete a cuocere la pasta in abbondate acqua salata per il tempo indicato sulla confezione.
Sbriciolate i gherigli di noce.
Scaldate il burro in un’ampia padella e fate insaporire gli spinaci per cinque minuti, unite i gherigli di noce spezzettati, il gorgonzola a pezzi o a cucchiaiate se fosse molto cremoso, un paio di cucchiai dell’acqua di cottura della pasta e amalgamate il tutto.
Scolate la pasta al dente, versatela nella padella con gli altri ingredienti, fatela saltare per un minuto e servite.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

domenica 5 novembre 2023

Risotto con zucca e Taleggio

Questo meraviglioso ortaggio, tipicamente autunnale ha, molto probabilmente, origini centro americane: i semi più antichi sono stati ritrovati in Messico e risalgono a oltre 4.000 anni fa. Furono i nativi americani, per cui la zucca era un alimento base della dieta, a insegnare la loro coltivazione ai primi coloni che la portarono in Europa insieme al mais, al tabacco, ai peperoni e alle patate.  La zucca appartiene alla famiglia delle Cucurbitaceae, la stessa delle zucchine, che non sono altro che il frutto immaturo. Il ciclo vitale della pianta è annuale, si coltivano in primavera-estate e la raccolta è tipicamente autunnale.
Le qualità nutrizionali della zucca sono molteplici, contiene vitamina E, C, acido folico, provitamina A, vitamine del gruppo B. Sali minerali come potassio, fosforo, ferro e magnesio, e infine i caroteni cui deve lo splendido colore arancione.
I carboidrati ammontano al 3,5% e l’indice glucidico è basso per cui, nonostante il gusto dolcissimo è l’ortaggio più efficace per controllare il metabolismo degli zuccheri, il suo consumo è quindi indicato per i diabetici e gli ipertesi.
“Inoltre il suo consumo può contribuire a riparare le cellule pancreatiche danneggiate dal diabete” (Dott. Ciro Vestita- nutrizionista.)
Infine, la zucca, possiede proprietà digestive, diuretiche, lassative e rinfrescanti.
In fitoterapia sono utilizzati i semi che contengono cucurbitina, tocofenoli, tocotrienoli, steroidi (1%) proteine, pectine e olio grasso e modeste quantità di Sali minerali quali manganese, zinco, selenio e rame.


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Ingredienti per 4 persone:

 320 gr di riso Carnaroli

1 bicchiere di vino bianco secco
1 cipolla bionda piccola
300 gr di zucca
80 gr di Taleggio
60 gr di Parmigiano Reggiano grattugiato
20 gr di burro
1 lt di brodo vegetale salato
Olio extravergine q.b.
Noce moscata q.b.

Procedimento

Scaldate tre cucchiai d’olio in una casseruola, aggiungete la cipolla affettata sottilmente e fatela stufare dolcemente per un paio di minuti, fate attenzione a non farla bruciare.

Unite il riso e tostatelo, rigirandolo spesso, fino a quando diventerà trasparente, aggiungete la zucca tagliata a dadini e rosolate per un minuto.
Irrorate con il vino, alzate la fiamma e fatelo sfumare per qualche minuto, avendo cura di girare continuamente il riso.
Unite il brodo vegetale caldo, poco alla volta, fino a cottura completa.
Cinque minuti prima della fine della cottura aggiungete il Taleggio tagliato a pezzetti e fatelo sciogliere rimestando, spolverizzate con della noce moscata.
Spegnete il fuoco e mantecate il riso con il burro e Parmigiano Reggiano, guarnite con qualche cubetto di zucca tenuto da parte dopo la rosolatura e una foglia di salvia.
Servite subito.

 

sabato 28 ottobre 2023

Pan de muerto messicano

Il pan de muerto (il pane del morto), come dice il suo nome, è un dolce tipico della trazione culinaria messicana che si prepara in occasione della festività dei morti.
Si tratta di una pagnotta dolce, aromatizzata con le bucce d’arancia o con i semi di anice, sofficissima e simile a una brioche.
Solitamente viene preparato qualche giorno prima della festività e consumato davanti ad un altare, realizzato per onorare i defunti, insieme con altri cibi che amavano.
Nella cultura messicana la morte non è vista come la fine ma come il proseguimento naturale in una vita ultraterrena e per questo motivo è festeggiata con allegria.
Non è difficile prepararlo e richiede semplici ingredienti come farina, burro, uova, zucchero, latte, scorza d’arancia o semi di anice.
Con le dosi che vi ho fornito, potete preparare tre pani di circa tre etti l’uno, se li preferite, più piccoli basta dividere l’impasto per più pani.
Potete velocizzare i tempi usando una planetaria anziché impastando a mano.

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Ingredienti per 4 pani medi

500 gr di farina 00

100 gr di zucchero + quello per la finitura
3 uova intere
3 tuorli
150 gr di burro a tocchetti e a temperatura ambiente
150 ml di latte tiepido (mezza tazza)
3 cucchiai di acqua di rose
2 arance bio
7 gr di lievito di birra secco
10 gr di sale fino (1 cucchiaio)

Procedimento

Innanzitutto, preparate il lievitino.

In una ciotola mettete il lievito sul fondo e versateci sopra tre cucchiai colmi di farina, un cucchiaio di zucchero e tutto il latte tiepido (36°C), versandolo a poco a poco e mescolando per evitare la formazione di grumi.
Dopo aver amalgamato il tutto, coprite con una pellicola e mettete a lievitare in un luogo caldo e lontano da correnti d’aria.
Nel frattempo, lavate bene le arance e grattugiate la buccia avendo cura di non grattugiare la parte bianca (albedo) che renderebbe il pane amaro. Coprite con la pellicola e mettete da parte.
Su di un piano di lavoro, versate la farina rimanente e distribuite intorno ad essa tutto lo zucchero e il sale; con il fondo della ciotola create un buco al centro della montagnola di farina e deponeteci il lievitino.
Nel lievitino, incorporate le uova e i tuorli (uno per volta) e mescolate delicatamente con le mani inglobando un pochino della farina circostante.
Quando avrete inglobato tutte le uova continuate a prendere la farina e incorporate tutto impastando, compreso lo zucchero e il sale.
A questo punto inserite i tocchetti di burro, pochi alla volta.
Una volta integrato completamente il burro, unite l’acqua di rose e le bucce grattugiate delle arance.
Vi troverete un impasto molto morbido, ma non aggiungete altra farina o vi troverete un pane poco soffice, continuate invece a impastare fino a quando otterrete un impasto più solido e omogeneo.
Lavoratelo stendendolo più volte fino a quando sarà più compatto, ma sempre molto morbido e si staccherà bene sia dal piano di lavoro sia dalle mani.
Mettetelo in ciotola leggermente unta con un pochino d’olio, pennellate con lo stesso anche l’impasto per evitare che asciughi troppo e coprite con la pellicola.
Mettetelo a lievitare, sempre in luogo caldo e lontano da correnti d’aria, fino al raddoppio (di solito ci vogliono due ore ma dipende dalla temperatura dell’ambiente in cui si trova).
Trascorso il tempo distribuite, sul piano di lavoro, un po’ di farina e deponeteci delicatamente l’impasto lievitato.
Schiacciatelo leggermente per eliminare l’aria e dategli una forma cilindrica di circa 30/23 cm di lunghezza e 13-15 di larghezza.
Tagliate la forma in quattro parti, tre uguali e la quarta della metà di una delle altre (servirà per fare “le ossa” ossia la guarnizione).
Infarinate nuovamente il piano di lavoro, prendete uno dei tre pezzi d’impasto, fatelo girare con le mani (pirlatura) ridandogli una forma tonda tenendo le punte sotto l’impasto, trasferite su di una teglia rivestita da carta da forno e schiacciatelo leggermente.
Eseguite le stesse operazioni anche con gli altri due pezzi distanziandoli nella teglia affinché non si attacchino tra di loro durante la lievitazione e la cottura.
Prepariamo ora “le ossa”.
Prendete il pezzo d’impasto rimasto, aggiungetegli due cucchiai di farina perché deve essere più corposo rispetto ai pani, impastatelo per inglobare la farina poi ricavate nove cilindretti.
Prendete un cilindretto arrotolatelo come fosse un grissino, poi premetelo con il dito indice al centro e fatelo rotolare avanti e indietro finché non si schiaccia completamente. Una volta diviso (ma non staccato) in due, fate la stessa cosa ai lati usando i due indici e allungandolo leggermente.
Ripetete l’operazione con altri cinque cilindretti e avrete ottenuto “le ossa”, con i tre pezzetti d’impasto rimasto create tre palline per formare “la testa”.
Spennellate i pani con dell’acqua, formando una croce nel punto dove andranno poste le ossa affinché aderiscano bene.
Posizionatene, schiacciandole leggermente, due per ogni pane, formando appunto delle croci e ponete sopra di ognuna di essa la pallina di pasta (testa) sempre dopo aver spennellato con dell’acqua.
Una volta decorati i pani metteteli ancora a lievitare fino al raddoppio del volume.
Infornate nel forno preriscaldato a 170°c per 20/30 minuti.
Quando saranno ben dorati, estraeteli dal forno e metteteli a raffreddare su di una gratella.
Una volta che saranno raffreddati, spennellateli con del burro fuso e spolverizzateli con lo zucchero semolato.
Scrollateli leggermente per eliminare lo zucchero in eccesso e il vostro pan de muerto messicano è pronto per essere gustato.