Importante! Gli amaretti devono essere quelli secchi (tipo quelli di Matilde Vicenzi) e non molto dolci, diversamente, se utilizzate amaretti di altro tipo (e quindi molto più dolci) diminuite la percentuale di zucchero.
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domenica 17 settembre 2023
Torta di mele con nocciole e amaretti
Importante! Gli amaretti devono essere quelli secchi (tipo quelli di Matilde Vicenzi) e non molto dolci, diversamente, se utilizzate amaretti di altro tipo (e quindi molto più dolci) diminuite la percentuale di zucchero.
mercoledì 13 settembre 2023
Moscardini in umido
Ingredienti
per 4 persone:
700 gr di moscardini
Procedimento
Pulite i moscardini immergendoli per qualche minuto in acqua salata acidulata con del succo di limone, poi asportate la pellicola che ricopre la sacca, giratela e asportate le interiora. Rigiratela ed eliminate anche gli occhi.
martedì 12 settembre 2023
La storia del vino- Da Noè ai giorni nostri
L’origine del vino si perde nella notte dei tempi ed è un po’ la storia dell’umanità, c’è chi, addirittura, fa risalire l’origine della vite sino a Adamo ed Eva, ipotizzando che il frutto proibito del Paradiso terrestre non fosse la mela ma l’uva: la Bibbia, nella Genesi, ci racconta che Noè salvò la vite dal diluvio universale portandola al sicuro sulla sua arca e che, terminato il diluvio, la piantò ottenendo una vigna e si ubriacò del suo vino.
Questo ci fornisce testimonianza di come, in Oriente, in epoca prediluviana, fossero già conosciute le tecniche enologiche. In effetti le prime tracce della coltivazione della vite si trovano in Asia Minore, nelle terre tra il Tigri e L’Eufrate: gli egiziani furono maestri e profondi conoscitori della pratica enologica, con la puntigliosità e la precisione che li distingueva, annotarono tutte le fasi del processo produttivo, dal lavoro nella vigna, alla conservazione. Con i geroglifici ci lasciarono numerose e dettagliate testimonianze su come si produceva il vino dei faraoni.
Furono i Greci a perfezionare i metodi di vinificazione e l’ubriachezza assunse un carattere sacrale al punto che nell’Olimpo fu assegnato un posto importante a Dioniso, figlio di Zeus, dio del vino. Dalla Grecia all’Italia il passo fu breve. In Italia, allora chiamata Enotria cioè terra della vite, fiorì la civiltà del vino. Nelle colonie greche in Calabria, a Sibari, fu addirittura costruito un enodotto di argilla che convogliava il vino verso il porto dove era imbarcato. La produzione e il consumo del vino passarono dai Greci ai Romani che la diffusero in tutte le province dell’Impero Romano fino a raggiungere l’Europa settentrionale.
Anfore romane per il trasporto del vino
Fonte: Museo Navale Romano - Albenga
I romani erano a conoscenza delle proprietà battericida del vino (come dimostrò nel 1866 L. Pasteur nel suo scritto Etudes sur le vin in cui scrive “il vino è la più salutare ed igienica di tutte le bevande”) e lo portavano nelle loro campagne militari come bevanda dei legionari. Tuttavia, il vino di Roma aveva poco a che vedere con quello che oggi conosciamo: i Romani lo bollivano per conservarlo meglio e così lo trasformavano in un denso liquido dolciastro di alta gradazione e lo allungavano con l’acqua (da qui il verbo mescere, in latino mescere significa mescolare), talvolta con quella di mare per renderlo meno acido. Le mense dei patrizi avevano un esperto che decideva le percentuali di vino e acqua da mischiare. Era molto gradito anche il “mulsum” (vino con il miele) ed era normale speziare e addolcire il vino con zucchero di canna, pepe, resina, sale, cannella, aloe e sambuco.
I conquistadores, nel Nuovo Mondo appena scoperto, scoprirono che il vino sopportava male la traversata e portarono con sé le talee di viti europee, per impiantarle sul suolo americano.
La Francia divenne la padrona assoluta e incontrastata dei grandi vini di Bordeaux e della Champagne che esportava in tutto il mondo. Fu in questo periodo che, sbarcato dal Nuovo Continente, con un battello a vapore, si diffuse un pericoloso nemico della vite: la filossera. Quest’afide micidiale divorerà le vigne europee per quarant’anni causando danni enormi, solo nel 1910, si riuscì a sconfiggerlo grazie all’intuizione di un francese che innestò le viti europee su quelle americane che ne erano immuni. Solo in poche zone esistono ancora dei vigneti che resistettero all’attacco dell’afide e si chiamano “franchi di piede”. In Italia possiamo trovarli in Alta Val d’Aosta (Blanc de Morgex), nell’area flegrea in Campania e ai piedi dell’Etna in Sicilia.
Nel diciannovesimo secolo si consolidò la posizione del vino nella civiltà occidentale, alla tradizione contadina si affiancarono studiosi che si adoperarono per la realizzazione di vini di maggiore qualità.
Ai nostri giorni, questa deliziosa bevanda è molto conosciuta e consumata in tutto il mondo. L’Italia è un paese eccezionalmente vocato alla viticoltura (ricordiamoci che i Greci la chiamarono Enotria, terra del vino) ma, questa vocazione, non è mai stata sfruttata appieno: fortunatamente, da qualche anno, parecchi produttori italiani lavorano sulla qualità, sulla bassa resa per ettaro e sull’applicazione di criteri scientifici in fase di vinificazione e questo consente la produzione di ottimi vini che nulla hanno da invidiare ai grandi vini francesi e, anche tra i consumatori, si va diffondendo la cultura del vino che trasforma un “bevitore” in un “degustatore” consapevole che il buon vino è un’opera d’arte, è il nettare degli dei!
Arianna e Bacco – Tiziano
CANZONA DI BACCO
Lorenzo De’ Medici
Quant'è bella giovinezza,
che si fugge tuttavia!
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Quest'è Bacco e
Arianna,
belli, e l'un de l'altro ardenti:
perché 'l tempo fugge e inganna,
sempre insieme stan contenti.
Queste ninfe ed altre genti
sono allegre tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Questi lieti satiretti,
delle ninfe innamorati,
per caverne e per boschetti
han lor posto cento agguati;
or da Bacco riscaldati,
ballon, salton tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza………
Autore: Maria Antonietta Grassi
Se vi è piaciuto il mio articolo e volete leggere anche quello che descrive le varie vinificazioni cliccate qui
domenica 10 settembre 2023
Polpettone ligure
Di origine contadina, semplicissimo ma gustoso e nutriente, lo preparavano con tutto ciò che avevano a disposizione e lo insaporivano con la maggiorana, presente in quasi tutti i piatti liguri.
La cucina ligure ha la caratteristica di usare e sfruttare al meglio gli ingredienti derivanti da tutto quello che ha da offrire il suo territorio, ricco di dislivelli e particolarmente impervio, che gli abitanti cercano di sfruttare al meglio.
Una viticoltura sui terrazzamenti, una produzione olearia d’eccellenza con uliveti sulle alture costiere, favolose erbe aromatiche come basilico, maggiorana e borragine, l’aglio, le conosciutissime olive taggiasche e gli spettacolari carciofi di Albenga sono solo alcune delle prelibatezze che questa terra ci offre.
Grazie alla storia della regione, la sua cucina rappresenta una vera eccellenza che mescola suggestioni spagnole, portoghesi e provenzali con la tradizione mediterranea e gli ottimi ingredienti presenti sul territorio alcuni dei quali, come le patate e i fagiolini, giunsero a Genova, città mercantile, provenienti dalle Americhe e che si sono imposti fondendosi con i prodotti locali.
Ingredienti
per una teglia di 30 x 23 cm.
500 gr di patate
Procedimento
Spuntate, lavate i fagiolini e fateli cuocere in acqua salata per dieci minuti.
martedì 5 settembre 2023
Dal grappolo al vino
Vino deriva dalla parola sanscrita “vena” formata dalla radice ven (amare), la stessa della parola Venus, Venere. Il vino è dunque, da sempre, legato all’amore, alla convivialità, alla gioia di vivere, alla cristianità, parte integrante del rito della Messa. Esso rilassa il corpo e la mente, ci inebria e ci predispone allo scambio con l’altro.
L’origine del vino si perde nella notte dei tempi ed è un po’ la storia dell’umanità, c’è chi, addirittura, fa risalire l’origine della vite sino ad Adamo ed Eva, ipotizzando che il frutto proibito del Paradiso terrestre non fosse la mela ma l’uva: la Bibbia, nella Genesi, ci racconta che Noè salvò la vite dal diluvio universale portandola al sicuro sulla sua arca e che, terminato il diluvio, la piantò ottenendo una vigna e si ubriacò del suo vino.
Il Piemonte è terra di nobili vini su cui sono stati scritti trattati ed enciclopedie: ad essi sono stati dedicati musei, itinerari, scuole di alta specializzazione e quant’altro.
Quando si pensa ai pregiati vini piemontesi non si può fare a meno di pensare alle colline su cui crescono vigneti stupendi, con i tipici caldi colori autunnali, non solo belli da vedere per le loro armoniose geometrie, ma oggi ancor più importanti per un’economia agricola sempre più radicata ed efficace.
Antico spremi grappoli |
Mosto |
Il
processo della vinificazione in rosso
inizia togliendo subito il raspo per
evitare che trasmettano troppi tannini che diluirebbero il colore, al
contrario, a questo scopo, sono lasciati le bucce e i semi (vinaccioli) che donano al vino il colore rosso. Più tempo le bucce
restano a contatto con il mosto, più forte sarà l’intensità del colore. Di
solito questo tempo oscilla tra i 4/5 giorni per i rossi più leggeri, fino ad
arrivare a un massimo di un mese per i grandi rossi (Barolo, Brunello, Barbaresco) ricchi di tannini, da far
invecchiare.
La
durata di questo riposo sarà definita dal tipo di vino e dai suoi disciplinari:
due anni o più per ottenere il titolo “riserva”.
Vinificazione in bianco
La
vinificazione in bianco differisce
da quella in rosso perché le parti solide dell’uva non devono rimanere a macerare
con il mosto, vanno quindi separate immediatamente utilizzando delle apposite pigiatrici, con membrane a camera
d’aria, che comprimo l’uva con molta delicatezza e consentono alle parti solide
di non cadere nella vasca insieme al mosto. Le vinacce sono torchiate subito e il risultato della torchiatura può
essere aggiunto, in parte o tutto, al mosto. Questo mosto, quasi privo si
tannini, è particolarmente delicato e necessita di molte attenzioni.
Vinificazione in rosato
I
vini rosati si ottengono vinificando
in bianco le uve a bacca rossa; il mosto è mantenuto pochissimo a contatto con
le vinacce (24/36 ore), quindi si svina e
si fa fermentare il mosto a bassa temperatura, esattamente come per i bianchi.
Vino Novello
Si
tratta in un vino fresco e profumato, deve il suo nome al fatto che è prodotto
subito dopo la vendemmia e non è assolutamente adatto all’invecchiamento.
Autore:
Maria Antonietta Grassi
Bibliografia:
Enoteca Italiana – Tutto Vino- Giunti Demetra Editore
Tisana alle more, mela rossa e cannella
La mora di rovo è di colore nero alla maturazione e si presenta come un arbusto di media grandezza, rampicante o prostrato la cui altezza può variare da 3 a 5 metri. Forma dei cespugli piuttosto fitti e voluminosi tanto da sovrastare altre piante che le sono vicine, e i suoi getti spinosi sono singoli e arrivano a misurare 5 metri di lunghezza.
Sono un frutto composto da tante drupeole, mediamente arrivano a misurare 2 cm.; dapprima sono verdi poi man mano diventano rosse, blu scuro, nere, di aspetto lucido. Hanno un gusto dolce aromatico e sono molto succose.
Contengono un’alta percentuale di vitamina C e le foglie, usate in decotto, sono efficaci contro le irritazioni della bocca, inoltre sono ricche anche di fibre, vitamina K, acido folico, e minerali come il manganese e il potassio.
Nell’alimentazione, le more sono destinate per la gran parte a essere consumate fresche per il resto sono utilizzate per fare soprattutto marmellate.
LE IMMAGINI E I TESTI PUBBLICATI IN QUESTO SITO SONO DI PROPRIETA’ DELL’AUTORE E SONO PROTETTI DALLA LEGGE SUL DIRITTO D’AUTORE N. 633/1941 E SUCCESSIVE MODIFICHE. COPYRIGHT © 2010-2050. TUTTI I DIRITTI RISERVATI A IL POMODORO ROSSO DI MARIA ANTONIETTA GRASSI. VIETATA LA RIPRODUZIONE, ANCHE PARZIALE, DI TESTI O FOTO, SENZA AUTORIZZAZIONE.
Ingredienti per 1 persona:
4 more
Procedimento
Lavate delicatamente le more.
lunedì 28 agosto 2023
Insalata di cetriolo barattiere
Ha una forma tendenzialmente sferica, di colore verde, la polpa è croccante e risulta piacevole al palato.
È coltivato prevalentemente in Puglia in provincia di Bari, Brindisi, Lecce e Taranto, zone tradizionalmente calde e assolate.
Deve il suo nome al fatto che, solitamente, in campagna veniva “barattato” con altri prodotti.
Viene raccolto, ancora immaturo, dalla fine di giugno fino a tutto settembre e gustato nelle insalate o anche a fine pasto come frutta, infatti, se lo si lascia maturare, diventa un melone molto profumato dalla buccia giallo tenue, quasi bianca.
Altamente digeribile, ricco di acqua, sali minerali e vitamine A e C.
Poco calorico, diuretico e dissetante, per cui il consumo è indicato per contrastare la ritenzione idrica e per chi segue una dieta ipoglicemica.
Ingredienti per 4 persone:
2 barattieri medi