Ho
ricevuto un graditissimo invito a
visitare l’azienda Molini Bongiovanni di Cambiano, produttori della
spettacolare FARINA ANTIQUA macinata
a pietra e a partecipare a un corso di panificazione tenuto dal famoso panificatore e docente Giovanni
Gandino.
E’stata
un’esperienza bellissima e significativa, non solo dal punto di vista della
conoscenza, ma anche dal lato umano. Il sig. Bongiovanni, titolare e
amministratore delegato della Molini Bongiovanni S.p.A. è una persona squisita
che palesemente ama il suo lavoro e lo svolge con passione, dedizione e
competenza. Un uomo che, grazie anche all’aiuto dei suoi dipendenti
e collaboratori, è riuscito a coniugare l’alta tecnologia alla tradizione del
vecchio e romantico mulino.
Ci
ha raccontato una bellissima storia: quella che permette al chicco di grano di
arrivare nelle nostre case trasformato in farina o in quelle prelibatezze che
tutti conosciamo. La cura che Molini Bongiovanni mette in questa trasformazione
nasce già dal campo. Una filiera corta certificata di grani piemontesi
provenienti da quarantacinque aziende agricole con terreni lontani da città,
autostrade, fabbriche e corsi d’acqua, coltivati senza pesticidi né
contaminanti. Dopo la raccolta questi grani arrivano in grossi camion che sono
pesati
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Siamo tutti sull’enorme
bilancia che pesa i camion |
prima di scaricare il prodotto in un
tunnel protetto. Segue poi un accurato
lavoro di pulizia dei chicchi, giusto per farvi capire la meticolosità dei
controlli, sappiate che OGNI chicco di grano è scansionato da una selezione
ottica che effettua ben otto scatti.
Il grano ripulito inizia la sua
trasformazione tramite tutta una serie di passaggi (circa 30) attraverso grossi
laminatoi (sono formati da coppie di cilindri di acciaio in rotazione) che
separano la crusca dalla farina. Si ottiene così una farina bianca e fine e la
crusca ripulita dalla farina. Tutto il processo è svolto nella massima garanzia
d’igiene e con un sistema di tracciabilità dei lotti di produzione. I grani in
arrivo sono sottoposti, nel laboratorio interno all’azienda, ad analisi
preventive e poi di controllo durante la produzione per garantire sempre la
massima qualità del prodotto. Terminato il ciclo di trasformazione è verificata
l’attitudine alla panificazione della farina ottenuta e, tramite un impianto di
miscelazione, si creano delle miscele di farine personalizzate secondo le
richieste dei clienti.
Questo ciclo, per la farina Antiqua vale solo
all’inizio poiché questa meravigliosa farina è macinata a pietra in un unico
passaggio del cereale attraverso una lastra di pietra circolare orizzontale
ferma (quella inferiore) e una gemella in rotazione (quella superiore).
Grazie a questo tipo di macinazione la farinaAntiqua ha un notevole valore nutritivo poiché mantiene intatti tutti gli
elementi nutrizionali legati alla presenza della crusca e del germe di grano
contenuti nello strato proteico del chicco.
Antiqua è una farina ricca di fibre solubili e
insolubili che favoriscono la motilità intestinale: possiede molta vitamina E
(antiossidante) e tocoferoli che aiutano a combattere i radicali liberi e,
quindi, a prevenire l’invecchiamento delle cellule. Contiene molti sali
minerali utili al benessere dell’organismo ed è povera di carboidrati.
La farina si classifica per legge tra i tipi
00,0,1,2 e integrale che rappresentano il grado di raffinazione o
abburattamento. Il grado di abburattamento e quindi la classificazione della
farina nei vari tipi si misura attraverso il contenuto di ceneri. Le ceneri
sono ciò che rimane dopo la combustione della farina in un forno a 570°C. La nostra legge
dispone che il quantitativo di ceneri contenuto nella farina deve essere
rispettivamente:
inferiore a 0,55%
per la tipo 00
tra 0,55 e 0,65 %
per la farina 0
tra 0,66 e 0,80%
per la farina 1
tra 0,81 e 0,95%
per la farina 2
tra 1,20 e 1,80 per la farina integrale
La farina è composta prevalentemente da amido
(65/70%) da proteine (10/15%) da acqua (1/2%) di zuccheri e di grassi (circa
1%).
Le proteine durante l’impasto formano il glutine
che ne conferisce la struttura, l’amido nutre i lieviti durante la
fermentazione e viene trasformato in zucchero, alcool e anidride carbonica,
contribuendo così alla lievitazione e alla formazione della crosta, del profumo
e degli aromi durante la cottura.
Per la produzione di questa farina l’azienda Molini
Bongiovanni utilizza un mulino che risparmia circa 150 tonnellate di CO2 ogni
anno grazie a 1600 mq di pannelli fotovoltaici confermando così la politica
aziendale attentissima alle problematiche dell’ambiente.
Dopo questa interessantissima visita è iniziato il
coinvolgente corso di panificazione tenuto
dal grande maestro
Giovanni Gandino, panificatore e docente di tecnica molitoria,nonché ospite del
canale televisivo “Alice” e collaboratore del mensile “Alice cucina”, che da
anni collabora con le scuole più importanti d’Italia (Alma di Gualtiero
Marchesi, Accademia Barilla, Gambero Rosso di Roma).
Sarebbe troppo lungo riassumere qui tutta la
lezione, mi limiterò alle informazioni che ritengo possano interessare tutti.
Innanzitutto sappiate che ogni prodotto necessita
del glutine adatto e quindi della farina adatta. La farina con poco glutine è
adatta per prodotti che non devono lievitare (pasta frolla ad esempio),
viceversa quella che contiene molto glutine, è adatta per la preparazione di
tutti i prodotti lievitati come il pane. In pratica se utilizziamo la farina
con poco glutine, il nostro pane non gonfierà e risulterà piuttosto pesante e
il lievito utilizzato peggiorerà la situazione. La forza del glutine è
rappresentata con una lettera: W.
Questa lettera ci indica la giusta utilità della
farina.
Tutto quello che lievita poco (biscotti ecc) W <
120
Torte e preparazioni casalinghe W 150 – 200
Pane di piccola pezzatura, pizze e focacce in
teglia W 200 – 300
Pane grande, pizza W 300 – 350
Più il W è alto, maggiore sarà la durata della
lievitazione, pertanto se avete poco tempo a disposizione utilizzate un W 200.
Il W non è indicato sulle confezioni, per cui
potete verificarlo impastando la farina.
Una farina forte assorbe molta acqua e quindi
produce un impasto molto sodo e che richiederà un tempo di lievitazione più
lungo.
Se la farina è debole, quindi ha un W basso,
l’impasto risulterà appiccicoso come se avessimo esagerato con l’acqua.
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I colleghi foodbloggers si cimentano |
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Esistono due metodi per ottenere un buon pane: il
metodo diretto e l’indiretto.
Il metodo diretto indica una lavorazione veloce,
diretta: amalgamiamo la farina con l’acqua e il lievito di birra, impastiamo,
lasciamo lievitare e inforniamo.
Il metodo indiretto prevede l’utilizzo di un
impasto inacidito che può avere già dodici, diciotto, ventiquattro ore ed è
aggiunto a un impasto diretto.
Per questo tipo d’impasto si utilizza il lievito
madre o la biga.
La biga è un impasto inacidito preparato molte ore
prima dell’utilizzo.
Questa è la ricetta della biga:
Farina con molto glutine
1% lievito di birra
45/50 % di acqua
molto fredda.
Il lievito madre richiede un procedimento molto
lungo e ve lo spiegherò in seguito in un altro post.
Non mi dilungo oltre per non tediarvi, spero che
questa storia vi abbia coinvolto come ha coinvolto me e che, quando vedrete il
pane, i biscotti, le torte ecc pensiate a quanto lavoro, quanta
professionalità, quanto amore e dedizione ci sono volute per portare sulle
nostre tavole un prodotto sano e nutriente. Vi lascio con una ricetta molto
particolare di Giovanni Gandino
CUCCHIAI
DI PANE ALLA BIRRA NERA
Ingredienti:
Farina 700
gr
Farina di
segale 300 gr
Lievito di
birra 40 gr
Birra nera
1 lt
Burro 50
gr
Sale 25 gr
Liquirizia
20 gr (radice)
Mettete
sul fuoco la birra nera con la liquirizia e lasciare che evapori fino a pesare
circa 600 ml, togliere la liquirizia e lasciare raffreddare. Disponete le
farine miscelate a fontana e sbriciolare il lievito nella birra a temperatura
controllata, iniziate a impastare, aggiungete poi il burro a pomata e, infine,
quando l’impasto sarà quasi finito, aggiungete il sale. Lasciate riposare per
circa dieci minuti e “tirate con mattarello” allo spessore di circa 2 mm. Prendete un cucchiaio d'acciaio, poggiatelo sull’impasto e ritagliate la forma. Prendete quindi la forma
e adattatela al cucchiaio senza premere troppo ma solo adagiandola sopra. Bucate
con una forchetta la parte più larga del cucchiaio, quella cioè dove è raccolto
il cibo(questa operazione servirà a non far crescere l’impasto in quel punto).
Mettete il
cucchiaio in forno con l’impasto a lievitare per trenta minuti circa e poi in
forno a 180° con forno ventilato, 190° con forno statico, e cuocere per dieci
minuti.
Attenzione
non provate a togliere l’impasto dal cucchiaio fino a quando il ferro non sarà raffreddato,
altrimenti, rischiate di rompere l’impasto!
Potete
fare questa preparazione con tutti i tipi d’impasto e quindi portare a tavola
degli antipastini in maniera originale e divertente.
Il
cucchiaio di pane alla birra nera e liquirizia è ad esempio perfetto servito
con un’ostrica.