mercoledì 21 marzo 2012

Come apparecchiare la tavola ; ovvero come disporre vasellame e accessori e la distribuzione dei posti.


foto scaricata dal sito pixabay.com, libere da copyright con licenza Creative Commons CC0.


Dopo il primo articolo dedicato al Galateo , ovvero: Come comportarsi a tavola, vediamo come disporre il vasellame e come distribuire i posti.
Una tavola ben apparecchiata è non solo un elemento importante, ma è anche indice di buona educazione e raffinatezza e denota l’attenzione che i padroni di casa hanno verso gli ospiti.
La tavola deve avere dimensioni tali da consentire ai commensali di stare a proprio agio, ma non deve essere troppo grande perché troppa distanza tra un ospite e l’altro rischierebbe di raffreddare la conversazione.
La tavola può essere apparecchiata in maniera formale (per le occasioni importanti) o informale.
Iniziamo da quella formale.
Bisogna tener presente, innanzitutto, che la tavola non deve essere troppo ingombra, è consigliabile quindi predisporre su un qualche mobile della stanza o su di un carrello, tutto quanto necessiterà man mano durante il pranzo: i piatti di ricambio, i piattini per la frutta, per il dolce, per il formaggio, i bagnadita, le bottiglie di vino, le posate di ricambio, il pane messo in un cestino (da prendere rigorosamente con l’apposita molla) per rifornire chi ne è rimasto privo prima che costui debba chiederlo.
I piatti di portata, invece, devono provenire direttamente dalla cucina di volta in volta.
Solo la frutta fresca e secca si predispone, volendo, nella sala da pranzo, ma in modo decorativo.
Sulla tavola va posto un mollettone per attutire il rumore di piatti e bicchieri e per proteggerlo dal calore.
La tovaglia da stendere sopra il mollettone deve essere perfettamente stirata: può essere di cotone, di lino, di voile, in tinta unica o a disegni, più o meno elegante, a seconda delle occasioni, ma è fondamentale che si accordi con i piatti.
La decorazione della tavola è affidata solitamente alle composizioni di fiori o di frutta. Il centrotavola non deve essere ingombrante per non ostacolare i movimenti, i candelabri, invece, devono essere piuttosto alti per evitare che la fiamma ondeggiante non sia allo stesso livello degli occhi.
I tovaglioli devono avere la stessa tinta della tovaglia, si possono disporre sia a destra sia a sinistra del piatto, o sul piatto stesso, calcolando che lo spazio per un posto non deve essere inferiore ai 50 cm. Per pranzi non molto importanti si possono piegare artisticamente e infilare nel bicchiere.
I piatti, posati su sottopiatti o direttamente sulla tavola si dispongono a una distanza uguale l’uno dall’altro. Di norma va solo il piatto piano, il piatto fondo si mette solo in caso di minestra e le tazze per il consommé.  Se il servizio è eseguito da camerieri, si apparecchia con un solo piatto per volta. Quando invece non c’è servizio, si possono apparecchiare fino a tre piatti, per l’antipasto, il primo e il secondo.  Se i piatti sono decorati con disegni, stemmi o fregi, questi devono essere rivolti verso il bordo del tavolo. A sinistra del piatto si pone un piccolo piattino per il pane.
Quando si serve l’insalata, si può aggiungere alla sinistra di ogni commensale l’apposito piattino a mezzaluna.
Quando si serve la frutta, si mette il bagnadita posato sul piattino da frutta; ogni commensale sposta il suo dal piatto sulla tavola, a sinistra.
Il sottopiatto si toglie prima di servire il dessert. Il piatto da dolce sarà portato alla fine, immediatamente prima di servirlo.
Il numero dei piatti necessari varia secondo le portate del menù e lo stesso vale per le posate.
Una delle cose più complesse è sicuramente il modo in cui sono poste le posate. Il loro ordine segue una logica di comodità: le posate più esterne al piatto saranno quelle utilizzate prima.
Alla sinistra del piatto vanno poste le forchette, quella normale e quella da pesce: alla destra il coltello normale e quello e da pesce, con la lama rivolta verso il piatto, il cucchiaio va messo di fianco. Le posate da dessert vanno disposte orizzontalmente davanti al piatto, la forchettina con il manico volto a sinistra e il cucchiaino verso destra. Tra i due si può inserire il coltello da frutta nello stesso senso del cucchiaino.
I bicchieri vanno messi leggermente a destra del piatto davanti al coltello. Necessitano minimo due bicchieri, uno più grande per l’acqua e, alla sua destra, uno più piccolo per il vino. Se si servono più vini, il numero dei bicchieri aumenta, ma vanno sempre posti a destra di quello per l’acqua.

Per il vino rosso si usa un calice grande, per quello bianco un calice piccolo, una coppa per lo champagne.

TAVOLA APPARECCHIATA IN MODO FORMALE


Per una tavola apparecchiata in modo informale valgono buona parte delle regole su menzionate, ma con meno rigore.
La tovaglia può essere sostituita da tovagliette all’americana, una per ogni commensale, distanziando simmetricamente i posti dei vari commensali. Va da sé che anche in caso di un pranzo informale, la tovaglia o le tovagliette devono essere perfettamente pulite.
 A ciascun posto si mette un piatto, due bicchieri e le posate, il tutto diposto secondo lo schema indicato per il pranzo formale.

Anche se i piatti e i bicchieri sono di carta, non c’è ragione per cui non li si debba sistemare in modo da appagare anche la vista e rendere invitante il pranzo che si andrà a consumare. Sale, pepe, acqua  e vino non vanno concentrati in un unico punto , ma distribuiti sulla tavola. La formaggera, la si fa girare di mano in mano.

TAVOLA APPARECCHIATA IN MODO INFORMALE



Ed infine vediamo la distribuzione dei posti in rapporto anche alla posizione della cucina.
 Se gli inviati sono numerosi, sarebbe opportuno disporre un segnaposto davanti a ciascun piatto per evitare confusioni.  Bisogna alternare un uomo e una donna evitando di mettere vicini o di fronte le coppie di coniugi. Il padrone e la padrona di casa occupano i due posti a capotavola, l’uno di fronte all’altra. Alla loro destra siedono il signore e la signora più importanti, alla sinistra quelli che sono subito dopo in ordine d’importanza o di anzianità. Le altre coppie si alternano tenendo presente questa regola: i parenti, gli invitati più giovani o quelli con cui si ha maggiore confidenza sono i più distanti dai padroni di casa.

Se chi invita è una signora sola cederà il posto di capotavola all’invitato più importante; se è un signore celibe lo darà all’invitata di maggior riguardo.

Autore: Maria Antonietta Grassi




giovedì 8 marzo 2012

Brasato di manzo al Marsala


I brasati richiedono un tipo di cottura  che varia da una  a tre ore e si parla di cottura mista perché  si effettua  prima una cottura per “concentrazione”, e poi una per “espansione”. Cioè prima si fa rosolare l’alimento a temperatura elevata (160/180°) per ottenere la caramellizzazione di proteine e amidi (concentrazione) che consentono lo sviluppo di sapori gradevoli, e che creano una crosta croccante mentre l’interno è ancora crudo, poi si aggiunge il liquido, che può essere acqua, brodo, vino ecc. (espansione), che ha lo scopo di diffondere uniformemente il tutto e di cuocere e intenerire la carne. La temperatura scende intorno ai 100°, l’umidità ammorbidisce la crosta e rende gustoso il fondo di cottura.






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Ingredienti per 4 persone:

8 etti di scamone piemontese
1 bicchiere di Marsala
3 cucchiai di senape
300 ml di acqua calda
1 spicchio d’aglio
rosmarino, salvia, alloro q.b.
7/8 bacche di ginepro schiacciate
olio extravergine d’oliva q.b.
sale q.b.

Procedimento

Distribuite la senape sulla carne e massaggiate bene per farla penetrare.
Mettete 5 cucchiai di olio in una pirofila con l’aglio, il rosmarino, la salvia e l’alloro. Adagiatevi la carne e fatela rosolare a pentola coperta e a fuoco medio. Quando sarà rosolata da ambo i lati versate il bicchiere di marsala e fatelo evaporare a pentola scoperta e fuoco vivo per alcuni minuti.
Salate, aggiungete le bacche di ginepro e l’acqua calda  per evitare uno shock termico che farebbe indurire la carne. Abbassate la fiamma al minimo e portare a cottura a pentola coperta per 1 ora.
Buon appetito!

lunedì 5 marzo 2012

Olio d'oliva: l'oro verde

Agrigento - Valle dei Templi - Olivo secolare- foto di Maria Antonietta Grassi

Le prime tracce della coltivazione degli olivi, risalgono a circa 3000 anni fa nell’antica Grecia, da qui si diffusero in Palestina ed in Asia e nei paesi del Mediterraneo. L’Italia e la Spagna attualmente sono i più grandi produttori d’olio d’oliva al mondo.
Il frutto dell’olivo, comunemente detto oliva, è una drupa costituita da tre regioni anatomiche.
La parte esterna, detta buccia o epicarpo, è sottilissima ed elastica ed è ricoperta da una cera protettiva che impedisce l’evaporazione dell’acqua ed il rinsecchimento  della drupa stessa.
La parte intermedia, detta polpa o mesocarpo, che contiene l’olio racchiuso all’interno dei vacuoli e protetto dagli enzimi cellulari.
La parte interna, detta nocciolo o endocarpo, che contiene una piccolissima quantità d’olio.
I noccioli delle olive sono un ottimo combustibile, economico ed ecologico perché la quantità di CO2 emessa durante la combustione è la stessa che è rilasciata durante la decomposizione naturale. In Spagna, a Madrid, lo sfruttamento di questa fonte d’energia fornisce acqua calda e calore a diverse abitazioni.
Le olive sono  un alimento ricco di acidi grassi monoinsaturi che aiutano a tenere sotto controllo il colesterolo, contengono elevate quantità di potassio, favoriscono la digestione e stimolano l’appetito.
Quelle nere contengono meno carboidrati  e sono più digeribili di quelle verdi, ma contengono più lipidi e quindi più calorie.
I fenoli in esse contenuti sono dei potenti antiossidanti e aiutano a prevenire alcune malattie cardiovascolari.
Le olive irrancidiscono facilmente e questa degradazione ne  altera il sapore aumentandone l’acidità e provoca la perdita della maggior parte delle sostanze benefiche in esse contenute, per evitare che questo accada bisogna raccoglierle durante il passaggio di colore dal verde al nero.
Dalle olive si ricava l’olio detto anche “oro verde per le sue molteplici qualità che v’illustrerò più avanti.
Per ottenere 15/18 lt. di 
olio vergine si devono spremere circa 100 kg. D’olive.

Secondo il Regolamento (CE) n. 1234/200/ del consiglio del 22 ottobre 2007, art. 118, “ si possono definire  oli d’oliva vergini solo gli oli ottenuti dal frutto dell’olivo soltanto mediante processi meccanici o altri processi fisici, in condizioni che non causano alterazioni dell’olio, e che non hanno subito alcun trattamento diverso dal lavaggio, dalla decantazione, dalla centrifugazione e dalla filtrazione, esclusi gli oli ottenuti mediante solvente o con coadiuvanti ad azione chimica o biochimica, o con processi di riesterificazione e qualsiasi miscela con oli d’altra natura.
Detti oli di oliva vergini sono oggetto della classificazione e delle denominazioni seguenti:

OLIO EXTRA VERGINE DI OLIVA: olio di oliva vergine la cui acidità libera, espressa in acido oleico, è al massimo di 0,8 g per 100 gr e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria;

OLIO DI OLIVA VERGINE: olio di oliva vergine la cui acidità libera , espressa in acido oleico, è al massimo di 2 g per 100 g e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria;

OLIO DI OLIVA- composto di oli di oliva raffinati  e oli di oliva vergini: 
Olio di oliva ottenuto dal taglio di olio di oliva raffinato con olio di oliva vergine e con un tenore di acidità libera, espresso in acido oleico, non superiore a 1 g per 100 g e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria.”

Diversi studi scientifici hanno dimostrato che l’olio di oliva è il più adatto alle cotture ad alte temperature (frittura)  poiché, grazie agli agenti antiossidanti , quali l’a-tocoferolo e  le sostanze fenoliche,  in esso contenute, si comporta in maniera molto stabile. Questa stabilità non è dovuta solo agli agenti antiossidanti, ma anche alla presenza di acido oleico che è un grasso monoinsaturo.
Sono gli acidi polinsaturi contenuti nei grassi animali e negli oli di semi che sono maggiormente danneggiati dalle alte temperature, quindi una volta termo-ossidati sono capaci di provocare la comparsa dell’aterosclerosi.
Gli oli di semi, diversamente dagli oli di oliva, durante la cottura alle  alte temperature, formano quantità più elevate di perossidi e di polimeri che possono provocare danni agli organi interni.
L’olio di oliva ha inoltre proprietà antiinfiammatorie e protettive, aumenta l’assorbimento di vitamine e in particolare della vitamina E, è altamente digeribile perché la sua percentuale di acidi grassi è molto simile a quella del latte materno.
Ha proprietà lassative e colescistocinetiche (stimola la secrezione della bile), è un epatoprotettore ed è indicato nell’ulcera gastrica. (1 – 2 – 3)
L’utilizzo dell’olio di oliva non è solo alimentare, è utilizzato anche per pomate, unguenti, saponi, e come emolliente locale (come ben lo sapevano le nostre nonne).
Il decotto  delle foglie e della corteccia dell’olivo è utilizzato per combattere la gotta, la febbre, i reumatismi e l’ipertensione e per disinfettare ferite e piaghe.
Da sfatare l’affermazione che sia più grasso degli altri oli: tutti gli oli, compresi quindi anche quelli di semi, apportano all’organismo 9 kilocalorie per grammo.
Un altro pregiudizio legato a quest’alimento così prezioso, è quello che sia “pesante”. In realtà l’olio d’oliva, contenendo elementi aromatici (secoiridoidi, polifenoli etc.) è solo più saporito, mentre altri oli sono lavorati con solventi, deodoranti, quindi hanno un colore più chiaro e non hanno né sapore né profumo e quindi danno una sensazione di leggerezza.
Ricapitolando, l’olio extravergine d’oliva è il grasso più indicato per le fritture perché sopporta benissimo le alte temperature senza deteriorarsi contrariamente agli oli di semi o ai grassi animali  che formano perossidi e polimeri.
Per evitare l’ossidazione provocata dalla luce, dall’aria e dagli sbalzi di temperatura, l’olio d’oliva deve essere conservato in bottiglie di vetro scuro o di latta, al riparo da fonti di calore e dalla luce.



Autore: Maria Antonietta Grassi


Bibliografia

1)  Assmann G, de Backer G, Bagnara S, Betteridge J, Crepaldi G, Fernandez-Cruz A, Godtfredsen J, Jacotot B, Paoletti R, Renaud S, Ricci G, Rocha E, Trautwein E, Urbinati GC, Varela G, Williams C. International consensus statement on olive oil and the Mediterranean diet: implications for health in Europe. The Olive Oil and the Mediterranean Diet Panel. Eur J Cancer Prev. 1997 Oct;6(5):418-21.
2)  Varela G. Heating of fats: a study of food frying processes. Bibl Nutr Dieta. 1977;(25):112-21.
3)  Masi I, Giani E, Galli C, Tremoli E, Sirtori CR. Diets rich in saturated, monounsaturated and polyunsaturated fatty acids differently affect plasma lipids, platelet and arterial wall eicosanoids in rabbits. Ann Nutr Metab. 1986;30(1):66-72.







venerdì 2 marzo 2012

Petto di pollo ai tre risi

Vi è avanzato del riso di diversa qualità ma non sufficiente per fare 4 porzioni? Provate questo piatto unico un po' particolare..




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Ingredienti per 4 persone:

100 gr di riso Venere
100 gr di riso rosso
100 gr di riso Carnaroli
3 etti di fettine di petto di pollo
650 ml. di brodo  di pollo o di acqua
4 pomodori a grappolo
1 cipollina piccola
1 cucchiaio di erbette di Provenza
Prezzemolo tritato q.b.
Parmigiano  Reggiano q.b.
Sale e pepe q.b.

Procedimento

Tagliate a striscioline le fettine di petto di pollo, affettate finemente la cipolla.
Pelate e private dei semi i pomodori e tagliateli a dadini.
In una pentola mettete 4 cucchiai d’olio, le striscioline di pollo e la cipolla, fate dorare a fuoco medio per 5 minuti.



Aggiungete  i tre risi, fate tostare per 1 minuto, aggiungete i cubetti di pomodoro, salate, pepate  e versate, poco alla volta,  il brodo caldo. Portate a cottura.


Impiattate, distribuite un po’ di prezzemolo tritato, il Parmigiano Reggiano grattugiato e servite subito.

martedì 28 febbraio 2012

Vitello tonnato (vitell tonné)

Questo gustoso antipasto è un classico della cucina piemontese, soprattutto nel cuneese ad Alba e Garessio si può gustare il miglior vitello tonnato (o vitel tonnè come diciamo noi) d'Italia .



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Ingredienti per 4 persone:

500 gr di tondino (è un taglio di carne bovina)
125 gr di tonno sottolio sgocciolato
3 uova sode
6 filetti d’acciuga
1 cipolla
1 carota
1 gambo di sedano
4 foglie d’alloro
3 chiodi di garofano
1 spicchio d’aglio
½ litro di vino bianco
½ litro di acqua
20 capperi di Pantelleria dissalati
5 cucchiai  d’olio extravergine
1 cucchiaino  di buon aceto di vino ( potete aumentare o diminuire la dose a seconda dei vostri gusti)
pepe q.b.
sale q.b.


Procedimento

Steccate la cipolla con i chiodi di garofano e mettetela in una pentola con la carne, la carota, il sedano, l’alloro e un po’ di sale (poco). Aggiungete il vino e l’acqua e lasciate cuocere a fuoco dolce per circa 2 ore. A cottura ultimata spegnete il fuoco e lasciate raffreddare il tutto.
Nel frattempo rassodate le uova cuocendole in acqua per 10 minuti dal momento dell’ebollizione.
Raffreddatele velocemente passandole nell’acqua fredda e sgusciatele.
Mettete in una ciotola il tonno sbriciolato, le uova tritate, i capperi  dissalati e i filetti d’acciuga, aggiungete l’aceto, l’olio e frullate bene il composto, se fosse troppo denso allungatelo con un po’ del brodo di cottura della carne. Dovrete ottenere una salsa cremosa e morbida tipo maionese ma un po’ più consistente.
Tagliate a fette sottili la carne fredda  e disponetela in un piatto da portata, stendete la salsa, guarnite con qualche cappero.
Lasciate insaporire per qualche ora e servite fresco.
Buon appetito!


mercoledì 22 febbraio 2012

Torta di mele e castagne

Il castagno o “albero del pane” come fu definito da Senofonte nel IV secolo a.C. è originario dell’Asia Minore e della Grecia: si diffuse in Italia grazie agli Etruschi e cresce spontaneamente nella fascia climatica del Mediterraneo, dalla Turchia ai Balcani, alla penisola Iberica, sulle coste del Magreb, dall’Italia alla Francia. Furono gli ellenici i primi a sviluppare la coltivazione e a selezionare le varietà di castagne pur considerandole inizialmente come una sorta di ghianda. Utilizzavano questo nutriente frutto per preparate le pietanze più disparate, come il pane nero di Sparta, sfarinate, minestre. Greci, Ebrei e Fenici con i loro commerci le diffusero in tutto il bacino Mediterraneo.




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Ingredienti per una tortiera di 24 cm.


3 mele renette medie
250 gr di castagne bollite
200 gr di zucchero
150 gr di farina
1 uovo
1 bustina di lievito bio
1 noce di burro
1 bicchierino di rum
Latte q.b.
1 limone (succo)
1 pizzico di sale

Procedimento

Sbucciate le mele, tagliatele a fettine sottili e mettetele in una ciotola irrorandole con un po’ di limone per evitare che anneriscano. Tritate finemente le castagne bollite.
Rompete l’uovo in una terrina e lavoratelo con un etto e mezzo di zucchero e un pizzico di sale. Incorporatevi a poco a poco la farina, alternandola con un po’ di latte fino a ottenere una pastella piuttosto morbida, completate con il lievito e il liquore e mescolate molto bene.



Aggiungete alla pastella le mele e le castagne, amalgamate bene e versate il composto in una tortiera
imburrata e infarinata;

spolverizzate con lo zucchero rimasto e cuocete in forno preriscaldato a 180° per circa 40 minuti.
Quando la torta è  cotta lasciatela riposare per qualche minuto prima di sfornarla.
Buon appetito!




venerdì 17 febbraio 2012

Tortino ricotta e bresaola

La bresaola è un salume tipico della Valtellina ottenuto salando, essiccando e stagionando un filetto di manzo o di bue. Si differenzia dagli altri salumi per il suo aroma e sapore particolare e inconfondibile, risultato di un antichissimo  metodo di conservazione.
Viene prodotta utilizzando la fesa (punta d’anca), la sottofesa, il magatello ed il sottosso.
La carne viene salata e fatta riposare in salamoia per 10/15 giorni, poi si procede con la pulitura e l’insaccamento in un budello naturale o artificiale e la si pone ad asciugare e a stagionare. Tutte queste fasi nel loro insieme durano dalle quattro alle otto settimane.
Il prodotto finito ha forma cilindrica ed un intenso colore rosso, uniforme ma un po’ più scuro nei bordi; la carne è compatta ed elastica priva di fenditure.
L’intero procedimento si svolge in locali appositi che si avvantaggiano del particolare clima che caratterizza la Valtellina. Grazie a tutti questi motivi, la bresaola della Valtellina ha ottenuto la certificazione IGP (indicazione geografica protetta).


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Ingredienti per 4 persone:

500 gr di ricotta
1 etto e mezzo di bresaola tagliata a fettine
500 gr di spinaci
100 gr di parmigiano grattugiato
2 uova
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale q.b.

Procedimento

Pulite e lavate gli spinaci, cuoceteli in un dito d’acqua per un minuto.
Scolateli, strizzateli bene e metteteli in una padella con 2 cucchiai d’olio. Fateli stufare in modo da asciugare tutto il liquido ancora presente, salateli e lasciateli raffreddare.
Tagliate la bresaola a striscioline (potete arrotolare insieme più fette in modo da sveltire l’operazione)
Rompete le uova, versatele in un piatto e sbattetele leggermente.
In una ciotola mettete la ricotta e lavoratela con una forchetta, unite le uova e amalgamate bene.
Aggiungete la bresaola, gli spinaci e il parmigiano. Mischiate bene tutto.


Imburrate una pirofila, versate il composto, cospargetele con il rimanente parmigiano e infornate a 180° per 40 minuti.
Lasciate intiepidire e servite.







lunedì 13 febbraio 2012

Spaghetti al tonno

Un primo piatto ottimo, ideale per quando si ha poco tempo ma non si vuole rinunciare al sapore.



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Ingredienti per 4 persone:
320 gr. di spaghetti
250 gr. di tonno sottolio
4 pomodori a grappolo
3 cucchiai  di olive taggiasche denocciolate
1 spicchio d’aglio
Qualche rametto di prezzemolo
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale q.b.
Peperoncino q.b.

Procedimento 

Lavate i pomodori, pelateli, eliminate tutti i semi e tagliateli a cubetti, pulite il prezzemolo e tritatelo.

In una padella versate quattro cucchiai d’olio e lo spicchio d’aglio schiacciato, lasciate dorare e unite i cubetti di pomodoro. Lasciate cuocere per 5 minuti poi unite il tonno spezzettato grossolanamente, le olive, il peperoncino e aggiustate di sale. Continuate la cottura, a padella scoperta, ancora per 5 minuti. 

In una capiente pentola mettete a cuocere gli spaghetti nell’acqua bollente e salata, scolateli  al dente e fateli saltare per un minuto nella padella con il sugo, spolverizzate di prezzemolo e servite.




venerdì 10 febbraio 2012

Polenta pasticciata

Con il freddo di questi giorni che cosa c'è di meglio di un buon piatto di polenta fumante con un buon bicchiere di vino?
Adoro questo piccolo sole sulla tavola, mi mette allegria e mi ricorda la campagna con i suoi riti, le sue stagioni, i suoi profumi, i suoi rumori e i suoi silenzi.


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Ingredienti per 4 persone:

500 gr di farina di mais bramata

2 lt di acqua
1 cucchiaio di sale
50 gr di burro
2 etti di fontina tagliata a listarelle
2 etti di parmigiano grattugiato
3 etti di carne di manzo tritata
300 gr. di pomodori pelati
1 cucchiaio di conserva
1 carota piccola
1 cipolla
1 gambo di sedano
1 rametto di rosmarino
2 foglie di salvia
2 foglie d'alloro
1 spicchio d'aglio
1 quarto di bicchiere di vino rosso corposo 
1 bicchiere di acqua calda
Sale e pepe q.b.
Olio extravergine d'oliva q.b.


Procedimento

Ponete sul fuoco una pentola con l'acqua salata e prima che prenda il bollore gettate a pioggia la farina di mais rimestando sempre nello stesso verso per non far formare dei grumi.
Cuocete per circa trenta minuti poi aggiungete il burro,  metà della fontina e metà del Parmigiano.



Continuate la cottura, sempre rimestando, ancora per una decina di minuti.
Versate la polenta su di un tagliere e lasciatela raffreddare poi tagliatela a fette non troppo spesse.
Lavate e tagliate a cubetti la carota, la cipolla, il sedano e l'aglio (o lasciatelo intero se preferite e toglietelo a fine cottura), tritate gli aghi del rosmarino e la salvia.
Mettete tutto in una pentola con 4 cucchiai di olio extravergine e fate dorare  a fuoco dolce per 5 minuti, aggiungete la carne tritata e fatela rosolare a fuoco vivo.
Quando sarà ben rosolata e tutto l'eventuale liquido prodotto sarà asciugato, aggiungete il vino e lasciate sfumare sempre a fuoco vivo per 2/3 minuti.
Aggiungete i pelati tritati, il cucchiaio di conserva, le foglie di alloro, il bicchiere d'acqua, il sale e il pepe.

Coprite e fate cuocere a fuoco bassissimo per 25/30 minuti.
Distribuite in una pirofila imburrata qualche cucchiaio di ragù  e formate un primo strato con  le fette di polenta, versateci sopra un po’ di ragù, delle fettine di fontina e una buona manciata di parmigiano.
Continuate così fino ad esaurire tutti gli ingredienti, poi infornate a 180° per 30 minuti, sfornate e servite.

domenica 5 febbraio 2012

Il tacchino re della tavola


 In questi ultimi anni la cultura alimentare è cambiata adattandosi alle nuove esigenze di gusto, allo stile di vita, alle capacità di spesa, alle conoscenze nutrizionali.
I consumatori sono più attenti a ciò che portano in tavola e si sono riscoperti cibi che, nel corso degli anni, erano stati un po’ dimenticati. Tra questi il tacchino che, nonostante fosse presente in Spagna fin dal 1519, importato dall’America da Cristoforo Colombo e diffuso in tutta Europa dai Gesuiti, fino a poco tempo fa era considerato un patrimonio della cultura anglosassone, un alimento quasi esclusivamente natalizio.
Oggi sappiamo che le carni di questo grosso volatile, che può raggiungere e superare il peso di quindici chili, sono ricche di proteine nobili, con una percentuale molto bassa di grassi, adatte ad una dieta ricca e leggera allo stesso tempo. 
La carne di tacchino ha un eccellente contenuto proteico e, considerato il fatto che possiamo consumarlo senza la pelle, è da considerarsi tra le più magre. Poi, se consideriamo la qualità dei suoi grassi, scopriamo che il contenuto d'acido linoleico (che è un acido grasso essenziale molto importante) nel tacchino è quasi 10 volte superiore a quello d'altri tipi di carne. Non solo, ma il contenuto di colesterolo è tra i più bassi: si tratta di 8 -8,25 mg per cento grammi di parte edibile contro un valore che varia da 70 a 125 mg nella carne di manzo e da 70 a 105 mg in quella di maiale.
Ricapitolando i vantaggi del tacchino consistono in un elevato contenuto proteico e discreto contenuto di ferro e zinco, contenuto in grassi ridotto (nel petto di tacchino, secondo i nutrizionisti, sono solo l’1,56 per cento) e ottimo rapporto tra grassi polinsaturi e insaturi. ( Professor Aldo Mariani – Istituto della Nutrizione di Roma)
L’allevamento intensivo del tacchino si differenzia da quello degli altri avicoli perché, per crescere, necessita di ampi spazi in cui potersi muovere e camminare. E' allevato su una lettiera di truccioli di legno in stanzoni luminosi e molto vasti.
L’alimentazione consiste in un mangime costituito prevalentemente da granoturco o frumento, soia, glutine di mais e crusca cui sono aggiunte vitamine ed oligominerali.
La versatilità di questa carne si presta a tutti i tipi di preparazione, in umido, al forno, bollita, alla griglia. 
La fesa è il petto del tacchino da  cui ricavano le fettine. E’ la parte più magra e la più ricca di proteine nobili. Possiamo utilizzare la fesa per le rolate, per i bocconcini, per bolliti magri e gustosi.
Le cosce intere  formate da cosce e fusi, possono trasformarsi in un robusto arrosto o, private della pelle e  cotte a vapore,  tagliate  a dadini, in una deliziosa insalata.
Le cosce (parte superiore) hanno la carne rossa e si possono disossare e farcire.
I fusi sono la parte inferiore della coscia  sono ottimi stufati.
Dalla parte più grossa dei  fusi si ricavano gli ossibuchi. Sono un’economica e ottima alternativa a quelli di manzo. 
Infine, possiamo preparare degli ottimi spiedini utilizzando bocconcini di coscia e fesa intervallati da pezzetti di peperone, cipolline o quanto la vostra fantasia vi suggerisce.