mercoledì 11 marzo 2020

Tiramisù classico

Tiramisù è la quinta parola della cucina italiana più conosciuta all’estero, la prima per i dolci. Etimologia della parola Tiramisù: sollevami, rinforza il mio corpo deriva del dialetto trevigiano “Tireme su”, italianizzato in Tiramisù negli ultimi decenni del secolo scorso.
La memoria storica della “Gioiosa Marca” ricorda che il Tiramisù nasce a Treviso nella seconda metà del Settecento / Ottocento.
Una tradizione locale verbale ci ha tramandato che il nostro dolce sarebbe stato ideato da una geniale “maitresse” di una casa di piacere ubicata in centro storico a Treviso.
La “Siora” padrona del locale avrebbe ideato questo dolce afrodisiaco e corroborante per offrirlo ai suoi clienti alla fine delle serate allo scopo di rinvigorirli e risolvere i problemi connessi ai doveri coniugali al momento del loro rientro in famiglia.
Si narra che nel locale, quando gli uomini scendevano le scale un po’ provati, un’ avvenente maitresse preparava questo dolce e li ammoniva in codesto modo: “ desso ve tiro su mi “. Da qui origine del nome.
E’ nato così il Tiremesù un “viagra naturale” del ‘800, offerto ai clienti della maison del diletto.
In piazzetta Ancilotto in centro a Treviso un’antica locanda del tempo, l’attuale ristorante Le Beccherie, ha adottato questo dolce nel proprio menù per i clienti. Tiramisù dolce unico anche per l’iter delle sue origini: un “percorso inverso” dalle case alle locande, ai ristoranti, alle pasticcerie.
A supporto di questa storia leggendaria è la composizione degli ingredienti del Tiramisù, tutti nutrienti e ipercalorici: uova, zucchero, savoiardi, mascarpone, caffè e cacao. Anche la ricetta e la sua semplice preparazione avvalorano questa tesi, non bisogna essere un cuoco stellato per preparare questo dolce; chiunque è in grado di farlo e senza strumenti particolari.
Nel corso dei secoli, un velo di pruderie e di vergogna popolare ha nascosto la vera origine del Tiramisù. Difatti non viene ricordato nei libri fino alla caduta del conformismo legato al perbenismo storico avvenuto nella seconda metà del ‘900.
Testimonianza della presenza di questo dolce, nei secoli scorsi, sui tavoli imbanditi di casa nostra sono le nonne e bisnonne ultraottantenni. Queste signore ci raccontano che preparavano con arte e passione questo dessert per famiglia e amici, ben prima degli anni 1950. Prima della diffusione dell’elettricità e dei primi frigoriferi questo dessert, non a lunga conservazione, era consumato e conosciuto solo nella provincia di Treviso e zone limitrofe.
Alcuni aspetti peculiari tramandati a voce testimoniano in modo inconfondibile l’origine veneta e trevigiana del dolce. La ricetta deriverebbe dallo “sbatudin” un composto di tuorlo d’uovo sbattuto con lo zucchero, utilizzato comunemente dalle famiglie contadine trevigiane come ricostituente o per i novelli sposi. A questo è stato poi aggiunto mascarpone, caffè e cacao che tutti i nostri familiari ricordano di aver gustato fin da bambini prima dell’ultima guerra mondiale.
Ancor oggi, secondo usi e costumi trevigiani, si porta in dono alle donne puerpere, ai bambini e alle persone in stato di debolezza i biscotti savoiardi. Biscotti di forma oblunga, soffici, leggeri e facilmente digeribili. Prima della produzione industriale dei biscotti savoiardi si preparava questo dessert con biscotti friabili, spugnosi fatti in casa e nelle famiglie più povere con focaccia o pane vecchio imbevuto di caffè.
Il Tiramisù dei giorni nostri è un’evoluzione della tradizione locale di Treviso, è un dolce anche per i bambini ecco perché la ricetta tradizionale non contiene liquore.
Lo scrittore trevigiano Giovanni Comisso ( 1895-1969 ) è stato il letterato e anche il testimone più informato sulla ricetta del Tiramisù. Il poeta Comisso ha scritto nelle sue memorie e raccontato agli amici più stretti che sua nonna discendente del Conte Odoardo Tiretta era una devota del Tiramisù, anzi del Tirame-sospiro-sù, come Lei chiamava questo dessert e spesso consumava abitualmente come cena invernale. Da questi ricordi storici si evince che codesto dolce e ricetta erano conosciuti a Treviso già nell’1800.




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Ingredienti per 4 persone:

500 gr  di mascarpone
300 gr di savoiardi
150 gr di zucchero
3 uova
250 ml di caffè
4 cucchiai di Marsala
Cacao amaro q.b.

Procedimento

Preparate il caffè, aggiungete un cucchiaio di zucchero e lasciate raffreddare.
Dividete gli albumi dai tuorli.
Incorporate lo zucchero e un pizzico di sale ai tuorli e sbatteteli finché non diventeranno chiari e spumosi.
Incorporate il mascarpone e inglobate bene il tutto.
Con le fruste elettriche montate gli albumi a neve e uniteli al composto di mascarpone mescolando  lentamente dal basso verso l’alto.
Unite al caffè il Marsala e bagnate velocemente (1 secondo per lato) i savoiardi.
Formate un primo strato in una pirofila, ricoprite con la crema di mascarpone.
Continuate così fino ad esaurimento degli ingredienti terminando con una strato di crema.
Mettete in frigorifero per un paio d’ore e spolverizzate con abbondante cacao al momento di servire.








venerdì 6 marzo 2020

Cacciannanze marchigiana

Questa è un’antichissima ricetta marchigiana di quando il pane si faceva ancora in casa e con i forni a legna  ed era consuetudine , per verificare la giusta temperatura del forno, infornare una focaccia; quando questa era cotta, si sfornava, si toglieva la brace, si puliva il piano di cottura e s’infornava il pane.
Proprio a questa tecnica deve il nome l’antica focaccia marchigiana con olio e rosmarino: Caccia-annanze, cacciata davanti cioè messa per prima.




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Ingredienti per 4 focacce:
500 gr di farina 0
350g di acqua appena tiepida
3,5 gr di lievito di birra
1 cucchiaino di sale fino
Sale grosso q.b.
Olio extravergine d’oliva q.b.
Aghetti di rosmarino q.b.

Procedimento
In una ciotola setacciate la farina con il lievito, aggiungete poco alla volta l’acqua e impastate.
Quando avrà assorbito tutto il liquido  versate l’impasto su di una spianatoia infarinata, allargatelo un pochino e distribuite il sale fino. Riprendete ad impastare fino a quando avrete ottenuto un impasto omogeneo, ci vorranno circa 10 minuti.
Rimettetelo nella ciotola, coprite con un panno e lasciate lievitare fino al  raddoppio (il raddoppio dipende dalla temperatura esterna e ci vorranno circa 2 ore per una temperatura di 24°C fino a 5 ore per temperature inferiori).
Trascorso il tempo riprendete l’impasto, lavoratelo leggermente ancora per 1 minuto, poi dividetelo formando delle palline delle dimensioni di una palla da tennis.
Mettetele su di una leccarda foderata con della carta da forno e ben distanziate tra loro e lasciate lievitare ancora per 1 ora.
Riprendete le palline, allargatele un pochino, spennellatele con abbondante olio extravergine d’oliva, distribuite gli aghetti di rosmarino leggermente tagliuzzati e un pochino di sale grosso.
Infornate (forno statico e già caldo a 210°C) per 10/15 minuti.
Sfornate.
Potete gustarle così o farcite con della mortadella o altri salumi o del formaggio.


Variante: In alcune ricette si trova anche l’aglio da mettere sopra le focacce insieme al rosmarino e al sale. Personalmente le preferisco senza.





lunedì 2 marzo 2020

Schiscetta con misticanza tonno e semi vari


La parola schiscetta è un vocabolo dialettale lombardo che si riferiva originariamente al contenitore impiegato per il trasporto di vivande e usato tipicamente da operai e studenti.
Deve il suo nome al verbo schiacciare , schiscià in milanese, perché il cibo veniva schiacciato nel contenitore.
La schiscetta è stata prodotta in tantissime versioni, la più nota è la “La 2000” progettata specificamente per operai e studenti da Renato Caimi e prodotta industrialmente a partire dal 1952 in società con il fratello Mario dalla dirtta Pentolux di Nova Milanese.
A Milano e in Lombardia, questo modello di contenitore, è considerata un’icona del boom economico e il modello “La 2000” è esposto permanentemente al museo del design della Triennale presso la Villa Reale di Monza, è stata celebrata sa Assolombarda nel Gennaio del 2018 ed il brevetto originale è stato esposto a Roma presso l’Ara Pacis.
Tuttora il termine è utilizzato per descrivere l’azione di portare il cibo sul luogo di lavoro, studio o altro. 


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Ingredienti per 1 persona

100 g di insalatina misticanza
80 g di tonno al naturale
2 noci
1 cucchiaino di semi di girasole
1 cucchiaino di semi di zucca
1 cucchiaino di semi di lino
Olio extravergine d’oliva q.b.
Aceto q.b.
Sale q.b.

Procedimento

Lavate e sgrondate l’insalatina.
Mettetela nel  contenitore da trasporto, unite i gherigli di noci sminuzzati grossolanamente, i semi di girasole e quelli di zucca.
Unite il tonno ben sgocciolato e non mischiate.
Chiudete il contenitore e mettetelo in frigorifero.
Al momento del consumo condite con sale, olio e aceto.


giovedì 27 febbraio 2020

Confettura extra di kiwi


Originario della Cina, già dai primi del’900 fu importato in altri continenti.  Nel nostro paese arrivò solo alla fine del ventesimo secolo ma ebbe subito un grande successo, attualmente è coltivato prevalentemente in Veneto, Piemonte e Lazio. Insieme con la Nuova Zelanda e la Cina, l’Italia risulta essere tra i primi produttori ed esportatori mondiali. Esistono diverse varietà di kiwi, con colori e forme diverse: da noi, le due varietà più conosciute e commercializzate sono il kiwi verde e il kiwi oro. Entrambi hanno la forma di un tubero, e al centro del frutto contengono numerosi piccoli semi di colore nero.
Questo delizioso frutto è ricco d’antiossidanti, fibre, sali minerali e vitamine. Per la notevole quantità di fibre in esso contenute, il suo consumo ha effetti lassativi, pertanto è sconsigliato a chi soffre di colon irritabile o di diverticoli. E’ ricchissimo di vitamina C.

Sentiamo spesso parlare di marmellate, confetture e composte, ma in che cosa si differenziano?
La marmellata è un prodotto fatto di zucchero e agrumi (arancia, mandarino, limone, cedro, bergamotto, pompelmo) in cui la percentuale di frutta sia almeno il 20%. Le parti di agrumi utilizzabili sono polpa, purea, succo, estratti acquosi e scorza.
La confettura è un   prodotto contenente zucchero e polpa (o purea) di tutti gli altri tipi di frutta. La percentuale di frutta non è in generale inferiore al 35% (con differenze anche notevoli a seconda del frutto usato), ma sale al 45% nel caso della “confettura extra“.
La composta. In questo caso si ritiene che la percentuale di frutta non debba essere inferiore ai due terzi. Nella composta lo zucchero aggiunto è sensibilmente minore, così come il conseguente apporto calorico.
Le confetture, come le marmellate e le composte, sono semplicissime da preparare, ma bisogna porre molta attenzione ai contenitori che devono essere sempre ben lavati con acqua bollente e sterilizzati prima dell’utilizzo; i coperchi devono essere nuovi per garantire la chiusura ermetica.

Per sterilizzarli potete utilizzare vari metodi, personalmente utilizzo il seguente:
Lavo  i vasetti e i coperchi con acqua calda e detersivo, li sciacquo molto bene sempre con l’acqua calda e li asciugo.
Accendo il forno a 130 gradi (non di più perché si rischia di rompere il vetro), raggiunta la temperatura lo spengo e posiziono i vasetti e i coperchi assicurandomi che non si tocchino. Chiudo il forno e li lascio lì per 20/25 minuti. Trascorso il tempo, li tolgo usando i guanti e invaso la confettura caldissima, poi chiudo ermeticamente e lascio raffreddare su dei sottopentola. Lo sbalzo di temperatura potrebbe far rompere i vasetti.
  


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Ingredienti per 3 vasetti da 250 gr circa

1 kg. di kiwi già sbucciati (peso netto)
200 gr di mela (1 mela grossa)
1 limone bio (succo e buccia)
500 gr di zucchero di canna

Procedimento

Lavate bene i kiwi, sbucciateli , tagliateli a pezzi e metteteli in una pentola d’acciaio (non usate l’alluminio).
Sbucciate la mela, tagliatela a pezzetti e unitela ai kiwi.
Aggiungete il succo del limone e la buccia dello stesso a striscioline sottili ; solo la parte gialla, non utilizzate quella bianca (albedo) perché renderebbe la confettura amara.
Unite lo zucchero, mescolate e lasciate riposare per 2/3 ore.



Trascorso il tempo fate cuocere a fuoco bassissimo, mescolando e schiumando fino a quando la confettura avrà raggiunto la giusta densità.
Se non volete troppi semini nella vostra confettura, toglietene un po’ durante la cottura aiutandovi con un colino.
Per verificare il giusto grado di densità mettete un pochino di confettura in un piattino, aspettate un paio di minuti poi  inclinatelo, se non scorre via è pronta.
Invasate subito, quando è ben calda,  lasciando 1 cm di bordo, avvitate i tappi e lasciate raffreddare.
Conservate al buio e al fresco e consumate dopo 1 mese.








martedì 18 febbraio 2020

Bomboloni

I bomboloni sono dei caratteristici dolci italiani preparati con farina e zucchero a velo , molto simili ai  krapfen tedeschi.
Possono essere consumati a colazione o in qualunque momento della giornata.
Si possono anche farcire con marmellata, crema, cioccolato o uvetta.
Generalmente vengono fritti ma se ne può fare una versione più leggera al forno.


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Ingredienti:

400 gr  di farina 00
100 gr di zucchero di canna
120 ml di latte appena appena  tiepido
120 ml di acqua
60 gr di burro
20 gr di lievito di birra fresco
1 limone bio (solo scorza)
Olio q.b.
Zucchero a velo q.b.
Sale fino un pizzico.

Procedimento

Lasciate ammorbidire il burro a temperatura ambiente.
Sciogliete il lievito di birra nel latte.
In una ciotola versate la farina, lo zucchero, la scorza grattugiata del limone (solo la parte gialla) e un pizzico di sale fino.
Mescolate gli ingredienti poi unite il burro ammorbidito a crema e il latte con il lievito sciolto, l’acqua e inglobate il tutto.
Versate sulla spianatoia infarinata e impastate fino ad ottenere un impasto elastico ed omogeneo (circa 10 minuti).
Rimettete l’impasto nella ciotola, coprite con un canovaccio e fatelo lievitare per 2 ore in un luogo caldo e lontano da correnti d’aria.
Trascorso il tempo stendete delicatamente l’impasto con un mattarello creando una sfoglia spessa 1 cm.
Con un coppa pasta o un bicchiere di 10 cm di diametro ricavate dei dischi, metteteli su di un canovaccio infarinato, coprite con un altro canovaccio e proseguite la lievitazione ancora per un’ora sempre al caldo e lontano da correnti d’aria.
In una padella profonda scaldate abbondante olio (io uso quello d’oliva extravergine perché è quello che ha il punto di fumo più alto) e friggete i dischi di pasta  pochi alla volta, girandoli affinché possano cuocere e dorare bene da ambo le parti.
Scolate i bomboloni e metteteli su carta da cucina per eliminare l’unto in eccesso.
Cospargeteli di zucchero a velo e servite.

Se preferite la cottura più leggera al forno, disponete i dischi di pasta su di una teglia rivestita di carta da forno e infornate (forno già a temperatura ) a 180°C per 15 minuti.
Sfornate, cospargete di zucchero e servite.



giovedì 13 febbraio 2020

Torta di San Valentino

La tradizione di San Valentino quale protettore degli innamorati risale all'epoca romana, nel 496 d. C., quando l’allora papa Gelasio I volle porre fine ai lupercalia, gli antichi riti pagani dedicati al dio della fertilità Luperco.
Questi riti si celebravano il 15 febbraio e prevedevano festeggiamenti sfrenati ed erano apertamente in contrasto con la morale e l'idea di amore dei cristiani.
In particolare il clou della festa si aveva quando le matrone romane si offrivano, spontaneamente e per strada, alle frustate di un gruppo di giovani nudi, devoti al selvatico Fauno Luperco. Anche le donne in dolce attesa si sottoponevano volentieri al rituale, convinte che avrebbe fatto bene alla nascita del pargolo.
In fondo, ad alleviare il dolore bastava lo spettacolo offerto dai corpi di quei baldi giovani, che si facevano strada completamente nudi o, al massimo, con un gonnellino di pelle stretto intorno ai fianchi.
Per "battezzare" (e cristianizzare) la festa dell'amore, il Papa Gelasio I decise di spostarla al giorno precedente - dedicato a San Valentino - facendolo diventare in un certo modo il protettore degli innamorati.

Fonte: Focus

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Ingredienti per una torta di 24 cm. di diametro

3 dischi di Pan di Spagna
2 rossi d’uovo
100 gr. di zucchero
4 cucchiai  di farina 00
mezzo litro di latte
1 stecca di vaniglia (facoltativa)
25 gr. di cacao amaro in polvere
100 gr. di panna da montare
mezzo bicchiere di Alchermes
mezzo bicchiere d’acqua

Per la guarnire

400 gr di fragole
1 cucchiaio e mezzo di zucchero di canna
8 gr di gelatina  (colla di pesce)
1 bustina di codette di cioccolato
1 rosa grande di zucchero
Matita di cioccolato

Procedimento.

Nel frattempo portate ad ebollizione  il latte con la stecca di vaniglia. Spegnete il fuoco e lasciatelo intiepidire un po’.
Lavorate (sempre con la frusta elettrica)  i due rossi d’uovo con lo zucchero rimasto fino a quando il composto risulterà gonfio. Aggiungere gradatamente la farina (aiutatevi eventualmente con un cucchiaio di latte tiepido) e amalgamate bene per evitare la formazione di grumi, aggiungete, sempre lentamente e rimestando, il latte.
Sciogliete bene il composto e rimettetelo sul fuoco bassissimo, rimestando continuamente.
Vedrete la crema gonfiarsi lentamente (circa 7/8 minuti), quando la consistenza sarà quella “sofficiosa” classica della crema pasticciera  spegnete il gas. Montate la panna con due cucchiai di zucchero a velo ed unitene 1/3   alla crema fredda. Dividetela  ponendola in due contenitori . In uno aggiungete lentamente  tutto il cacao amaro evitando di fare dei grumi e mescolate molto bene.
Miscelate  l’Alchermes con l’acqua.
Mettete il primo disco di Pan di Spagna in una stampo  a cerniera ( mettete lo stampo senza il fondo sul piatto da portata o su di un cartoncino dorato da torta) e imbibitelo con la soluzione alcolica, 


distribuite  con una spatola la crema pasticcera , ricopritela con il secondo disco, impregnatelo con la miscela  e spalmate  tutta  la crema al cioccolato.
Ricoprite con il terzo disco, imbibite anch’esso , coprite con la pellicola e mettete in frigo.
Nel frattempo preparate il topping.
Mettete a bagno in acqua fredda per dieci minuti i fogli di  gelatina.
Lavate bene le fragole, tagliatele a dadini, mettetele in un tegamino con lo zucchero e fatele cuocere per una decina di minuti. Frullate con il mixer, unite la gelatina scolata e  strizzata e mescolate bene per farla sciogliere.  Lasciate intiepidire. Riprendete lo stampo dal frigo e distribuite uniformemente la composta sulla torta livellandola bene. Rimettete in frigo per altre tre ore.
Al momento di servirla, toglietela delicatamente dallo stampo aprendo la cerniera, distribuite sul bordo le codette di cioccolato, guarnite con qualche ghirigoro fatto con la matita di cioccolato e posizionate la rosa di zucchero.
Servite.

Idee e varianti:
Se volete presentare la vostra torta  in modo un po' più coreografico, potete dare ai dischi di pan di Spagna una forma a cuore




martedì 11 febbraio 2020

Pollo alla cacciatora

Il pollo alla cacciatora è una ricetta tipica italiana, preparata con delle varianti, in tutte le regioni d’Italia anche se i Toscani ne rivendicano la paternità.
Di solito nell’Italia centro settentrionale si utilizza il vino bianco, mentre in quella centro meridionale usano il vino rosso. Personalmente preferisco quest’ultima versione.
La carne di pollo è ricca di proteine nobili indispensabili all’organismo per rinnovare i tessuti, e di  aminoacidi ramificati utili nel metabolismo dei muscoli e nell’aiutare allo smaltimento delle tossine che si formano quando si svolge un inteso lavoro fisico. Se eliminiamo la pelle risulta relativamente povera di grassi  e con un discreto contenuto di vitamine del gruppo B e di ferro.  La ridotta presenza di tessuto connettivo ed il diametro ridotto delle sue fibre rendono la carne di pollo facilmente digeribile. 


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Ingredienti per 4 persone

1 pollo da 1 kg circa
400 gr di pomodori
2 carote
3 gambi di sedano
1 cipolla bianca
1 spicchio d’aglio
1 bicchiere di vino rosso
Rosmarino
Sale e pepe q.b.
Olio extravergine d’oliva q.b.

Procedimento

Tagliate il pollo a pezzi, lavatelo e asciugatelo.
Pulite e tagliate la carota e il sedano a cubetti.
Pelate la cipolla e tagliatela a fettine (alla veneziana).
Scaldate 2 cucchiai d’olio e aggiungete gli ortaggi e l’aglio e lasciateli dorare per qualche minuto.
Aggiungete i pezzi di pollo ,  gli aghetti di rosmarino tritati, salate, pepate e fate dorare.
Sfumate il pollo con il vino e lasciate cuocere per 10 minuti circa, unite i pomodori, coperchiate e fate cuocere fino a quando il pollo sarà cotto. 
Servitelo ben caldo.