venerdì 13 gennaio 2017

Aringa affumicata e marinata

L’aringa è un pesce di mare e diffuso prevalentemente nell’Oceano Atlantico settentrionale. Vive anche nei mari freddi del nord Europa del Canada, della Groenlandia e del Nord America.
Questo pesce viene consumato fresco nei mesi di maggio e giugno.
Da sempre una delle principali fonti di scambio per i paesi del nord e per garantire la sua conservabilità furono inventati e perfezionati vari metodi di essiccazione, salagione, affumicatura marinatura che sono tutt’ora praticati.
Le aringhe fresche sono messe sotto sale in barili di legno  per 24 ore, poi vi si aggiunge una salamoia. Questo processo detto “salagione” dura fino a due mesi.
Vengono poi lavate e messe su spiedi ad affumicare per un periodo che varia dalle 12 ore ai 12 giorni. In base al periodo di affumicatura si avranno tre tipologie di aringa affumicate: SILVER (affumicata 12 ore) GOLDEN (3 giorni) HARD CURE (dai 10 ai 12 giorni):
Infine vengono confezionate in scatole di legno o sottovuoto.
Dal punto di vista nutrizionale l’aringa è un pesce grasso ricco di Omega3, ma in quella affumicata il grasso è notevolmente inferiore in quanto cola durante l’affumicatura ma restano invariate, anzi aumentano, le proteine.
L’aringa dopo essere stata preparata nel modo che vi suggerisco sotto potete accompagnarla anche con patate, cavolfiore, barbabietola rossa o in insalata con l’arancia o il pompelmo.


 

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Ingredienti per 4 persone:

4 filetti d’aringa affumicata
½ litro di latte
1 bicchiere d’aceto
1 limone
1 cipolla rossa di Tropea
Bacche miste (pepe rosa, verde, nero, ginepro)
Olio extravergine d’oliva

Procedimento
Mettete i filetti d’aringa a bagno nell’aceto per due minuti, scolateli e sciacquateli velocemente sotto l’acqua corrente.
Asciugateli perfettamente premendoli delicatamente tra due fogli di carta da cucina .
Metteteli in un recipiente e copriteli di latte.
Lasciateli nel latte per  ventiquattro ore.
Queste operazioni consentiranno di eliminare il sale in eccesso e renderanno la carne dell’aringa  morbida e saporita.
Scolateli dal latte, sciacquateli velocemente sotto l’acqua corrente e asciugateli molto bene.
Metteteli in un contenitore e spremete sopra i filetti  il succo del limone.
Distribuite sul pesce la cipolla cruda tagliata a fettine sottilissime, le bacche e ricoprite completamente d’olio.
Lasciateli riposare per un giorno.
Potete servirli  come antipasto accompagnati da della wodka molto fredda, o accompagnarli alla polenta o  aggiungerli ad un insalata di patate bollite e rape rosse o, infine, adagiati su tartine imburrate. 


domenica 8 gennaio 2017

Fettuccine di castagne con porri salsiccia e Provolone

“…..nelle montagne dove si raccoglie poco grano, si seccano le castagne su grate al fumo e poi si mondano e se ne fa farina che valentemente supplisce per farne pane.”
L’erbario novo” di Castore Durante  (XVI° sec.)

Nelle dolci colline troviamo tutto il fascino dei castagneti, e in autunno, un tripudio di colori dalle calde tonalità rosso-aranciate che in inverno lasciano il posto allo splendore del bianco. I rami degli alberi si spogliano e rendono il paesaggio fatato, simile a un quadro di Dalì, permeato da un indefinibile mistero. Non sono solo belli da vedere questi castagneti, ma hanno sfamato intere generazioni e, nel corso degli anni, si è creata una vera e propria civiltà che ha prodotto tradizioni, sviluppato usi, tecniche agrarie e lavori fortemente legati a quest’albero.
Il castagno o “albero del pane” come fu definito da Senofonte nel IV secolo a.C. è originario dell’Asia Minore e della Grecia: si diffuse in Italia grazie agli Etruschi e cresce spontaneamente nella fascia climatica del Mediterraneo, dalla Turchia ai Balcani, alla penisola Iberica, sulle coste del Magreb, dall’Italia alla Francia. Furono gli ellenici i primi a sviluppare la coltivazione e a selezionare le varietà di castagne pur considerandole inizialmente come una sorta di ghianda. Utilizzavano questo nutriente frutto per preparate le pietanze più disparate, come il pane nero di Sparta, sfarinate, minestre. Greci, Ebrei e Fenici con i loro commerci le diffusero in tutto il bacino Mediterraneo.





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Ingredienti per 4 persone:

Per le fettuccine

200 gr di farina di castagne
200 gr di farina W260 per panificazione
4 uova
Sale q.b.
1 cucchiaio d’olio extravergine d’oliva

Per il condimento
2 porri
400 gr di salsiccia
Qualche rametto di prezzemolo
½ bicchiere di vino bianco secco
4 cucchiai di olio extravergine d’oliva
Un pizzico di sale
100 gr di Provolone dolce grattugiato

Procedimento


Mettete le farine in una ciotola ed inserite al centro le uova, il cucchiaio d’olio e il sale.


Partendo dal centro, inglobate lentamente tutta la farina, poi  versate l’impasto su di una spianatoia e impastate fino ad ottenere un composto omogeneo. Mettetelo a riposare, coperto con la pellicola, per mezz’ora.


Nel frattempo preparate il condimento.
Lavate i porri, togliete le radichette, la prima foglia e tagliateli a  rondelle oblique.
Tagliate la salsiccia a rondelle.
Lavate, sgrondate e tritate il prezzemolo.
In una padella versate 4 cucchiai d’olio, fatelo scaldare e unite i porri.


Lasciate soffriggere dolcemente per 5 minuti poi unite la salsiccia e fate dorare a fuoco vivo 


per qualche minuto, salate,  sfumate con il vino e fate cuocere ancora per qualche minuto, unite il prezzemolo , miscelate e spegnete il fornello.
Riprendete l’impasto e tiratelo a sfoglia sottile,



poi ripiegatela in più parti e tagliate delle strisce di mezzo centimetro.


Mettete le fettuccine ottenute su della carta da forno e spolverizzate con la farina normale.


Mettete a bollire abbondante acqua salata con un goccio d’olio (impedirà alla pasta di attaccarsi), al momento del bollore tuffate le fettuccine e fate cuocere per circa 10 minuti.
Riscaldate leggermente il condimento e unite le fettuccine scolate grossolanamente, unite anche due  o tre cucchiai dell’acqua di cottura e fate saltare per un minuto. Spegnete il fornello, spolverizzate con il Provolone e servite subito.



martedì 3 gennaio 2017

Carciofi trifolati

Il carciofo è una pianta nota fin dai tempi antichi, la sua coltivazione è diffusa maggiormente nei paesi del Mediterraneo, soprattutto in Italia, Francia e Spagna. La Sardegna è la regione che maggiormente si caratterizza per la coltivazione ed il consumo di questo delizioso ortaggio. La raccolta avviene principalmente tra il mese di ottobre e di maggio.
E’ ricchissimo di principi attivi e vanta molte virtù terapeutiche. Possiede pochissime calorie e contiene molte fibre, oltre a sali minerali come calcio, fosforo, magnesio, ferro e potassio. Vanta un effetto disintossicante essendo diuretico e stimolante della funzione epatica ed è  utile per combattere problemi di diabete, colesterolo, ipertensione.




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Ingredienti per 4 persone:

8 carciofi sardi con le spine
1 cipolla rossa di Tropea
1 spicchio d’aglio
Qualche rametto di prezzemolo
2 filetti di alici
Mezzo bicchiere d’acqua
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale q.b.

Procedimento
Pulite i carciofi asportando le foglie esterne più dure, la barba interna e immergeteli in acqua acidulata con il limone per evitare che anneriscano.
Tagliate la cipolla a fettine sottili,  tritate lo spicchio d’aglio con le foglioline del prezzemolo e le alici. Mettete tutto in un recipiente con 5/6 cucchiai d’olio.



Aggiungete  i carciofi sgocciolati e tagliati a spicchi non troppo sottili e accendete il gas a calore moderato..
Fate soffriggere delicatamente a pentola coperta per qualche minuto, rigirandoli spesso. Versate l’acqua, aggiustate di sale, coprite e fate cuocere ancora per 10 minuti.
Controllate il livello di cottura e, se necessario, alzate il fuoco per consumare l’eccesso di liquido.





Mattonella di mascarpone, crema di nocciole e pistacchi


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I savoiardi sono biscotti all’uovo lunghi circa 9 – 10 cm e larghi 2 – 3 cm, con le estremità arrotondate e la superficie cosparsa di zucchero a velo cotto. Sono preparati con uova intere, farina, zucchero e tanto albume montato a neve.  La crosticina esterna, in contrasto con la leggerezza interna, è formata allo zucchero a velo cosparso in superficie prima della cottura.  I savoiardi confezionati si mantengono a lungo, ma una volta aperti assorbono facilmente l’umidità, quindi è meglio conservarli in un contenitore ermetico. Si prestano bene per la preparazione di dolci come questa charlotte, il tiramisù, la zuppa inglese, ecc.
Vista la composizione, è facilmente intuibile che si tratta di un alimento ricco, infatti 100 gr di prodotto forniscono circa 391 calorie. Contengono il 70% di carboidrati, il 9% di lipidi e il 12% di proteine, oltre a ferro, calcio, fosforo, vitamine B1 e B2.
Il mascarpone è un formaggio tipico  della Lombardia, infatti il suo nome deriva proprio dal termine lombardo “mascarpia” o “mascherpa”  che indica la ricotta o la crema di latte. La sua produzione e il suo consumo risalgono a diversi secoli fa, quando lo si produceva solo nella stagione fredda.  E’ ottenuto dalla lavorazione della panna con l’acido citrico o l’acido acetico alla temperatura di 90-95°C per cinque o dieci minuti. Per questo motivo è un formaggio altamente calorico ( 35% d grassi),che tende ad irrancidire in fretta, quindi  va consumato freschissimo. Normalmente, per produrlo, si utilizza il latte della prima mungitura del mattino che viene immediatamente sottoposto a centrifugazione per ottenere la panna.






Ingredienti per 4 persone:

300 gr di savoiardi
400 gr di mascarpone
200 gr di ricotta
200 gr di crema di nocciole
20 gr di zucchero a velo
100 gr di pistacchi di Bronte Aroma di Sicilia
300 ml di Martini dry
300 ml di acqua
50 gr di cioccolato bianco
50 gr di cioccolato fondente


Procedimento

Lavorate il mascarpone con la ricotta,  la crema di nocciole , un po’ di Martini e lo zucchero a velo fino a ottenere una crema morbida e omogenea.
In un piatto fondo miscelate bene il Martini con l’acqua.
Spelate i pistacchi e tritateli grossolanamente.
Imbibite nella soluzione alcolica (uno per volta) i savoiardi e mettetene un terzo in un piatto di portata, 


distribuite sopra parte della crema,


continuate così per altre due volte. Lo strato finale ricopritelo interamente di crema, compresi i lati. Distribuite la granella di pistacchi su tutto il dolce comprimendo leggermente per farla aderire.


Sciogliete a bagnomaria o nel micronde il cioccolato bianco e, aiutandovi con un cucchiaino in verticale, distribuitelo sulla mattonella a formare una sorta di griglia, ripetete l'operazione con il fondente.

                               

Ripete l’operazione con il cioccolato fondente incrociando le righe a formare una griglia.
Mettete in frigo per almeno tre ore.

Consiglio: se non volete o  non potete utilizzare il Martini perché non amate l’alcool o avete dei bimbi, potete eliminarlo sostituendo i savoiardi con il pan di Spagna che, essendo molto morbido può essere utilizzato senza essere imbibito e ammorbidite il mascarpone con un po’ di panna liquida.




NOTA BENE: LA CREMA DI NOCCIOLE DELLA RICETTA NON E' LA NUTELLA, MA PROPRIO CREMA DI NOCCIOLE  BIO DI ARRIGONI DI ASIAGO CHE POTETE TROVARE IN QUALUNQUE BIOBOTTEGA O SUPERMERCATO. NEL CASO NON LA TROVASTE, POTETE SOSTITUIRLA PROPRIO CON LA NUTELLA.



domenica 1 gennaio 2017

Terre da vino Cantine in Barolo



“La luna, - disse Nuto – bisogna crederci per forza, perfino gli innesti, se non si fanno ai primi giorni della luna, non attaccano.”  Cesare Pavese “La luna e i falò”




Quando si pensa alla provincia di Cuneo  non si può fare a meno di parlare delle Langhe e delle sue colline. Ci accolgono vigneti stupendi, con i tipici caldi colori autunnali, non solo belli da vedere per le loro armoniose geometrie, ma oggi ancor più importanti per un’economia agricola sempre più radicata ed efficace. Facciamo tappa a Barolo. Il comune,che ha dato il nome al “Re dei vini”, si trova nel cuore delle colline delle Langhe: fondi marini emersi dal mare in epoche diverse che hanno donato alle nostre colline forme e profili irregolari ed una composizione dei suoli originale ed esclusiva.
Il nome Langhe, infatti, è di derivazione celtica e significa “Lingue di Terra”.
La prima cosa che colpisce di Barolo è il diverso posizionamento del suo nucleo urbano rispetto a quello dei paesi limitrofi, addossati intorno alla sommità di un colle o lungo un crinale. Il paese chiude  una valletta e si trova adagiato su una specie di altopiano, a forma di sperone, protetto dai rilievi circostanti, disposti a guisa d'anfiteatro. Il borgo medioevale di Barolo rappresenta una sorta di capitale per il territorio: se Alba è il centro nevralgico delle Langhe, un po' per la grandezza della città e un po' per l'importanza del tartufo bianco, Barolo costituisce il secondo polo di attrattiva, attorno al quale, sulle colline circostanti, sorgono altri magnifici e importanti borghi medioevali, quali La Morra, Serralunga, Castiglione Falletto, Roddi.
Noi, oggi visiteremo l’azienda cooperativa più importante del territorio: Terre da Vino Agricole. Questa cooperativa coinvolge le vigne più pregiate,  i migliori viticoltori, è una moderna Cantina in Barolo, realizzata con linee architettoniche moderne e forti richiami alle cascine di Langa: linee curve per il tetto in sintonia con il paesaggio, tinte color mais o vinaccia, lastre in rame ossidato che evocano il solfato di rame utilizzato nelle vigne, legno lamellare curvato alla maniera antica dei bottai, tonalità rosso vino dei muri e graticci sulla facciata esterna per appendervi le pannocchie ad essiccare.
La palazzina uffici si collega attraverso una passerella sopraelevata, interamente sospesa ed appesa a travi in legno lamellare, dalla originale Sala della Barbera o Barriques alla recentissima Sala del Nebbiolo o della Tradizione.



Una suggestiva scenografia che permette ai visitatori di muoversi autonomamente, tra le varie fasi di lavorazione, dall’imbottigliamento alla cantina di fermentazione ai luoghi di affinamento.  
sala dell'imbottigliamento


L’ultimo collegamento tra la prima Passerella ed il secondo tronco Uffici è stato inaugurato nel 2010, anniversario dei dieci anni a Barolo dell’azienda: una avveniristica Passerella Esterna aerea in acciaio, legno con copertura in vetro.




  
Un vero e proprio percorso di formazione del prodotto vino, da una realtà produttiva che ha pochi confronti sul territorio nazionale: Terre da Vino conta oltre 5.000 ettari di vigneto coltivati da ben 2.800 viticoltori.
L’imponente base produttiva consente una selezione esasperata ed offre una ampia gamma di prodotti: solo vini del Piemonte, solo vini DOC e DOCG.
A tutti un invito a Barolo perché non capita tutti i giorni di vedere la vinificazione, l’affinamento e l’imbottigliamento comodamente in “passerella”.



Ed infine un po’ di storia…..il vitigno con cui si produce il Barolo è il Nebbiolo, che viene coltivato nella zona del Barolo da tempo immemorabile, ma è grazie alla caparbietà di Camillo Benso Conte di Cavour e di Giulia Colbert Falletti,ultima marchesa di Barolo, che si cominciò a produrre, a metà dell'Ottocento un vino eccezionalmente ricco ed armonioso, destinato a diventare l'ambasciatore del Piemonte dei Savoia nelle corti di tutta Europa.  La struttura di questo vino esprime un bouquet complesso e avvolgente, in grado di svilupparsi nel tempo senza perdere le sue caratteristiche organolettiche. Di colore rosso granato con riflessi aranciati, possiede un aroma intenso e persistente.






Il viaggio nel mondo dei vini è terminato, ma prima di accomiatarci, vogliamo offrirvi una delle ricette più famose: Il brasato al Barolo




Terre da vino
Via Bergesia 6 –
12060 Barolo (CN) Italia
Tel +039 0173564611
Fax +39  0173564612
e-mail: info@terredavino.it

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giovedì 29 dicembre 2016

Dolce crema di pandoro

pranzi natalizi sono appena terminati ed ecco che già dobbiamo pensare al cenone di Capodanno o dell'Epifania. Questa che vi propongo potrebbe essere una soluzione per smaltire il pandoro o il panettone avanzato e riproporlo in una nuova versione golosa e coreografica.
Se per caso ci fossero dei bambini o non vi piacciono gli alcolici, potete sostituirli con il succo d’arancia o un po’ di latte.

 

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Ingredienti per 4/5 persone .

400 gr di pandoro o panettone avanzato
40 ml di Martini (due bicchieri)
10 ml. di Gin (1 bicchierino)
50 ml di acqua
500 ml. di latte
2 rossi d’uovo
40 gr. di farina
100 gr. di zucchero
6 cucchiai di cacao amaro
50 gr di cioccolato fondente a scaglie
50 gr di pistacchi sgusciati (senza sale)
1 stecca di vaniglia

Procedimento

Tagliate a fettine di circa mezzo centimetro e delle misure delle vostre coppette il pandoro.
Gli avanzi non di misura utilizzateli come fondo delle coppette.
Spellati i pistacchi e tritateli grossolanamente.
Innanzitutto preparate le creme:  fate bollire il latte con la stecca di vaniglia, sbattete i due rossi d’uovo con lo zucchero fino a quando il composto risulterà gonfio, poi aggiungete gradatamente la farina (aiutatevi eventualmente con un cucchiaio di latte tiepido) e amalgamate bene per evitare la formazione di grumi, aggiungete, sempre lentamente e rimestando, il latte.
Sciogliete bene il composto e rimettetelo sul fuoco bassissimo, rimestando continuamente.
Vedrete la crema gonfiarsi lentamente (circa 7/8 minuti), quando la consistenza sarà quella “sofficiosa” classica della crema pasticcera  spegnete il gas.




Dividetela  a metà e mettetela in due contenitori. In uno  aggiungete lentamente   e senza formare grumi ,  quattro cucchiai di cacao amaro,  e un cucchiaino di gin, mescolate molto bene.
In una ciotola versate il Martini, il gin, l’acqua, miscelate bene. In ogni singola coppetta versate un po’ di crema alla vaniglia a formare  un sottile strato di crema bianca e mettete sopra gli avanzi del pandoro non di misura ed imbibite, aiutandovi con un pennello da dolci. Distribuite parte della crema bianca, coprite con una fettina di pandoro e ripetete l’operazione imbibendo e mettendo, questa volta la crema al cioccolato. Continuate a strati, alternando le due creme in modo da ultimare con la crema al cioccolato.
Coprite con pellicola e mettete a riposare in frigo per almeno un’ora. Al momento di servire distribuite sulle coppette i pistacchi tritati e le scaglie di cioccolato fondente.





Consiglio: Fare le scaglie di cioccolato è semplicissimo, mettete la tavoletta di cioccolato per 10 minuti in freezer, poi con un coltello raschiatela.