venerdì 19 luglio 2013

Storia di un chicco di grano

Ho ricevuto un graditissimo invito  a visitare l’azienda Molini Bongiovanni di Cambiano, produttori della spettacolare FARINA ANTIQUA macinata a pietra e a partecipare a un corso di panificazione tenuto dal famoso panificatore e docente Giovanni Gandino.
E’stata un’esperienza bellissima e significativa, non solo dal punto di vista della conoscenza, ma anche dal lato umano. Il sig. Bongiovanni, titolare e amministratore delegato della Molini Bongiovanni S.p.A. è una persona squisita che palesemente ama il suo lavoro e lo svolge con passione, dedizione e competenza.  Un uomo che, grazie anche all’aiuto dei suoi dipendenti e collaboratori, è riuscito a coniugare l’alta tecnologia alla tradizione del vecchio e romantico mulino.
Ci ha raccontato una bellissima storia: quella che permette al chicco di grano di arrivare nelle nostre case trasformato in farina o in quelle prelibatezze che tutti conosciamo. La cura che Molini Bongiovanni mette in questa trasformazione nasce già dal campo. Una filiera corta certificata di grani piemontesi provenienti da quarantacinque aziende agricole con terreni lontani da città, autostrade, fabbriche e corsi d’acqua, coltivati senza pesticidi né contaminanti. Dopo la raccolta questi grani arrivano in grossi camion che sono pesati 



Siamo tutti sull’enorme bilancia che pesa i camion

prima di scaricare il prodotto in un tunnel protetto.  Segue poi un accurato lavoro di pulizia dei chicchi, giusto per farvi capire la meticolosità dei controlli, sappiate che OGNI chicco di grano è scansionato da una selezione ottica che effettua ben otto scatti.
Il grano ripulito inizia la sua trasformazione tramite tutta una serie di passaggi (circa 30) attraverso grossi laminatoi (sono formati da coppie di cilindri di acciaio in rotazione) che separano la crusca dalla farina. Si ottiene così una farina bianca e fine e la crusca ripulita dalla farina. Tutto il processo è svolto nella massima garanzia d’igiene e con un sistema di tracciabilità dei lotti di produzione. I grani in arrivo sono sottoposti, nel laboratorio interno all’azienda, ad analisi preventive e poi di controllo durante la produzione per garantire sempre la massima qualità del prodotto. Terminato il ciclo di trasformazione è verificata l’attitudine alla panificazione della farina ottenuta e, tramite un impianto di miscelazione, si creano delle miscele di farine personalizzate secondo le richieste dei clienti.



Questo ciclo, per la farina Antiqua vale solo all’inizio poiché questa meravigliosa farina è macinata a pietra in un unico passaggio del cereale attraverso una lastra di pietra circolare orizzontale ferma (quella inferiore) e una gemella in rotazione (quella superiore). 


Grazie a questo tipo di macinazione la farinaAntiqua ha un notevole valore nutritivo poiché mantiene intatti tutti gli elementi nutrizionali legati alla presenza della crusca e del germe di grano contenuti nello strato proteico del chicco. 


Antiqua è una farina ricca di fibre solubili e insolubili che favoriscono la motilità intestinale: possiede molta vitamina E (antiossidante) e tocoferoli che aiutano a combattere i radicali liberi e, quindi, a prevenire l’invecchiamento delle cellule. Contiene molti sali minerali utili al benessere dell’organismo ed è povera di carboidrati.
La farina si classifica per legge tra i tipi 00,0,1,2 e integrale che rappresentano il grado di raffinazione o abburattamento. Il grado di abburattamento e quindi la classificazione della farina nei vari tipi si misura attraverso il contenuto di ceneri. Le ceneri sono ciò che rimane dopo la combustione della farina in un forno a 570°C. La nostra legge dispone che il quantitativo di ceneri contenuto nella farina deve essere rispettivamente:
inferiore a 0,55%  per la tipo 00
tra 0,55 e 0,65 %  per la farina 0
tra 0,66 e 0,80%  per la farina 1
tra 0,81 e 0,95%  per la farina 2
tra 1,20 e 1,80 per la farina integrale
La farina è composta prevalentemente da amido (65/70%) da proteine (10/15%) da acqua (1/2%) di zuccheri e di grassi (circa 1%).
Le proteine durante l’impasto formano il glutine che ne conferisce la struttura, l’amido nutre i lieviti durante la fermentazione e viene trasformato in zucchero, alcool e anidride carbonica, contribuendo così alla lievitazione e alla formazione della crosta, del profumo e degli aromi durante la cottura.
Per la produzione di questa farina l’azienda Molini Bongiovanni utilizza un mulino che risparmia circa 150 tonnellate di CO2 ogni anno grazie a 1600 mq di pannelli fotovoltaici confermando così la politica aziendale attentissima alle problematiche dell’ambiente.
Dopo questa interessantissima visita è iniziato il coinvolgente corso di panificazione tenuto
dal grande maestro Giovanni Gandino, panificatore e docente di tecnica molitoria,nonché ospite del canale televisivo “Alice” e collaboratore del mensile “Alice cucina”, che da anni collabora con le scuole più importanti d’Italia (Alma di Gualtiero Marchesi, Accademia Barilla, Gambero Rosso di Roma).  



 


Sarebbe troppo lungo riassumere qui tutta la lezione, mi limiterò alle informazioni che ritengo possano interessare tutti.
Innanzitutto sappiate che ogni prodotto necessita del glutine adatto e quindi della farina adatta. La farina con poco glutine è adatta per prodotti che non devono lievitare (pasta frolla ad esempio), viceversa quella che contiene molto glutine, è adatta per la preparazione di tutti i prodotti lievitati come il pane. In pratica se utilizziamo la farina con poco glutine, il nostro pane non gonfierà e risulterà piuttosto pesante e il lievito utilizzato peggiorerà la situazione. La forza del glutine è rappresentata con una lettera: W.
Questa lettera ci indica la giusta utilità della farina.
Tutto quello che lievita poco (biscotti ecc) W < 120
Torte e preparazioni casalinghe W 150 – 200
Pane di piccola pezzatura, pizze e focacce in teglia  W 200 – 300
Pane grande, pizza W 300 – 350
Più il W è alto, maggiore sarà la durata della lievitazione, pertanto se avete poco tempo a disposizione utilizzate un W 200.
Il W non è indicato sulle confezioni, per cui potete verificarlo impastando la farina.
Una farina forte assorbe molta acqua e quindi produce un impasto molto sodo e che richiederà un tempo di lievitazione più lungo.
Se la farina è debole, quindi ha un W basso, l’impasto risulterà appiccicoso come se avessimo esagerato con l’acqua.

I colleghi foodbloggers si cimentano




Esistono due metodi per ottenere un buon pane: il metodo diretto e l’indiretto.
Il metodo diretto indica una lavorazione veloce, diretta: amalgamiamo la farina con l’acqua e il lievito di birra, impastiamo, lasciamo lievitare e inforniamo.
Il metodo indiretto prevede l’utilizzo di un impasto inacidito che può avere già dodici, diciotto, ventiquattro ore ed è aggiunto a un impasto diretto.
Per questo tipo d’impasto si utilizza il lievito madre o la biga.
La biga è un impasto inacidito preparato molte ore prima dell’utilizzo.
Questa è la ricetta della biga:
Farina con molto glutine
1% lievito di birra
45/50 % di acqua  molto fredda.
Il lievito madre richiede un procedimento molto lungo e ve lo spiegherò in seguito in un altro post.
Non mi dilungo oltre per non tediarvi, spero che questa storia vi abbia coinvolto come ha coinvolto me e che, quando vedrete il pane, i biscotti, le torte ecc pensiate a quanto lavoro, quanta professionalità, quanto amore e dedizione ci sono volute per portare sulle nostre tavole un prodotto sano e nutriente. Vi lascio con una ricetta molto particolare di Giovanni Gandino

CUCCHIAI DI PANE ALLA BIRRA NERA
Ingredienti:
Farina 700 gr
Farina di segale 300 gr
Lievito di birra 40 gr
Birra nera 1 lt
Burro 50 gr
Sale 25 gr
Liquirizia 20 gr (radice)

Mettete sul fuoco la birra nera con la liquirizia e lasciare che evapori fino a pesare circa 600 ml, togliere la liquirizia e lasciare raffreddare. Disponete le farine miscelate a fontana e sbriciolare il lievito nella birra a temperatura controllata, iniziate a impastare, aggiungete poi il burro a pomata e, infine, quando l’impasto sarà quasi finito, aggiungete il sale. Lasciate riposare per circa dieci minuti e “tirate con mattarello” allo spessore di circa 2 mm. Prendete un cucchiaio d'acciaio, poggiatelo sull’impasto e ritagliate la forma. Prendete quindi la forma e adattatela al cucchiaio senza premere troppo ma solo adagiandola sopra. Bucate con una forchetta la parte più larga del cucchiaio, quella cioè dove è raccolto il cibo(questa operazione servirà a non far crescere l’impasto in quel punto).
Mettete il cucchiaio in forno con l’impasto a lievitare per trenta minuti circa e poi in forno a 180° con forno ventilato, 190° con forno statico, e cuocere per dieci minuti.
Attenzione non provate a togliere l’impasto dal cucchiaio fino a quando il ferro non sarà raffreddato, altrimenti, rischiate di rompere l’impasto!
Potete fare questa preparazione con tutti i tipi d’impasto e quindi portare a tavola degli antipastini in maniera originale e divertente.
Il cucchiaio di pane alla birra nera e liquirizia è ad esempio perfetto servito con un’ostrica.
Le opere d’arte del Maestro Giovanni Gandino preparate con la Farina Antiqua